Dichiariamo il dissesto, poi affidiamo Napoli a una vera classe dirigente

Dichiariamo il dissesto, poi affidiamo Napoli a una vera classe dirigente
di Riccardo Realfonzo
Il Riformista, 4 luglio 2020


Solo ora, pochi mesi prima della naturale conclusione della sindacatura de Magistris, c’è chi si accorge del disastro amministrativo di tutti questi anni, che il Comune di Napoli è in bancarotta e che sarebbe ora di dichiarare il dissesto. Al di là delle pesanti responsabilità politiche del sindaco e dei suoi evidenti limiti culturali, si è consumato il tradimento di un progetto di rinnovamento e riscatto elaborato dieci anni fa dal meglio della società civile partenopea. Ma l’atteggiamento di larga parte delle classi dirigenti cittadine fa pensare che il “blocco sociale” di cui parlava Gerardo Marotta abbia preferito continuare a galleggiare all’ombra dell’incompetenza del Sindaco e della sua giunta. Gravi, infatti, sono le responsabilità politiche di chi - nella vita pubblica, nelle istituzioni, nella società partenopea, e non solo nella maggioranza che ha sorretto il governo cittadino - ha silenziosamente lasciato fare in tutti questi anni. La nostra città ha subito un nuovo “saccheggio”, evidenziato dall’aumento stratosferico del debito consolidato al quale la curiosa alleanza tra de Magistris e i centri sociali ha fornito una copertura di facciata, mentre nell’indifferenza generale solo poche voci isolate si sono levate per denunciare ciò che accadeva.

Quando lasciai l’assessorato al bilancio, nel 2012, perché tutte le proposte di riforma progettate erano improvvisamente divenute indigeste al sindaco, disposi la ricognizione straordinaria dei conti da cui emerse il buco di circa 800 milioni di euro. Da allora non ho cessato di ribadire la necessità di dichiarare il dissesto, per evitare che il conto sulle spalle dei cittadini si facesse insopportabile e che la condizione finanziaria del Comune paralizzasse la Città troppo a lungo. In molti erano distratti e tali restarono anche dopo che la Corte dei Conti della Campania, l’anno successivo, si mosse per dichiarare il dissesto. I fatti dovrebbero essere ben noti. Dopo di allora, le sezioni riunite della Corte a Roma pensarono bene di dare il via libera alle richieste della Giunta comunale, dando credito al suo risibile Piano di Rientro. Successivamente, le forze politiche, PD in testa, nel tentativo (generoso, ma politicamente e tecnicamente erroneo) di evitare il dissesto del Comune, tesero tutte e due le mani al Sindaco, varando una serie di misure che – in assenza di qualunque riforma del Comune e delle società partecipate – ha solo permesso la più che quadruplicazione del debito e allungato l’agonia della città.

In tanti oggi mi chiedono che fare. La risposta è solo una. Occorre fare subito ciò che andava fatto otto anni or sono: dichiarare il dissesto. In primo luogo, perché la legge italiana dice che la dichiarazione di “fallimento” non è un optional, una scelta arbitraria, ma un obbligo preciso quando ne ricorrono i presupposti. In secondo luogo, perché solo così sarà possibile effettuare una operazione verità sui conti. In terzo luogo, perché solo tirando una linea e lasciandoci alle spalle questo triste passato, si potranno porre le basi per costruire una Napoli europea, non più ostaggio di camorre di vario genere, dotata di servizi adeguati, imprese in condizione di competere e dignità del lavoro.

Non possiamo perdere altro tempo a trastullarci con la farsa dei conti comunali. La crisi indotta dal coronavirus ha un ulteriore drammatico impatto sulla nostra città, anche per la fragilità con cui siamo giunti a questo appuntamento. Infatti, negli scorsi anni, complice la mala politica cittadina, il divario con le altre città metropolitane italiane ed europee è cresciuto ancora. E nonostante ciò la città metropolitana di Napoli continua a rappresentare circa il 20% della ricchezza prodotta nel Mezzogiorno. Napoli resta una questione nazionale. E non bastano certo iniziative come quella del PD con i tre ministri “meridionali”. Occorrerebbe una grande assise cittadina che ribadisse la centralità dei diritti sociali garantiti dalla Costituzione, dicesse no agli sprechi e alle malversazioni che continuano a perpetuarsi in città, sostenesse l’importanza di un rilancio di Napoli per il Mezzogiorno e per il Paese. Solo un governo cittadino credibile e competente – espresso dal cuore ancora pulsante della città – potrà presentarsi al tavolo del governo e, in collaborazione con le istituzioni regionali e le parti sociali, presentare una strategia per Napoli, illustrare le ragioni per cui convenga al Paese investire nella nostra Città, per rimettere in moto l’intero Mezzogiorno e guardare a un futuro diverso.

Per un nuovo protagonismo dello Stato

Per un nuovo protagonismo dello Stato
di Riccardo Realfonzo
Collettiva, 3 luglio 2020

È decisivo affrontare la sfida dello sviluppo, con nuove politiche industriali e investimenti pubblici. Senza livelli di crescita sostenuta, nei prossimi anni l'Italia rischia di rimanere schiacciata sotto il macigno del debito. E ciò riaprirebbe il quesito sulla tenuta dell'Eurozona.
Il mio intervento nel dibattito promosso dalla CGIL.

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