I vincoli europei mettono a rischio l'unione monetaria. Il quotidiano tedesco Junge Welt intervista Riccardo Realfonzo

EU-Auflagen treiben halb Europa in den Abgrund
Ein Gespräch mit Riccardo Realfonzo
Interview: Raoul Rigau
Junge Welt, 25.10.2013

Il noto quotidiano progressista berlinese Junge Welt intervista Riccardo Realfonzo sulla salute dell'unione monetaria europea.
I vincoli europei e le politiche di austerità che essi determinano stanno mettendo in ginocchio l'Europa, accentuando il profilo della crisi e aumentando drammaticamente la divergenza tra aree centrali e paesi periferici. Se non interverranno modifiche in senso espansivo delle politiche monetarie e fiscali, alcuni paesi periferici d'Europa si troveranno costretti ad abbandonare l'euro. La manovra economica del governo italiano si muove nel rispetto dei vincoli europei sul deficit e non riesce a intervenire significativamente per favorire la ripresa.

Con l'austerità Unione a rischio


Con l'austerità Unione a rischio
di Riccardo Realfonzo
Il Sole 24 Ore, 23 ottobre 2013

C’era una volta la teoria dell’austerità espansiva. Elaborata in una serie di saggi pubblicati su prestigiose riviste internazionali a partire dagli anni ‘90, spesso a firma di economisti italiani, la teoria decantava gli effetti salvifici dei consolidamenti fiscali. Sosteneva che – soprattutto nei Paesi in cui il debito pubblico registrava valori “elevati” rispetto al Pil – riduzioni della spesa pubblica al di sotto del livello della raccolta fiscale avrebbero alimentato la crescita. Si sa che l’Unione monetaria ha fatto proprie queste tesi e l’esito, come dimostra il fallimento delle politiche per arginare la crisi scoppiata nel 2007, è stato catastrofico.
Secondo le stime della Commissione Europea, a fine 2013 il Pil complessivo dei Paesi dell’Unione monetaria europea continuerà a mantenersi al di sotto del valore del 2007, di circa 2 punti percentuali. Per non parlare della drammatica condizione del mercato del lavoro che ha registrato un incremento della disoccupazione di oltre 7 milioni e mezzo di unità rispetto al 2007. Diversa è la situazione negli Stati Uniti, dove sia pure tra molte contraddizioni le autorità di politica economica hanno messo al bando l’austerity, e il valore della produzione sarà a fine 2013 quasi 6 punti percentuali più elevato del dato pre-crisi.
Ma c’è di più. Calata su un contesto già inizialmente squilibrato e applicata con carico maggiore nei Paesi periferici d’Europa, l’austerità sta contribuendo ad amplificare gli squilibri territoriali. In un contesto che segna in media decrescita e calo occupazionale, ci sono infatti alcuni Paesi che sono riusciti comunque a svilupparsi e altri che hanno invece conosciuto una crisi di proporzioni storiche. Alla fine del 2013 la Germania avrà un Pil di quasi 5 punti percentuali più elevato rispetto al 2007, e il numero di persone in cerca di lavoro si sarò ridotto di un terzo. Contemporaneamente, il Pil greco registrerà un calo di quasi il 22 per cento, quello spagnolo del 4 e mezzo per cento, quello italiano del 9 per cento. Rispetto allo scoppio della crisi, il numero di persone in cerca di lavoro sarà  aumentato di oltre il 300 per cento in Grecia e in Spagna, mentre in Italia risulterà raddoppiato, passando da un milione e mezzo di unità a tre milioni. Insomma, mentre le aree centrali d’Europa sembrano per molti versi trarre persino vantaggio dalla situazione attuale - al punto che nel 2012 l’avanzo complessivo della bilancia commerciale di Germania, Olanda e Paesi scandinavi era pari a circa un terzo del Pil italiano – le economie dei Paesi periferici stanno soffocando nella camicia di forza creata delle politiche fiscali restrittive e dall’assenza di politiche di cambio e monetarie autonome. Né per il 2014 ci si attendono sostanziali cambiamenti. A riguardo, ricordo ai responsabili della politica economica italiana che già altre volte il nostro governo ha peccato di ottimismo in tema di crescita: il rischio di reiterare l’errore sembra alto anche nel caso della Legge di Stabilità per il prossimo anno.
L’aggravarsi degli squilibri europei non giunge inatteso. Gli effetti depressivi delle politiche di austerità, dimostrati in ambito scientifico, erano già stati sollevati con una lettera aperta firmata da 300 economisti keynesiani nel 2010. Oggi le critiche all’austerità riscuotono sempre maggiori consensi presso diverse scuole di pensiero. Lo si è registrato con il recente “monito degli economisti” promosso da Emiliano Brancaccio e dallo scrivente: il documento ha trovato ospitalità sul Financial Times ed è stato sottoscritto da alcuni tra i più autorevoli economisti europei e americani, tra cui studiosi di formazione mainstream (www.theeconomistswarning.com). Alla luce dei crescenti squilibri europei, il “monito” avanza una previsione: se le politiche monetarie e fiscali europee non muteranno in senso espansivo, l’esperienza dell’Unione monetaria avrà fine e ai decisori di politica economica non rimarrà che una scelta tra modalità alternative per abbandonare l’euro. Il “monito” segnala che un simile esito sarebbe la logica conseguenza dell’attuale pretesa di scaricare l’onere del riequilibrio europeo sui soli Paesi periferici, a colpi di austerity e di riforme strutturali. Un errore grave, per più di un verso speculare a quello che l’Europa compì dopo la prima guerra mondiale, quando alla Germania venne imposto l’obbligo di rimborsare un volume insostenibile di debiti e di riparazioni di guerra. In quel caso, come aveva previsto John Maynard Keynes all’indomani del Trattato di Versailles del 1919, la “vendetta” non tardò ad arrivare, e fu atroce. La Storia non si ripete mai allo stesso modo, ma conoscerne gli snodi dovrebbe aiutarci a non ripetere gli errori del passato.

