Moody's declassa il debito. Nessuna meraviglia

L’agenzia di rating Moody’s, basandosi su informazioni relative agli ultimi anni e ferme ai dati previsionali 2008, ha espresso il proprio giudizio sul debito del Comune di Napoli, portandolo da A2 ad A3, con outlook negativo.
Gli elementi sui quali l’Agenzia ha elaborato il suo giudizio di rating sono ben noti e rappresentano una difficile eredità del passato che ho già avuto a più riprese modo di evidenziare e per la cui soluzione ho già messo in cantiere una serie di misure: dal miglioramento delle riscossioni, in prima istanza quella delle contravvenzioni al codice della strada, alla lotta al fenomeno dei debiti fuori bilancio, sino al rafforzamento dei sistemi di contrasto alla evasione fiscale. Al tempo stesso, occorre essere consapevoli della necessità di mettere in atto una strenua lotta agli sprechi e agire anche sul sistema delle partecipate favorendo, ad esempio, la sostituzione di amministratori unici ai consigli di amministrazione. Complessivamente, si tratta di riprendere pienamente in mano il governo dell’azione amministrativa e rimettere in efficienza la macchina comunale. Una operazione estremamente complessa, ma assolutamente inderogabile, che indirizzi sempre più le risorse del Comune verso il miglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini.
Ovviamente, il Comune di Napoli, come afferma anche Moody’s, sconta la gravissima crisi economica e la progressiva contrazione dei trasferimenti messa in campo in questi anni dai governi centrali via via succedutisi. Tutto in nome di una riforma federalista, fin qui tradottasi in un blocco delle leve di gestione del bilancio, che probabilmente creerà più di danni che vantaggi. Vi è il concreto rischio che, in assenza di un radicale mutamento dell’indirizzo generale di politica economica da parte del Governo, le difficoltà degli enti locali tendano ulteriormente a crescere, per quanti sforzi essi possano mettere in campo al fine di rendere più efficiente la macchina comunale.
L’analisi delle agenzie di rating non aggiungono elementi conoscitivi ai miei uffici e si fondano, è bene non dimenticarlo, su parametri che sono ormai oggetto di una rivisitazione critica profonda da parte della letteratura economica internazionale.

Partecipate comunali: a casa i Cda inutili

Il lavoro prosegue, gli obiettivi sono più chiari e la scadenza per il bilancio si approssima. Tra difficoltà oggettive e resistenze prosegue il mio tentativo di imprimere una svolta. Faccio tutto il possibile. Ti invito a leggere l'articolo in basso.


