Il governo e la sinistra dubitante

Sinistra, i critici del passaggio extraelettorale da Cofferati al manifesto
di Marianna Rizzini
Il Foglio, 16 novembre 2011

C'è chi stappa champagne e chi si chiede, a sinistra, che cosa significhi, per la sinistra, il passaggio extralettorale per il governo Monti. Al di là della rispettabilità di Mario Monti, infatti, qualche problema si pone a livello di identità, indipendenza e carattere di alternativa (specie per il Pd). Sergio Cofferati, eurodeputato pd, ex segretario Cgil ed ex sindaco di Bologna che all'inizio degli anni Duemila riempiva le piazze, si è posto un paio di domande, e il Piccolo di Trieste, il 12 novembre, ha riportato la sua presa di distanza da Pier Luigi Bersani (“meglio andare subito al voto”diceva Cofferati, “l'Europa sta condizionando la politica europea in modo marcato”). Oggi Cofferati, pur premettendo di voler “sospendere il giudizio sul governo ormai nascente, da valutare nella sua composizione e nelle sue priorità, che sono gli elementi su cui si giocherà la tenuta della coalizione e i rapporti tra partiti”, dice al Foglio di “non comprendere per quale motivo non si sia scelto un percorso analogo a quello della Spagna e della Grecia, se non del Portogallo, che è andato al voto subito. Quella del governo “a scadenza” alla spagnola poteva essere la strada che rispondeva alle emergenze e nel contempo consentiva alle forze politiche di organizzarsi per elezioni con esito stabilizzante. Compito della politica è prevedere scenari possibili, non trovarsi anche lei nell'emergenza. Dopodiché si può scegliere una strada o l'altra, ma con la consapevolezza di dove portano l'una e l'altra”. Vede “una forte contraddizione”, Cofferati: “Un governo così congegnato avrà, cammin facendo, il problema di far convergere un fronte molto eterogeneo sulle cose che proporrà. Da un certo punto in avanti tra l'altro, le forze politiche che sostengono Monti dovranno fare scelte per il loro programma elettorale. La difficoltà di oggi – trovare un baricentro – sarà molto più consistente tra sei-otto mesi, e prima ancora si porrà il problema del referendum elettorale. E' tutto in salita”. A sinistra del Pd, nell'area del quotidiano il manifesto, è “no” convinto alla soluzione Monti: ieri Alberto Burgio, docente di Storia della filosofia a Bologna ed ex deputato prc, si chiedeva “e la democrazia?” e parlava di “dispotismo illuminato”, tre giorni fa Ida Dominijanni elencava i danni “collaterali” e scriveva: “Il passaggio-Monti serve a ratificare quel ruolo ancillare del Pd rispetto a un equilibrio centrista garante dei poteri forti...”. Sul giornale del sindacato Usb (il Foglietto), poi, Adriana Spera scriveva “non è una vittoria, non ha vinto la democrazia... per pervenire il malcontento sono scesi in campo i maggiori gruppi editoriali per convincere della necessità di un governo tecnico...”. L'inquietudine anti soluzione tecnica si leva, a sinistra, anche dell'Università del Sannio, serbatoio di scienza economica. Dice Emiliano Brancaccio, docente di economia politica, che “la vera sospensione della democrazia verte sul fatto che ancora nessuno, a destra come a sinistra, si assume la responsibilità di affermare che l'Unione monetaria europea è un vestito fatto su misura per la Germania, un vestito che per tutti i paesi del Mediterraneo si trasforma in una letale camicia di forza che ci porta diritti in recessione. Anche una campagna elettorale fondata sull'idea provinciale dell'infallibilità della lettera Bce sarebbe una sospensione della democrazia, e aggiungerei delle intelligenze”. “Molto preoccupato” si dice Riccardo Realfonzo, docente di Economia della stessa Università del Sannio e assessore al Bilancio nella giunta napoletana di Luigi De Magistris: “Un governo che si facesse interprete pedissequo del dettato della Bce causerebbe un danno al paese, accentuando il profilo della crisi. Dal Punto di vista politico, poi, credo che la strada democratica fosse quella di tornare agli elettori. Ma mi pare chiaro che i partiti non vedono con favore questa soluzione e preferiscono chiedere a un governo tecnico di prendere misure impopolari. Mi preoccupa molto che un'istituzione non eletta, la Bce, detti le linee di politica economica che il governo dovrà poi applicare nel nostro paese. Più in generale, assistiamo in Europa a un problema di democrazia che riguarda gli interventi della Bce e della Commissione europea. Quanto agli effetti di politica economica, sono stato promotore, l'estate scorsa, di un documento che ha raccolto oltre 250 firme di economisti in tutto il mondo contro le politiche di austerità in Europa. I fatti ci hanno dato ragione e ora stiamo elaborando un nuovo documento. Il nuovo governo dovrebbe farsi promotore in Europa di una riflessione sull'inadeguatezza delle istituzioni europee concepite dal trattato di Maastricht, pena il rischio di deflagrazione nella zona euro”. Luigi Zingales, docente di Economia all'Università di Chicago e, in area Pd, presenza di punta alla Leopolda di Matteo Renzi, ha scritto sul Sole 24 Ore un pezzo intitolato “per Monti mandato da curatore fallimentare”. Oggi Zingales, pur ribadendo che “non ci si poteva permettere una campagna elettorale”, dice al Foglio “che il governo Monti non deve avere intenzioni politiche, non deve essere una manovra per creare un nuovo centro politico. Altrimenti sì che sarebbe una cosa da prima Repubblica. Sarebbe bello che Monti si esprimesse per fugare i dubbi”.