I giovani italiani sono inoccupabili? Riccardo Realfonzo interviene a UnoMattina (Rai1)

I giovani italiani sono inoccupabili?
Riccardo Realfonzo interviene a UnoMattina (Rai1)
12 ottobre 2013

Il rapporto Ocse Piaac sostiene che gli italiani non hanno competenze adeguate per lavorare. Riccardo Realfonzo, ospite di UnoMattina, precisa che la disoccupazione italiana dipende dalla bassa domanda interna di beni e servizi, mentre le ridotte competenze degli italiani dipendono dalla insufficiente spesa pubblica in istruzione e dal fatto che il sistema produttivo italiano non domanda manodopera di qualità.



Senza cambiamenti il destino dell'euro è segnato

Senza cambiamenti il destino dell'euro è segnato
Intervista a Riccardo Realfonzo
ControLaCrisi.org, 12 ottobre 2013

Realfonzo fa il punto sul dibattito scaturito con la pubblicazione del "monito degli economisti" pubblicato dal Financial Times. Il "monito" - promosso da Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo, e sottoscritto da autorevoli economisti europei e americani - ha chiarito che l'unione monetaria europea è tecnicamente insostenibile e che, se non interviene un mutamento delle politiche economiche, alcuni paesi saranno costretti ad abbandonare l'euro.
[qui l'intervista completa]


Il dibattito del Corriere della Sera sul "vincolo esterno" e la modernizzazione italiana. Intervengono Salvati, Brancaccio e Realfonzo

Il dibattito del Corriere della Sera sul "vincolo esterno" e la modernizzazione italiana.
Intervengono Salvati e Brancaccio-Realfonzo

Dopo la pubblicazione del "monito degli economisti" da parte del Financial Times, finalmente il Corriere della Sera apre un dibattito sull'efficacia dell'imposizione dei vincoli europei per la modernizzazione italiana. La questione è: i vincoli europei stanno contribuendo alla sviluppo del Paese o piuttosto ci stanno portando al disastro? Non occorre, come sostengono Brancaccio e Realfonzo, rivedere quel sistema di vincoli e tornare a discutere di riforma dello Stato e nuove politiche industriali?
Interviene Michele Salvati, replicano Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo, controreplica Michele Salvati.