Partecipate comunali: a casa i Cda inutili

di Riccardo Realfonzo

Il Corriere del Mezzogiorno, 19 febbraio 2008

Caro direttore, è certamente positivo che si sia aperto un dibattito sulla politica economica del Comune di Napoli e in particolare sulle mie proposte di rinnovamento degli indirizzi strategici dell'amministrazione. Fatta eccezione per un paio di anacronistici corsivi di propaganda filo-liberista, ho sinceramente apprezzato le analisi, gli incoraggiamenti e anche le critiche costruttive che mi sono state rivolte in queste settimane.
Tali interventi segnalano che è vivo l'interesse verso un tentativo di svolta nell'azione di governo della città che potrebbe rivelarsi importante per il futuro benessere dei napoletani ma che rischia di esser frenato dagli interessi che inevitabilmente colpisce.
Facendo dunque tesoro delle riflessioni finora suscitate, in quel che segue cercherò di fornire elementi ulteriori in merito al programma che intendo portare avanti in qualità di assessore al bilancio e alle risorse strategiche del Comune.
Il precipitare degli eventi mi impone di partire dall'analisi di una crisi che si sta rivelando non solo gravissima ma anche asimmetrica, poiché inaspettatamente aggredisce soprattutto i territori periferici e meno integrati dell'economia globale. Basti pensare che nel Mezzogiorno d'Italia già si registrano incrementi della disoccupazione e della cassa integrazione di gran lunga superiori alla media nazionale. In Campania, operando una stima tutt'altro che pessimistica, potremmo contare entro fine anno ottantamila disoccupati in più, di cui quasi la metà concentrata nella sola provincia di Napoli. Di fronte a simili cifre, urge approntare una rete di ammortizzatori sociali adeguata all'onda di licenziamenti in corso. A tale riguardo, il presidente del Consiglio Berlusconi insiste con le sue odi solitarie all'ottimismo ma di fatto continua ad attuare una politica restrittiva in fase recessiva. Come ho già dichiarato in sede Anci, questa linea di indirizzo rappresenta un vero e proprio crimine politico, una sorta di moltiplicatore della disoccupazione che finirà per alimentare il tracollo economico anziché contrastarlo. Sappiamo che la Regione Campania cercherà di tamponare l'enorme ferita sociale che va aprendosi con un intervento da cento milioni di euro a favore dei cassintegrati e dei disoccupati. Stando alle nostre stime, si tratterà nella migliore delle ipotesi di una media di milletrecento euro netti procapite all'anno. Non è poco per le esangui casse degli enti locali, ma non basta assolutamente se vogliamo evitare che la spesa e il reddito precipitino. Occorre allora mobilitarsi per indurre il governo centrale ad abbandonare la politica di desertificazione occupazionale che ha fino ad oggi perseguito. Ecco perché ho salutato con favore lo sciopero di Fiom e Funzione pubblica del 13 febbraio, e sosterrò convintamente quello annunciato dalla Cgil per il 4 aprile.
Il crimine politico del governo tuttavia non si ferma qui. È noto che per il 2009 il ministro Tremonti ha imposto una pesante riduzione delle erogazioni agli enti locali, che per il solo Comune di Napoli si tradurrà in un taglio di almeno 55 milioni. Ebbene, sarebbe opportuno mettere in chiaro che tale indirizzo ultra-restrittivo non ha nulla a che fare con la sostenibilità dei conti pubblici, la quale anzi rischia di essere compromessa proprio da queste strette, che abbattono il reddito e quindi anche le entrate fiscali. È vero invece che dietro simili tagli al bilancio si nasconde un obiettivo di vecchia data, che consiste nello strozzare il pubblico per svendere al privato.
Almeno a Napoli, però, questi propositi da tempo coltivati non troveranno terreno fertile. Su questo tema infatti si sa come la penso: i servizi fondamentali, a partire dall'acqua, non si affideranno ai privati, essendo ormai chiaro che non necessariamente questi sono in grado di assicurare degli incrementi di efficienza, ed essendo pure noto che le società private tendono sistematicamente ad aumentare le tariffe. Ho dunque già disposto l'affidamento all'Arin della gestione del depuratore di Coroglio, e intendo proseguire ovunque sia possibile con affidamenti solo all'interno del perimetro pubblico. Inoltre, ho avviato una procedura per la revisione in senso perequativo delle tariffe del servizio idrico, al fine di alleggerire i carichi sui cittadini meno abbienti.
