di Riccardo Realfonzo
Il Corriere del Mezzogiorno, 5 dicembre 2014
Transennata, commissariata, politicamente isolata. Questi gli aggettivi che definiscono oggi la condizione di Napoli. Molti si chiedono se sia democratico e istituzionalmente leale che il governo estrometta la città dalle decisioni riguardanti Bagnoli, e se lo sia l'atteggiamento ritorsivo del Sindaco. Io rispondo con una domanda: cosa abbiamo fatto noi napoletani per evitare questo esito? Perché il timore maggiore è questo: che l’accrocco giuridico-finanziario pensato a Roma, unito alla conclamata irresponsabilità delle classi dirigenti locali, possa fallire l’obiettivo del risanamento ambientale e del rilancio economico dell’area dell’ex acciaieria. Non dimentichiamo che quando nei primi anni ’90 uno spirito pubblico orientato al benessere collettivo incontrò capacità amministrative e ambizione politica di respiro nazionale, Napoli riuscì, proprio su Bagnoli, a dotarsi di strumenti urbanistici di prima grandezza. Una grandezza poi tradita dal prevalere della politica stracciona e incompetente che incombe su Napoli e sul Mezzogiorno come una sorta di maledizione. Basti pensare alla vicenda della società pubblica Bagnoli Futura, fallita qualche mese fa dopo che per oltre dieci anni praticamente tutti hanno cercato in ogni modo di tenerla in vita: il blocco del periodo tardo-bassoliniano, nel tentativo di ottenere da essa potere e finanziamenti pubblici; i potentati economici locali, nell’attesa che il sogno della “Bagnoli verde” fallisse per potere lucrare sull’edilizia e sulle rendite; l’amministrazione arancione, che anche in questo caso non ha avuto il coraggio di attuare i propositi “rivoluzionari” promessi ai cittadini, cioè lo scioglimento della Bagnoli Futura Spa e l’apertura di un tavolo con il governo per attuare innanzitutto le bonifiche. Ma l’attuale amministrazione, il sindaco in prima persona, porta una particolare responsabilità, che fa tutt'uno con la sconcertante oscillazione delle sue posizioni sull'argomento. Quando de Magistris dopo due anni di mandato si ritrovò la Bagnoli Futura con l’acqua alla gola, dopo aver ceduto su alcuni capisaldi della variante urbanistica (compresa la mancata delocalizzazione di Città della Scienza), trovandosi con le spalle al muro, si decise a intimare proprio a Fintecna, il principale creditore di Bagnoli Futura, di bonificare le aree. Fu subito evidente che quell’azione avrebbe innescato una reazione che portava diritti al fallimento della società e all’intervento del governo. E, infatti, il Comune di Napoli non si è pronunciato contro il commissariamento, almeno fino a quando si è capito che il commissario non sarebbe stato il sindaco. Così oggi egli si scaglia comicamente contro il governo e la persona stessa di Renzi, avendo intanto perso ogni credibilità istituzionale, politica, umana, e offrendo su un piatto d'argento la possibilità di scaricare esclusivamente sulle istituzioni locali la responsabilità di una vicenda fallimentare, che sembra senza fine.