L'articolo di Michele Salvati: 
Servono Riforme in tempi brevi ma anche un risveglio di serietà
Il Corriere della Sera, 29 settembre 2013


La replica di Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo:
Come favorire la crescita economica
Il Corriere della Sera, 8 ottobre 2013

L'agognata stabilità politica sarebbe sufficiente di per sé a sradicare le cause profonde dell'attuale instabilità economica? Il «monito degli economisti» da noi promosso, pubblicato lo scorso 23 settembre dal Financial Times, evidenzia un fatto che a tale riguardo ci sembra rilevante: sebbene appartenenti a diversi indirizzi di ricerca, autorevoli studiosi convergono nel sostenere che né le manovre di «austerity» né le riforme «strutturali» sono in grado di arginare i divari macroeconomici tra i Paesi dell'eurozona che stanno tuttora minacciando la sopravvivenza dell'Unione monetaria. Queste politiche possono infatti dare luogo a una depressione dei redditi di tale portata da rendere più difficili i rimborsi dei debiti, pubblici e privati. In un articolo pubblicato sul Corriere del 30 settembre, Michele Salvati riconosce il problema e osserva che a una lunga asfissia occupazionale causata dalle attuali politiche potrebbe comunque far seguito la deflagrazione dell'eurozona. Salvati si domanda se un «risveglio di serietà e di orgoglio» del ceto politico italiano possa evitare una tale, nefasta successione di fasi. Ci permettiamo di osservare che un risveglio, per dirsi tale, dovrebbe implicare la fine dei sogni. Per lungo tempo ai vertici di questo Paese si è coltivata l'illusione che un arcigno «vincolo esterno» potesse spontaneamente favorire la modernizzazione del capitalismo nazionale e dell'apparato statale, sia pure in un deserto di progettualità e di investimenti. Oggi sappiamo che quel miracolo non è avvenuto, eppure osserviamo che le speranze si rinnovano e il sogno continua.


La controreplica di Michele Salvati:
Come favorire la crescita economica
Il Corriere della Sera, 8 ottobre 2013

È vero che la speranza coltivata in un recente passato dalla parte migliore della nostra classe dirigente - che «un arcigno vincolo esterno potesse spontaneamente favorire la modernizzazione del capitalismo nazionale e dell'apparato statale» - si è rivelata un'illusione. Ma che questa modernizzazione sia necessaria per stimolare una crescita sostenibile del reddito e dell'occupazione è fuori dubbio: nel medio-lungo periodo un Paese crea redditi e occupazione nella misura in cui è efficiente e competitivo, nella misura in cui guadagna sul mercato i redditi che distribuisce. E dubito che una situazione di «catastrofe» produca un atteggiamento favorevole alla modernizzazione, alle riforme strutturali, più di quanto lo stia creando l'attuale situazione di «asfissia». E' un problema di classi dirigenti e di consenso sociale, il che spiega il mio interesse di economista per la politica.


L'insostenibilità delle politiche europee

L'insostenibilità delle politiche europee
Realfonzo a Omnibus (La 7), 6 ottobre 2013

Riprendendo le tesi del "monito degli economisti" pubblicato dal Financial Times, Riccardo Realfonzo sottolinea che l'assetto attuale dell'eurozona è insostenibile. Serve un cambiamento delle politiche europee per evitare l'uscita dall'euro e rilanciare l'economia italiana.


Il dibattito del Foglio sul "monito degli economisti". L'intervista a Realfonzo e le repliche di Debenedetti e Cesaratto

Il dibattito del Foglio sul "monito degli economisti".
L'intervista a Realfonzo e le repliche di Debenedetti e Cesaratto

Il “monito degli economisti”, promosso da Emiliano Brancaccio e da Riccardo Realfonzo e pubblicato dal Financial Times, fa discutere. Il Foglio ha intervistato Realfonzo le cui considerazioni sono state oggetto di critica da parte di Franco Debenedetti; a quest'ultimo ha prontamente replicato Sergio Cesaratto.

Qui l'intervista a Realfonzo del 25 settembre 2013.

In basso gli interventi di Debenedetti (del 27 settembre 2013) e Cesaratto (del 2 ottobre 2013).