Naturalmente, la scelta di non avvalersi della scorciatoia delle privatizzazioni pone un problema sul versante del bilancio comunale. Molti si aspettano che io tenti di risolvere le difficoltà contabili con un aumento della tassazione, e in particolare della Tarsu, l'odiato balzello sui rifiuti urbani. A tale riguardo, vi è pure una legge nazionale che ci imporrebbe di raddoppiare questa tassa. Per fugare allora ogni sospetto intendo chiarire la mia posizione: io ritengo che oggi la Tarsu non possa essere aumentata. Dopo i colossali disastri degli anni passati e i rimedi solo provvisori del governo, l'unico dovere dell'amministrazione napoletana è di contribuire a far sì che il servizio per la raccolta dei rifiuti raggiunga l'efficienza e la dignità minima che si richiede a una metropoli europea. Prima di allora nessun ulteriore balzello potrà essere caricato sulle spalle dei cittadini. Ecco perché chiedo che il governo nazionale modifichi la legge in questione, rinunciando alla pretesa assurda di imporre alla città un raddoppio della Tarsu.
Una volta chiarito che non procederemo a svendite dei servizi pubblici né ad aumenti intollerabili della tassazione, resta il problema delle difficoltà di bilancio. Questo Comune condivide i problemi di budget con almeno l'ottanta per cento degli enti locali del Paese, ma questa evidenza non ci autorizza a nascondere alcune difficoltà specifiche che stanno emergendo in questi giorni. Da un lato, si rileva un grave ritardo, non imputabile agli uffici del mio assessorato, nella messa a disposizione dei dati necessari alla elaborazione del bilancio. Dall'altro lato, è urgente orientare le strutture a comportamenti votati alla diligenza e alla sobrietà, in cui ogni incremento di spesa dovrà trovare una precisa giustificazione e un riscontro diretto in termini di effettivo miglioramento dei servizi offerti alla popolazione. Occorrono immediati chiarimenti in sede politica e con le strutture competenti su questi due fondamentali versanti del budget. È infatti mio dovere operare affinché l'amministrazione compia uno sforzo senza precedenti per contrastare le spese ingiustificate, per individuare le sacche di spreco e di privilegio interno e per aumentare significativamente tutti i parametri di efficienza operativa. Inoltre, al fine di chiarire che nell'amministrazione pubblica esistono pure forze nuove e fresche che non chiedono altro di poter agire nell'interesse collettivo, sento il dovere di elencare alcuni dei provvedimenti che ho già varato o che intendo al più presto portare all'approvazione della Giunta e del Consiglio comunale. Sul versante delle partecipate sussistono le condizioni per abolire del tutto numerosi consigli di amministrazione e per sostituirli con degli amministratori unici, il cui mandato non sia continuamente prorogabile. Ed ancora, i contratti di servizio dovranno essere definiti in base all'operato effettivo delle società: otterrà fondi chi dimostra di funzionare bene e di sapersi realmente mettere al servizio della cittadinanza. Sul versante delle riscossioni, occorre potenziare i meccanismi colabrodo di recupero delle somme dovute. Inoltre, bisogna intervenire sulle procedure per individuare gli evasori e gli elusori, e con essi tutti coloro i quali possano averli eventualmente favoriti in questi anni. Infine, occorre rendere più trasparente la contabilità, attuando in primo luogo una stretta contro l'insana prassi dei debiti fuori bilancio. Per il perseguimento di tali scopi bisognerà potenziare i servizi ispettivi e l'avvocatura, possibilmente in sostituzione di incarichi esterni dai costi talvolta proibitivi e non sempre facili da giustificare sul piano dei risultati conseguiti. Non si tratta di una linea di indirizzo agevole, poiché le resistenze esterne ed interne al cambiamento possono rivelarsi forti e ben radicate. Tuttavia chi oggi giustamente vede nell'intervento pubblico l'unica reale soluzione per la crisi deve contemporaneamente agire con fermezza per far sì che le amministrazioni si guadagnino ogni giorno il rispetto dei cittadini.
Le risorse ottenute dai recuperi di efficienza dovranno in primo luogo essere assegnate al superamento di alcune emergenze cittadine, tra cui spicca lo stato disastroso in cui versano troppe strade di Napoli. Largamente sottofinanziata per alcuni anni e in seguito investita da importanti inchieste giudiziarie, la manutenzione delle vie necessita oggi di un forte intervento di rilancio, da effettuarsi nell'assoluto rispetto della legalità e della trasparenza. In coordinamento con gli altri assessorati, mi impegno dunque a predisporre un significativo incremento delle risorse destinate alla messa in opera dei lavori di cura delle vie di Napoli. E più in generale insisterò affinché a livello nazionale si comprenda che la cura e il potenziamento delle reti infrastrutturali e dei beni pubblici fondamentali rappresentano una ragionevole via d'uscita dalla crisi, e un modo credibile per cercare di guardare al futuro con un ottimismo basato sui fatti anziché sulle vane parole.