Le nomine nelle partecipate e la "rivoluzione" partenopea

La nomina di Diana è un tassello della “rivoluzione”
di Riccardo Realfonzo*
Il Corriere del Mezzogiorno, 8 novembre 2011

Caro Direttore,

prendo spunto dai recenti articoli sul Centro Agro Alimentare di Napoli (Caan), e sui compensi del nuovo presidente, per chiarire alcuni aspetti relativi al riassetto del sistema delle società partecipate del Comune. È un tema di grande rilievo, considerato che queste società erogano i servizi pubblici fondamentali in città, dal trasporto su ferro a quello su gomma, dalla gestione del servizio idrico alla raccolta dei rifiuti.
Per cominciare, vorrei sbarazzarmi della questione sui cui indugiano gli articoli del Corriere, affermando che il nuovo presidente del Caan, Lorenzo Diana, avrebbe un compenso maggiorato rispetto al predecessore. Le cose non stanno precisamente così. Infatti, il precedente presidente aveva un compenso di 41mila e 500 euro più un gettone (230 euro) per ogni riunione del cda. Ebbene, come si evince dagli atti assembleari, questa formulazione comportava il rischio di un compenso eccessivo, anche superiore al limite stabilito dalla legge (il 60% del compenso del sindaco). Perciò abbiamo agganciato il compenso del presidente al compenso del sindaco - portandolo a circa 50mila euro lordi annui onnicomprensivi - azzerando la parte variabile. Per di più, l’applicazione stringente della normativa ha determinato un taglio agli emolumenti degli altri membri del cda, con un risparmio netto per la società. I problemi reali del Caan sono dunque altri e molto seri: l’entità delle perdite e la posizione debitoria, la necessità di un nuovo piano industriale, i fenomeni di abusivismo e irregolarità. Ed è per queste ultime ragioni che abbiamo pensato di chiedere l’impegno di Diana - accanto ad alcune figure manageriali - notoriamente distintosi nella lotta all’illegalità.
Il caso del Caan offre lo spunto per chiarire l’impostazione che la giunta de Magistris sta portando avanti sulle partecipate. Il nostro primo obiettivo è quello di smantellare il sistema clientelare che negli anni si è appropriato – invero non senza eccezioni – delle società partecipate del Comune, trasformandole in macchine per il consenso. Insomma, si tratta di “scassare la casta” ed azzerare i costi della politica a carico delle società, anche riducendo drasticamente il numero dei consiglieri di amministrazione. Ed è per questo che si è reso necessario sostituire i precedenti rappresentanti del Comune nei cda con figure qualificate e soprattutto indipendenti, alle quali chiediamo di rispondere esclusivamente alla logica dell’interesse pubblico. Tutto ciò rappresenta condizione necessaria per attivare i processi di efficientamento dei servizi pubblici locali.
Ma non è certo finita qui. Occorre infatti procedere con il piano di riassetto generale delle partecipate. Ed anche su questo punto credo di poter dire che in pochi mesi abbiamo già macinato molta strada. In primo luogo, con la delibera del 30 giugno scorso abbiamo drasticamente tagliato, in qualche caso azzerato, i costi della politica a carico delle partecipate: dalle auto blu alle sponsorizzazioni, dalle missioni agli incarichi e consulenze. Ancora, abbiamo rafforzato i controlli sulle partecipate, anche per quel che riguarda le assunzioni, e stabilito il principio per cui eventuali carenze di manodopera vanno in primo luogo soddisfatte mediante il ricorso alle altre partecipate. In secondo luogo, abbiamo avviato il processo di fusione tra le tre società che si occupano di mobilità (Metronapoli, Anm e Napolipark) e che porterà alla creazione del principale operatore del settore nel Mezzogiorno. Stiamo procedendo con la messa in liquidazione di alcune società (Napoli Orientale, Consorzio San Giovanni, Nausicaa) e stiamo anche valutando l’opportunità, in questa fase congiunturale, di procedere con alcune dismissioni. Inoltre, abbiamo avviato la trasformazione della spa che si occupa di servizi idrico integrato – l’Arin – in una azienda speciale, dando avvio alla prima ripubblicizzazione dell’acqua in Italia nello spirito del referendum di giugno. Tutto ciò per non parlare di una ulteriore serie di interventi specifici che pure abbiamo operato, finalizzati a ripristinare un quadro di regole ancorato alla legalità, ad esempio sul tema della formazione di debiti fuori bilancio.
Il quadro delle azioni che già abbiamo intrapreso dovrebbe comportare risparmi non inferiori ai dieci milioni di euro per il Comune e le sue partecipate, oltre a un recupero complessivo di efficienza. A tutto ciò aggiungo che stiamo approntando una serie di operazioni, anche innovative dal punto di vista degli assetti societari e delle tecniche finanziarie, che ci permetteranno nel corso del 2012 di alleggerire la posizione debitoria delle società partecipate nel loro insieme e di velocizzare i pagamenti, a tutto vantaggio dell’economia locale. E per tutte queste ragioni abbiamo bisogno di figure di tecnici qualificati che sappiano operare ad altissimo livello nelle società. Ed è qui che dobbiamo fare i conti con quelli che sono gli emolumenti di mercato, soprattutto per le figure degli amministratori unici, anche se certo non possiamo né vogliamo sfiorare i livelli delle remunerazioni cui pure si è giunti a Milano o a Roma, dove si superano per i presidenti e gli amministratori delegati di alcune partecipate comunali i 300mila euro.
La rivoluzione che vogliamo compiere nelle partecipate, caro Direttore, trova nella crisi economica dilagante e nei forti tagli dei trasferimenti praticati dal governo ulteriori gravissimi ostacoli. Come lei sa, la nostra linea è improntata al rigore nel pubblico per la difesa del pubblico. Vedremo se, nonostante il quadro congiunturale avverso e la pesante eredità del passato, avremo la meglio.

