Patrimoniale e tassa globale sulle multinazionali. Intervista a Riccardo Realfonzo

Patrimoniale e tassa globale sulle multinazionali. "Ma per combattere le disuguaglianze servono riforme più profonde"

Economisti a confronto: intervista a Riccardo Realfonzo

di Raffaele Ricciardi

La Repubblica, 9 aprile 2021



MILANO - La necessità di combattere le crescenti diseguaglianze, eredità della pandemia, anche imponendo una patrimoniale per finanziare le misure per la ripresa; e una maggiore equità fiscale attraverso la costituzione di una tassa minima globale da imporre alle multinazionali. Sono i temi forti emersi nelle giornate primaverili del Fondo monetario internazionale, che si sono intrecciate con l'appuntamento a presidenza italiana del G20 finanziario. Ecco le opinioni di Riccardo Realfonzo, ordinario di economia politica nell'Università del Sannio e direttore della rivista economiaepolitica.it.

Il Fondo monetario ha rilanciato la proposta di tassare redditi alti e grandi patrimoni per finanziare la ripresa dalla crisi del Covid. E' una buona idea?

La pandemia ha accentuato il perverso processo redistributivo già in atto da tempo negli USA, in Europa e anche in Italia. Mi riferisco alla progressiva riduzione della quota del pil che va a remunerare i redditi da lavoro e allo speculare aumento della quota che va ai redditi da capitale. La crescita esponenziale dei patrimoni dei super ricchi è solo la punta dell'iceberg. Per le economie trainate dai salari, come l'Italia, questo processo redistributivo non solo è eticamente inaccettabile, ma determina anche una riduzione del tasso di crescita e degli spazi occupazionali. Per queste ragioni è necessario redistribuire il carico fiscale dai redditi da lavoro ai redditi da capitale, e tassare i patrimoni.

Durante una crisi senza precedenti in tempi di pace, dopo un primo scossone i listini azionari globali sono volati a nuovi massimi. Forbes non ha mai aggiunto così tanti nuovi miliardari alla sua lista di Paperoni. Eppure, dice ancora il Fmi, ci sono 95 milioni di persone in estrema povertà in più rispetto alle previsioni ante-pandemia e le divergenze della ripresa (dentro e tra Paesi) sono la prima preoccupazione. Come evitare questa forbice?

Gli squilibri distributivi sono connessi tra loro. Alla crescita dei patrimoni dei super ricchi fa da contraltare l'esplosione della povertà. Alla veloce ripresa di alcuni Paesi fa da contraltare la stagnazione di altri, con conseguente aumento della divergenza territoriale, anche su scena europea. Non è una novità che i meccanismi di mercato e la globalizzazione tendono ad accentrare la ricchezza in poche mani e lo sviluppo in pochi territori. Sono meccanismi che vanno contrastati con politiche fiscali più incisive e coordinate rispetto a quelle cui siamo abituati, e ponendo uno stop alla libera circolazione dei capitali su scena internazionale. Occorrerebbe cominciare con il tassare i movimenti speculativi di capitale di brevissimo periodo e utilizzare le risorse raccolte per ampliare il perimetro dello stato sociale.

L'amministrazione Usa spinge ora forte per una tassa minima globale sulle multinazionali. L'Italia guida il G20 e punta a un primo accordo internazionale per l'estate. Crede sia la volta buona?

Mi auguro proprio di sì. I vecchi teorici del laissez-faire ritenevano che la concorrenza perfetta fosse l'esito del mercato. Viceversa, sappiamo da molto tempo che le economie di scala e di concentrazione portano alla creazione di grandi imperi economico-finanziari. Le multinazionali, i grandi oligopolisti che si spartiscono il mercato mondiale in settori come le grandi produzioni meccaniche, l'ICT, la farmaceutica, la chimica macinano profitti astronomici. Stanno diventando più potenti degli Stati e si profila un mondo a scarsissima democrazia economica. Speriamo che finalmente venga uno stop a livello internazionale. Se non ora, quando?

La Corte dei Conti ha calcolato che, ogni anno, di 160/170 miliardi di crediti dello Stato considerati a bilancio come di riscossione certa, ne vengono effettivamente riscossi 7/8 miliardi. I condoni delle cartelle sono una soluzione equa?

Non vedo come si possa ritenere che si tratti di misure eque. È ovvio che non lo siano ed è altrettanto ovvio che questi espedienti per fare facilmente cassa destano grande malessere nei cittadini abituati ad onorare sempre il loro debito con lo Stato. Li allontano dalla politica e dallo Stato. Bisognerebbe chiudere per sempre con i condoni e piuttosto rafforzare i potere di controllo e riscossione dello Stato, anche sul piano locale.