Le dimissioni di Veltroni

Le dimissioni di Veltroni ratificano il fallimento di un percorso cominciato tanti anni fa, allorchè buona parte degli eredi del PCI decise di tagliare ogni legame con la tradizione “solidaristico-keynesiana”, che aveva innervato la stessa “costituzione economica” del Paese. L'abbandono di quella tradizione ha portato, negli anni, a seguito di una serie di politiche profondamente errate sostenute anche dalle compagini di centrosinistra, a una progressiva contrazione della quota del salario nel Pil e ad una frammentazione e disarticolazione progressiva del mondo del lavoro. Gli esiti - anche in termini di consenso per il Pd - sono sotto gli occhi di tutti.

Ti invito a leggere l'editoriale di Luigi Cavallaro e mio apparso oggi in http://www.economiaepolitica.it.

A proposito del riformismo napoletano

L'articolo qui in basso del prof. Patalano mi sembra eccellente. Chiarisce che tra i paradigmi scientifici classici - il marxismo, il keynesismo, il neoliberismo - un posto per il "riformismo alla napoletana" non è concesso.



Difendo Realfonzo. L'arcaico è Allodi

di Rosario Patalano
Repubblica Napoli, 6 febbraio 2009


Il riformismo ideologico mieterà più vittime dell´estremismo politico. Sotto il termine riformismo nell´ultimo decennio sono confluite diverse istanze che nulla hanno a che vedere con una coerente prospettiva riformistica, ma sono diventate né più né meno che coperture ideologiche per nascondere una reale impotenza nell´interpretare i cambiamenti della società e proporre risposte adeguate.
Il riformismo ha finito per negare se stesso, da visione pragmatica, si è trasformato in una astratta panacea, rivendicata all´accorrenza per curare ogni male possibile; da potente strumento politico si è ridotto a una semplicistica "ideologia del cambiamento" i cui esiti o sono stati puramente trasformistici o hanno finito per assecondare interessi reali che nulla hanno a che vedere con obiettivi di progresso e modernizzazione sociale. Questa accezione ideologica di riformismo è diventata il velo dietro cui soprattutto la classe politica dirigente napoletana ha nascosto in questi ultimi anni le proprie scandalose nudità. Molti di questi dirigenti sono passati nello spazio del mattino dall´astratta adesione ai principi del marxismo (nella versione nazionale gramsciana) a una altrettanto astratta concezione del riformismo che si è risolta nella semplice quanto imprecisata massima "meno Stato e più mercato". Ma così come il loro approfondimento dei testi di Marx era lacunoso, così è rimasta del tutto approssimativa e superficiale la loro acritica adesione ai fantasiosi programmi del riformismo progressista. Il dato sconcertante è che a Napoli questo riformismo ideologico ha contagiato anche pezzi importanti della cultura napoletana (mi riferisco ad alcuni interventi del professor Macrì) andando ben oltre l´angusto cortile mentale della classe politica locale.
Di tutti questi viziose accezioni del termine riformismo è ricco il recente intervento su La Repubblica (3 febbraio) dell´assessore provinciale alle risorse strategiche Guglielmo Allodi, che è forse uno degli esempi più riusciti (anche per singolare e brillante intelligenza) della parabola ideologica che accomuna molte storie politiche napoletane e che parte dal conformismo berlingueriano per raggiungere il populismo bassoliniano, e sempre con la stessa metodologica acriticità. Come si potrebbe definire il suo attacco all´assessore omologo al Comune di Napoli, Riccardo Realfonzo, se non come una stanca e tardiva riproposizione della ideologia del riformismo?
Allodi accusa Realfonzo di essere l´esponente di una arcaica concezione ideologica che attribuisce allo Stato e all´intervento pubblico un ruolo decisivo nella vita economica. Per Allodi «il potere pubblico ha solo il dovere di programmare» muovendosi «in un doppio limite: l´interesse pubblico e il pareggio del bilancio», con l´obiettivo di «dialogare con il sistema privato e di spingerlo a investire per il bene collettivo». Qualsiasi lettore informato sarà colpito dall´evidente astrattezza di questa visione. Se Allodi fosse amministratore di una provincia lombarda le sue finalità "riformistiche" potrebbero essere in linea di principio anche comprensibili, ma, se qualcuno non glielo ha ancora fatto notare, egli si trova a essere per sua sventura amministratore di una provincia ai margini del mercato capitalistico, dove l´imprenditore onesto è "spiazzato" dalla economia illegale e dove la logica del profitto s´identifica con la ricerca di rendite permanenti di posizione. Allodi certamente non è così ingenuo e cerca fuori dalla città e dalla Campania quel sistema privato che egli evoca, quando cita come esempio virtuoso la privatizzazione dell´aeroporto napoletano, ma questa visione accomuna la sua strategia alla politica economica dei Borboni, che svendettero asset strategici (come le ferrovie) a società di gestione inglesi, francesi e svizzere, proprio perché erano più preoccupati di far quadrare il bilancio e mantenere a un buon prezzo i titoli di Stato nella Borsa parigina, che di assecondare processi di sviluppo. Il meno virtuoso Piemonte invece si indebitava, con Cavour al ministero, per costruire le infrastrutture necessarie per assumere la direzione del movimento nazionale. Certo, fino a ora l´aeroporto di Napoli va bene, ma che succederà se gli inglesi per esigenze di redditività volessero spostare la loro base logistica altrove? La logica del profitto non obbedisce a finalità sociali, come si illude Allodi. In questo egli pecca dell´ingenuità del neofita, che avendo scoperto una nuova fede (il mercato) e sentendo il peso dei sensi di colpa per gli anni passati nell´errore (il comunismo), ne diventa un seguace fanatico. È sorprendente poi il rapido passaggio a una forma di dissociazione dalle proprie responsabilità di governo. A leggere gli interventi di Allodi e di Impegno (che sono due importanti e stimate personalità del governo locale) sembra che i guasti di gestione delle partecipate e i deficit occultati siano frutto di un esercito di occupazione e non della loro stessa responsabilità, dopo quindici anni di governo ininterrotto della città. Il riformismo diventa così trasformismo.
La strategia di Realfonzo a me pare limpidamente realistica, la sua visione mi sembra pragmatica quando ben conoscendo la realtà napoletana e il nuovo drammatico momento della crisi difende gli asset strategici in mano alla municipalità. La difesa delle risorse strategiche, come l´acqua, che sta diventando sempre di più un bene raro e su cui si concentrano gli appetiti di grandi multinazionali, è un elemento cruciale. Forse Allodi dimentica che qualche anno fa la giunta Iervolino, in seguito a una sollevazione popolare, ha fatto marcia indietro sulla proposta di privatizzare l´Ato napoletano. Forse l´assessore Allodi ignora che il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, ha vinto la campagna elettorale proponendo di rimunicipalizzare l´azienda parigina di erogazione del servizio pubblico da molti anni in mano ai privati (fornitori di un servizio inefficiente e iniquo). Allodi ignora che in Europa nella sinistra riformista ha assunto un ruolo crescente il movimento per la ri-municipalizzazione dei servizi pubblici locali. Mi pare che di "arcaico" in giro ci sia solo il riformismo ideologico di Allodi e certo sarebbe opportuno, per le responsabilità che gli competono, un rapido aggiornamento del suo bagaglio culturale.