*Assessore al bilancio e alle società partecipate del Comune di Napoli

Intervista all'assessore Realfonzo


Intervista a Realfonzo
Julienews

Una intervista sul bilancio del Comune di Napoli e sulle società partecipate. Tra tagli del governo, lotta ai sistemi clientelari del passato e i tagli ai costi della politica.

Il modello Napoli si può esportare


Il modello Napoli si può esportare
di Alberto Lucarelli e Riccardo Realfonzo*
il manifesto, 28 settembre 2011

Dopo tre mesi di intenso lavoro, durante il quale sono stati consultati esperti di differenti discipline economiche, giuridiche, aziendali, oltre ad esponenti della società civile e delle associazioni ambientaliste, la giunta di Napoli ha approvato la trasformazione della società per azioni ARIN che gestisce il servizio idrico a Napoli in azienda speciale.
Si tratta della prima giunta in Italia che attua la volontà referendaria del 12-13 giugno 2011, quando 27 milioni di cittadini si espressero per l’acqua bene comune e per una gestione pubblica del servizio idrico al di fuori del mercato e delle logiche del profitto.
L'azienda speciale Acqua Bene Comune Napoli, ente di diritto pubblico, nasce dalla consapevolezza che in tutto il mondo le più recenti trasformazioni del diritto hanno prodotto l’emersione a livello costituzionale, normativo, giurisprudenziale e di politica del diritto della categoria dei beni comuni, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali, nonché al libero sviluppo della persona e che vanno preservate anche nell’interesse delle generazioni future. E in questo senso ieri il consiglio comunale di Napoli ha approvato una modifica del suo stesso statuto, con la quale si inserisce tra valori e finalità dello Statuto il riconoscimento e la garanzie dei beni comuni, quali beni direttamente riconducibili al soddisfacimento di diritti fondamentali.
I beni comuni, in primis l’acqua, sono dunque adesso direttamente legati a valori che trovano collocazione costituzionale e che informano lo statuto del Comune di Napoli. Essi vanno collocati fuori commercio perché appartengono a tutti e non possono in nessun caso essere privatizzati. L’acqua bene comune è radicalmente incompatibile con l’interesse privato al profitto e alla vendita. Al tempo stesso è ormai del tutto chiaro nell’esperienza italiana che le privatizzazioni hanno determinato forti incrementi delle tariffe e nessun beneficio per i cittadini in termini di qualità del servizio.
Acqua Bene Comune Napoli, chiamata a governare il bene comune acqua della città di Napoli, vuole interpretare, attraverso una buona pratica di democrazia partecipata dal basso, il suo dovere fondamentale di difendere il bene acqua, così come il popolo italiano ha decretato con il referendum del 12 e 13 giugno del 2011, il vero atto costituente di Acqua Bene Comune Napoli.