*L´autore è docente di Teoria economica nell´Università Federico II

Realfonzo all'Anci: "il governo strozza i Comuni per privatizzare: un crimine politico"

CRISI ECONOMICA: ASSESSORE NAPOLI, GOVERNO STROZZA COMUNI PER PRIVATIZZARE SERVIZI REALFONZO, E' UN CRIMINE POLITICO E HA EFFETTI DEVASTANTI SUL SUD Roma, 5 feb. (Adnkronos) - "Il governo strozza i Comuni per privatizzare i servizi. Con i suoi continui inasprimenti del Patto di stabilità e con il taglio dei trasferimenti il governo compie un crimine politico poiché pone in gravissime difficoltà finanziarie gli enti locali e alimenta la spirale restrittiva in corso, aumentando la disoccupazione. Con effetti devastanti nel Mezzogiorno". Così si è espresso il prof. Riccardo Realfonzo, da poche settimane assessore al bilancio del Comune di Napoli, intervenendo al Consiglio Nazionale dell'Anci svoltosi oggi a Roma in Campidoglio.Nel prendere la parola subito dopo Gianni Alemanno, sindaco di Roma, Realfonzo ha espresso preoccupazione per il "fatto che Alemanno non si renda conto di quanto sia grave l'ingiustizia perpetrata dal governo nel consentire alla sola città di Roma di scorporare gli investimenti per infrastrutture dal Patto di stabilità". Nel chiudere il suo intervento Realfonzo ha sottolineato che "possiamo abbattere prebende e privilegi di sindaci e assessori, dare avvio a una guerra senza quartiere agli sprechi e ai debiti fuori bilancio, bloccare il turnover, impedire la regolarizzazione dei precari, ridurre il valore dei contratti di servizio con le partecipate, elevare la Tarsu''. ''Possiamo persino rinunciare alla erogazione dei contributi per le famiglie a basso reddito o aumentare le rette presso gli asili e le mense scolastiche - ha concluso l'assessore - Possiamo fare tutti questi enormi sacrifici ma alla fine molti comuni italiani potrebbero trovarsi costretti a violare il Patto di stabilità interno. Più in generale rischiamo di trovarci comunque di fronte a una situazione finanziariamente non sostenibile".

L'acqua a Napoli resta pubblica

(ANSA) NAPOLI, 30 GEN - La giunta comunale di Napoli ha approvato una delibera con la quale viene revocata la gara per l'affidamento a terzi della gestione del depuratore dell'area di Coroglio e disposto che l'affidamento rimanga di competenza dell'azienda Arin Spa, di proprietà del Comune. "La giunta ha accolto la linea di indirizzo da me suggerita in queste settimane - spiega l'assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo - Si tratta di un risultato importante, che segna una svolta nella visione di politica economica degli enti locali. Dopo anni di ubriacature ideologiche circa i presunti benefici delle privatizzazioni, è giunto il tempo di chiarire che gli affidamenti ai privati non hanno sempre determinato riduzioni dei costi o miglioramenti di efficienza, mentre hanno spesso generato aumenti ingiustificati delle tariffe". "Il Comune di Napoli prende atto di queste evidenze e si dispone per un rilancio dell'intervento pubblico diretto nella produzione dei servizi fondamentali per i cittadini - conclude - Occorre adesso uno sforzo politico congiunto per impedire che le privatizzazioni, uscite dalla porta, rientrino dalla finestra. In Italia esistono, infatti, interessi diffusi che mirano a trasformare le difficoltà di bilancio delle amministrazioni locali in una occasione per le svendite ai privati e affari ai danni dei cittadini. E il governo Berlusconi, con i suoi tagli indiscriminati agli enti locali, sta palesemente assecondando questi interessi".(ANSA)