L’azienda speciale, com’è noto, è un ente pubblico economico strumentale del comune che non persegue finalità di profitto. L’azienda speciale ha l’obbligo del pareggio di bilancio e del suo equilibrio finanziario con una autosufficienza gestionale. La sua attività si svolge secondo gli obiettivi e i programmi dell’ente territoriale, cioè del comune e dei suoi cittadini. Tant’è che la strumentalità dell’azienda speciale comporta l’approvazione degli atti fondamentali e la copertura dei costi sociali da parte del Comune, il quale potrà pianificare la sua politica relativa al servizio idrico integrato in base alle proprie disponibilità finanziarie e agli obiettivi di investimento. La qualità del servizio e la sua sostenibilità con l’azienda speciale assume maggiore rilievo, rispetto alle scelte quantitative che nella gestione privatizzata possono venire comunicate o rappresentate al di fuori di essa in modo più opaco. Acqua Bene Comune Napoli per come congeniata statutariamente – attraverso un consiglio di amministrazione rappresentativo con voto deliberativo delle associazioni ambientaliste e un comitato di sorveglianza rappresentativo oltre che della cittadinanza attiva anche dei dipendenti dell’azienda - consente di affrontare, o meglio valutare, le conflittualità delle politiche idriche e dell’utenza, anche in termini di trasparenza ed accessibilità agli atti.
Governo “pubblico partecipato” significa proprio un coinvolgimento attivo dei cittadini alla gestione dei beni comuni, un principio fondamentale, che era originariamente previsto anche in Puglia nel processo normativo di trasformazione dell’AQP s.p.a. in azienda pubblica.
Inoltre, lo Statuto prevede che qualora l’amministrazione comunale, per ragioni di carattere ecologico o sociale, ed in relazione ai propri fini istituzionali disponga che l’azienda effettui un servizio o svolga un’attività il cui costo non sia recuperabile deve in ogni caso essere assicurata la copertura del costo medesimo. In questa dimensione ecologica e sociale vanno letti anche gli artt. 27 e 28 dello Statuto che rispettivamente disciplinano e garantiscono il quantitativo minimo giornaliero e il fondo di solidarietà internazionale.
In conclusione l’auspicio è che parta da Napoli un “nuovo vento” che sappia concretamente reagire alla manovra di ferragosto che ha calpestato la volontà referendaria e soprattutto il principio della sovranità popolare.

*Gli autori sono assessori rispettivamente ai beni comuni e alle società partecipate del Comune di Napoli

Di nuovo pubblica l'acqua a Napoli. La rivoluzione di Realfonzo


Di nuovo pubblica l'acqua a Napoli. La rivoluzione di Realfonzo
di Ernesto Ferrante
Rinascita, 27 settembre 2011

La ripubblicizzazione dell'acqua a Napoli


Napoli si riprende l'acqua. La Giunta cancella la Spa
di Checchino Antonini
Liberazione, 24 settembre 2011

Realfonzo: de Magistris e la rivoluzione della buona amministrazione

Realfonzo fa volare l'ASIA: "Ora accendiamo il mutuo e ricapitalizziamo l'azienda"
di Roberto Fuccillo
Repubblica Napoli, 17 luglio 2011


"C’è aria nuova in Consiglio comunale. L'approvazione in un solo giorno del bilancio di previsione e del consuntivo 2010 prova la compattezza della maggioranza ma anche il senso di responsabilità dell'opposizione". Il dado è tratto, e Riccardo Realfonzo, assessore al bilancio ha segnato sul suo diario la data del 15 luglio.

Non era mai successo prima.

"Eravamo abituati a sedute fiume, mancanze del numero legale, consociativismi. E invece ora la giunta ha elaborato il previsionale in quindici giorni e il Consiglio lo ha immediatamente approvato. Consentendo tra l'altro di accendere subito il mutuo per la ricapitalizzazione di Asìa".

Il leader dell'opposizione Lettieri vi ha chiesto cosa contate di farci con quei 43 milioni.

"Lettieri crede ancora di essere in campagna elettoraale e ci rimprovera di non proporre nulla per lo sviluppo. Evidentemente non ha compreso il senso della rivoluzione di de Magistris: non false promesse ma la rivoluzione della buona amministrazione. I soldi di Asìa servono per gli investimenti: superare i subappalti e far decollare la raccolta differenziata".

C'è anche l'aumento della Tarsu.

"Che è stato deliberato dalla giunta provinciale il maggio scorso, certo non da noi. Noi abbiamo scelto di non aumentare nessuna tassa o tariffa, a cominciare dagli asili e dalle mense. E ciò nonostante una situazione finanziaria difficilissima, ai limiti del dissesto, a causa della pesante eredità della giunta precedente".

Lei ha anche sottolineato la forte riduzione dei trasferimenti.

"Pesano soprattutto i 100 milioni di tagli del governo e i 12 della Regione. Per questo siamo intervenuti con una manovra all’insegna del rigore e dell’efficienza, tagliando i costi della politica, quelli della macchina amministrativa e delle partecipate, rafforzando i controlli e imponendo, tra l’altro, forti riduzioni del numero dei dirigenti a contratto, passati da 104 a 44. Complessivamente abbiamo tagliato 107 milioni alla spesa, senza ridurre i servizi ai cittadini meno abbienti. Una manovra indispensabile e comunque l’attenzione sui conti resta alta”.
L'opposizione pensa comunque che prima o poi sarete costretti a debiti fuori bilancio.

"I debiti fuori bilancio sono una piaga. Noi siamo per la trasparenza e la veridicità del bilancio".

Qualche modifica al testo originario c'è stata.

"Lavorando con le municipalità abbiamo appostato quattro milioni per i loro interventi di manutenzione su strade e scuole".

L’opposizione ha chiesto un piano per le partecipate nell'aggiustamento di settembre.

"La strategia di intervento è già ben delineata. Ad esempio c’è l'accorpamento delle tre partecipate che si occupano dei trasporti. Poi il passaggio degli impianti di San Giovanni e Coroglio all'Arin, parte della Napoli servizi con Asìa. Tutte le partecipate dovranno contenere una serie di spese inutili ed è rafforzato il controllo sulle assunzioni".

Ma i Cda possono stare tranquilli?

"Abbiamo approvato il limite massimo di tre membri nei Cda e rafforzato i poteri di revoca degli amministratori. Ora bisognerà mettere mano agli statuti delle società".

Comune, bilancio-choc

Comune, bilancio-choc
di Paolo Cuozzo
Corriere del Mezzogiorno, 16 luglio 2011

L'Europa nella crisi


L’Europa nella crisi

di Riccardo Realfonzo

Left, 6 maggio 2011

Le politiche di austerità imposte dall’UE. La crescita del divario tra Paesi forti e deboli del Continente. E delle disuguaglianze sociali. Così Bruxelles frena la ripresa. E Tremonti si adegua. Condannando l’Italia alla marginalità.