Una nuova politica economica per la città di Napoli. Lettera al Corriere del Mezzogiorno

di Riccardo Realfonzo*
Il Corriere del Mezzogiorno, 17 gennaio 2009

Caro direttore, nel corso dell'ultima settimana sono stato più volte sollecitato a fornire una prima cornice della politica economica che intendo portare avanti in qualità di assessore al Bilancio del Comune di Napoli. Dal momento dell'insediamento sono passati solo pochi giorni ed è ovviamente ancora in corso un esame approfondito dei conti.
Rilevo tuttavia che dall'esterno piovono sul bilancio pareri e suggerimenti talvolta strategicamente disfattisti, talaltra ingenuamente ottimistici e in generale di dubbia rilevanza. Ritengo pertanto opportuno fare il punto della situazione sugli andamenti economici e di bilancio e più in generale sulla linea di indirizzo che reputo corretta e praticabile.
La crisi. Sarà un'impressione, ma credo non sia chiaro a tutti che siamo di fronte alla più grave recessione dai tempi del dopoguerra. A Napoli e nel Mezzogiorno l'onda della crisi sarà molto più dura che altrove e potrebbe mettere radici profondissime. Oggi sappiamo che le cause di fondo di un tale tracollo risiedono nelle politiche liberiste che si sono irresponsabilmente poste in atto a livello globale, nazionale e persino locale. Chi sosteneva che per risolvere ogni problema sarebbe bastato liberalizzare i mercati, abbattere la spesa pubblica, eliminare le tutele dei lavoratori e privatizzare i servizi pubblici essenziali, adesso appare basito eppure cerca di resistere ideologicamente. Questa resistenza culturale, questo enorme ritardo di percezione della gravità della crisi e della inadeguatezza degli strumenti convenzionali di politica economica rischia di costarci carissimo. Per uscire da una recessione così intensa ci vorrebbe infatti il coraggio di una svolta nella politica economica nazionale, ma di questa in Italia non si vede per adesso nemmeno l'ombra. Il governo centrale ha posto in atto un risibile provvedimento anti- crisi e si è assunto pure la grave responsabilità di legare le mani agli enti locali. Abbiamo assistito a un ulteriore irrigidimento del Patto di stabilità interno, che penalizza il finanziamento in disavanzo della spesa delle amministrazioni periferiche. Inoltre, ai comuni sono state sottratte ingenti risorse ed è stata cancellata quasi ogni autonomia sul versante delle entrate. È bene chiarire che nel tempo una tale morsa finanziaria potrebbe rivelarsi insostenibile per molti enti locali. Continuamente ci giungono dati drammatici sulla crescita della disoccupazione, della cassa integrazione e sulla conseguente caduta dei redditi dei cittadini. Pertanto, non semplicemente Napoli ma tutte le amministrazioni potrebbero a breve registrare crescenti difficoltà di riscossione delle entrate. Non disponendo di leve alternative le sofferenze di bilancio diventeranno inevitabili. Il governo insomma sta gestendo male la crisi, e specialmente al Sud potremmo dover scontare per anni gli errori che si stanno collezionando in questi mesi. In un simile scenario dobbiamo tutti augurarci che della esigenza di un cambio di percorso ci si renda conto in tempo utile. Sarà mio dovere sottolineare le gravi responsabilità dell'esecutivo nazionale, un giorno sì e l'altro pure, di fronte a una situazione che richiederebbe risposte tempestive.
No alla svendita. La crisi morderà ferocemente sui bilanci ma questo non dovrà indurci a una corsa sconsiderata verso la dismissione, la privatizzazione e la svendita, che in fondo sono sempre stati gli obiettivi di chi ha agito per strangolare le finanze pubbliche. Detto in altri termini, questa non sarà l'amministrazione degli affari facili, oppure alternativamente non sarà la mia amministrazione. La gestione dell'acqua è e deve restare in mano pubblica. L'erogazione dei servizi fondamentali pure.
I problemi relativi all'efficienza dei servizi pubblici non si risolvono con la scorciatoia dell'affidamento della gestione ai privati. L'esperienza ha dimostrato che queste politiche possono danneggiare i cittadini dal momento che si traducono in un aumento delle tariffe molto più che dell'efficienza. È tempo di comprendere che spesso le privatizzazioni e le dismissioni invece di favorire l'interesse pubblico lo danneggiano gravemente, soprattutto se effettuate in fretta, sull'onda di una emergenza.
Sviluppo economico. Attendo un chiarimento sul perimetro delle mie effettive possibilità di intervento nel campo decisivo delle politiche industriali e del lavoro. Di certo mi aspetto da questa amministrazione una svolta nella gestione dei fondi europei, che abbandoni la vecchia, pedestre logica dei finanziamenti a pioggia e che punti invece a quei mirati programmi di modernizzazione che si rendono indispensabili per far avanzare la frontiera tecnologica del tessuto produttivo locale e rilanciare una equilibrata prospettiva industriale per l'area orientale di Napoli.
Solidarietà sociale. Il divario tra ricchi e poveri non è mai stato così ampio da un secolo a questa parte. Il nostro paese batte molti record in tema di disuguaglianze sociali. Soprattutto a Napoli i differenziali di ricchezza costituiscono ormai un fattore di scatenamento del caos e della violenza. Sappiamo bene che il sistema della camorra prospera esattamente in questo immane scarto tra i fortunati e i disperati. Il governo nazionale ci ha sottratto l'autonomia fiscale e finanziaria, ma nei limiti delle residue competenze rimaste mi impegno affinché ogni provvedimento sia finalizzato non ad ampliare ma a ridurre i divari tra i redditi. Dalle mense scolastiche, agli asili, alla distribuzione dei carichi fiscali, ogni misura dovrà assumere finalità perequative.
Efficienza. In questi primi giorni di insediamento ho avuto modo di apprezzare la competenza, l'abnegazione e il senso dello Stato di tanti dirigenti e dipendenti dell'apparato amministrativo. Queste confortanti evidenze tuttavia non debbono indurci a ridurre l'attenzione su alcune oggettive debolezze della macchina amministrativa. Sotto diversi aspetti, come ad esempio la dimensione del debito, il Comune di Napoli si situa in una posizione migliore rispetto a molti altri enti locali. È vero però che questa amministrazione attraversa difficoltà specifiche, alcune dettate dal complicatissimo territorio in cui agisce ma altre dipendenti da alcuni limiti operativi interni. Sul versante delle riscossioni la crisi si farà presto sentire, ma occorre comunque proseguire nel rafforzamento dei sistemi di recupero delle risorse. Nell'ambito dell'apparato, bisogna porre un muro davanti all'onda anomala dei debiti fuori bilancio. A tale riguardo occorre subito rafforzare il controllo delle procedure di spesa in capo alle dirigenze, e si rende necessaria una verifica sulle modalità di gestione dei contenziosi e sugli oneri conseguenti.
Legalità. La cultura del malaffare si combatte attraverso lo sviluppo economico e la lotta alle ingiustizie sociali, non solo limitandosi a invocare il rispetto della legge. Detto questo, però, la battaglia contro gli sprechi, le malversazioni, gli usi privati della cosa pubblica e la corruzione si situerà al centro della mia azione politica e amministrativa. Per cominciare, riguardo ai contratti da stipulare che vedano coinvolti soggetti sottoposti a misure restrittive, io sono un convinto fautore delle garanzie costituzionali ma sul piano etico e politico ritengo sia il minimo indispensabile interrompere ogni rapporto con tali soggetti fino a un chiarimento delle rispettive posizioni giudiziarie.
Responsabilità. Avverto il peso della responsabilità che mi è stata conferita e sono riconoscente a coloro i quali hanno riposto fiducia nelle mie competenze. Tuttavia, devo chiarire che io non sono qui per discutere di alchimie politiche. Una volta completata la ricognizione del bilancio e dei margini effettivi di azione proporrò alla Giunta e al Consiglio la linea di politica economica che reputo giusta e praticabile. Confido nel sostegno delle istituzioni e nella vicinanza dei tanti cittadini che da tempo attendono un rinnovamento della città sotto il segno dello sviluppo economico, della solidarietà sociale e della legalità. Se questa linea di azione si rivelerà impraticabile, la coerenza politica e la responsabilità istituzionale mi imporranno di dimettermi senza alcun indugio.
*Assessore al bilancio del Comune di Napoli

Il mio intervento a Palazzo Marigliano

Riporto un video tratto dal sito Napoli Online, del mio intervento alle Assise di Palazzo Marigliano, domenica 18 gennaio 2009. Nell'occasione ho presentato le principali linee programmatiche della mia attività come assessore al bilancio del Comune di Napoli.



Gerardo Marotta presenta il mio intervento alle Assise:

«Uscire dalla voragine partenopea? Forse si può». Intervista a Riccardo Realfonzo

di Francesca Pilla
il manifesto, 29 gennaio 2009

Al primo piano di Palazzo San Giacomo i commessi del comune di Napoli allargano le braccia: «Realfonzo chi? Un assessore? Non sappiamo, magari il suo ufficio è in fondo al corridoio». Un alieno che qualcuno vorrebbe presto fuori di lì. E' questa l'immagine migliore per descrivere l'insediamento di Riccardo Realfonzo nell'assessorato al bilancio che fino a novembre era il regno indiscusso di Enrico Cardillo. Nelle scorse settimane il professore di economia è stato definito comunista e marxista. Uno che avrebbe preteso trasparenza e detto no a qualsiasi progetto di privatizzazione delle controllate comunali. In realtà, quello di Realfonzo è un compito difficile sia per i pesanti buchi che eredita dal bilancio partenopeo sia perché ha sostituito Cardillo, che non solo è indagato per l'affare Global Service ma che nell'amministrazione precedente aveva dato vita a un vero potentato. Ma oggi, in quelle stesse stanze, si possono invece incontrare esponenti dell'assise di Palazzo Marigliano, vale a dire di quell'intellighenzia napoletana sana e non corruttibile. E Realfonzo è al lavoro.

Come mai il sindaco Iervolino le ha affidato questo incarico? E perché lei ha accettato visto che non è un politico di «professione»? Non era meglio restare a fare il professore universitario?

In passato è avvenuto molte volte che una politica in crisi di consenso si affidasse ai «tecnici» per tentare di imprimere una svolta nell'azione di governo. Però i tecnici che hanno imperversato negli anni scorsi in Italia elogiavano i vincoli del Patto di stabilità e puntavano dritti alle privatizzazioni. Io invece intendo muovermi in direzione opposta, coerentemente con le idee per le quali assieme a tanti altri ho battagliato in questi anni. Credo che questo sia il vero elemento di novità della vicenda. Ed è anche il motivo per cui ho accettato un incarico per il quale si ha molto da perdere e nulla da guadagnare. Ho la possibilità di mettere granelli di politica economica alternativa nell'amministrazione di questa città e non mi capiterà una seconda volta. Insomma, devo fare un tentativo.

E quali sono i suoi granelli di politica alternativa?


Dalle rette scolastiche alle tariffe in generale, c'è qualche margine per intervenire in senso redistributivo in una città in cui il divario tra ricchi e poveri è abissale. Ma soprattutto occorre bloccare i processi di privatizzazione e di svendita delle partecipate. L'acqua, per esempio, deve restare pubblica. Ho già provveduto a bloccare la gara per la gestione di un depuratore a Coroglio che poteva andare in mano ai privati e che invece - a mio avviso - deve essere mantenuta nel perimetro dell'azienda pubblica. Gli interessi contro i quali mi sto muovendo sono enormi, ma le loro difese ideologiche sono ormai deboli. Sappiamo che privatizzare non significa necessariamente né migliorare i servizi né ridurre i costi. Ed è falso affermare che la privatizzazione serve a ripianare i bilanci: complessivamente le municipalizzate sono già in attivo.

Ma col bilancio del Comune come la mette?

Ci sono ancora sacche di inefficienza su cui si può e si deve intervenire. Ma più di ogni altra cosa c'è da compiere una operazione di trasparenza. Per anni gli enti locali hanno cercato di nascondere tra le pieghe dei bilanci una situazione insostenibile, provocata dalle politiche restrittive dei governi centrali. E adesso siamo di fronte al paradosso di un governo che riduce ancora di più le risorse nel mezzo di una crisi che soprattutto al Sud sta determinando un crollo dei redditi e quindi anche delle riscossioni degli enti locali. E' una situazione drammatica ma l'epoca degli espedienti contabili è finita. Le radici delle difficoltà di bilancio sono politiche, e il governo nazionale deve essere chiamato presto a rispondere.

Rispetto alla questione della legalità come intende muoversi?

Ho dichiarato che occorre interrompere la contrattualizzazione delle gare vinte da soggetti sottoposti a provvedimenti restrittivi (è il caso dell'imprenditore Romeo, in carcere per l'affare Global service e vincitore di una gara per la riscossione delle multe, ndr ). Al momento ho motivi per ritenere che questa posizione ragionevole alla fine prevarrà.

Ma Iervolino è ancora convinta di volere un antiliberista in squadra?

Ha dichiarato di comprendere i danni che il liberismo ha creato e la necessità di cambiare registro. Vedremo. Io certo non cambio né idea né linea. E ho detto chiaramente che se le mie ricette non fossero gradite sarei pronto a dimettermi. Confido che a sinistra, al di là delle divisioni politiche, si dedichi un'attenzione speciale e un sincero sostegno verso questo limpido, reale tentativo di svolta antiliberista.