Lo sciopero generale indetto dalla CGIL contro la politica economica del governo non potrebbe essere più opportuno. Come numerosi studi confermano, le politiche economiche di austerità prevalenti in Europa, rafforzate dal Consiglio Europeo del 24 e 25 marzo, tendono a frenare lo sviluppo e – quel che è peggio – a renderlo più squilibrato, accentuando i processi di divaricazione tra aree centrali e aree periferiche all’interno della zona euro. Il rischio che il nostro Paese perda qualsiasi contatto con i ritmi di crescita delle aree più sviluppate del continente si fa ogni giorno più concreto. Solo il governo Berlusconi sembra non esserne consapevole, e ha recentemente varato un documento di programmazione finanziaria (il Documento di Economia e Finanza 2011) che di fatto tarpa le ali a qualsiasi possibilità di significativa ripresa economica.
Ma procediamo con ordine. Purtroppo, gli impatti della crisi sull’economia europea stanno confermando le preoccupazioni espresse da numerosi economisti, sin dal rapporto MacDougall del lontano 1977. Quel rapporto già intuiva che una unione monetaria europea, allora di là da venire, avrebbe dovuto dotarsi di potenti meccanismi di aggiustamento interni - non di mercato, bensì principalmente incentrati sulla centralizzazione delle politiche di bilancio - per contrastare la tendenza spontanea alla concentrazione dello sviluppo, e in generale per proteggersi da tutti quegli squilibri ai quali non si sarebbe potuto più fare fronte con la politica dei cambi e la manovra del tasso ufficiale di sconto. Le politiche fiscali avrebbero dovuto agire sul piano europeo, contrastando le tendenze spontanee di mercato, per redistribuire la domanda e favorire uno sviluppo “armonico” dal punto di vista territoriale.
L’Europa purtroppo, sin dalla stipula del Trattato di Maastricht, si è incamminata sulla strada opposta, introiettando un insieme di regole che legano le mani alle politiche fiscali, che prevedono interventi irrisori rispetto agli squilibri strutturali e che definiscono una politica monetaria radicalmente “conservatrice”, tesa cioè a combattere l’inflazione sempre e comunque, anche a costo di arrestare lo sviluppo e contrarre l’occupazione (come mostra, ancora una volta, il recente incremento del tasso di riferimento stabilito dalla Banca Centrale Europea, finalizzato a limitare la timida crescita dei prezzi dovuta peraltro ai beni importati). L’effetto di ciò è sotto gli occhi di tutti: un’Europa a due velocità. Da un lato, alcuni paesi – in testa la Germania – che praticano politiche di contenimento della spesa pubblica e dei salari, e che per questa via tengono a freno la domanda interna, i prezzi e le importazioni. Questi paesi praticano sostanzialmente politiche commerciali aggressive e accumulano avanzi delle bilance commerciali. Dall’altro lato, i paesi “periferici” – tra cui la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e la stessa Italia – i quali subiscono gli effetti delle politiche restrittive, registrando disavanzi crescenti della bilancia commerciale e crisi occupazionali, con ampi effetti negativi sulle condizioni della finanza pubblica. A cospetto di questo scenario, anziché cambiare radicalmente strada, abbandonando le politiche di austerità - come una parte consistente dell’accademia internazionale invita a fare, ad esempio la “Lettera” sottoscritta da oltre 250 economisti nel giugno scorso (www.letteradeglieconomisti.it) - l’Europa ha piuttosto accentuato il suo profilo “rigorista”, rendendosi disponibile ad aiutare i paesi oggetto di attacchi speculativi solo in cambio di aspre politiche restrittive, nonché prevedendo sentieri di abbattimento del debito pubblico (verso il rapporto debito/Pil al 60%) che porteranno al lastrico i paesi periferici e alla loro “colonizzazione” da parte delle forti aree centrali.
Il governo italiano non sta certo ostacolando questi processi. Anzi, ha condiviso l’impostazione di politica economica restrittiva proposta dalla Germania, limitandosi a porre il tema della rilevanza della dimensione del debito privato per la definizione degli indicatori di stabilità delle condizioni finanziarie. Il recente Documento di Economia e Finanza (DEF) per il 2011 conferma la linea del governo italiano e rinuncia di fatto a qualsiasi ipotesi di rilancio dell’economia nazionale.
Nel DEF, infatti, il governo annuncia di volere ridurre significativamente il rapporto tra debito pubblico e Pil, grazie ad una progressiva crescita dell’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite pubbliche, interessi sul debito a parte). L’obiettivo è abbattere il rapporto debito/Pil dall’attuale 120% al 112,8% nel 2014. E ciò affiancando alla correzione dei conti realizzata con il decreto 78/2010 (che impatta per 12 miliardi di euro nel 2011 e 25 miliardi nel 2012 e 2013) ulteriori manovre restrittive (tagli alla spesa o maggiori entrate) per circa 18 miliardi di euro nel 2013 e circa 35 miliardi nel 2014, anno nel quale dovrebbe raggiungersi il pareggio di bilancio. Con una prospettiva di questo genere non possono esserci grandi prospettive di rilancio economico. E questo per il semplice fatto che – come insegna la tradizione teorica keynesiana e direi anche la Storia – le politiche fiscali restrittive riducono la domanda complessiva di beni e servizi, impattando su una economia già asfittica (le previsioni del governo sono di una crescita del Pil nei prossimi anni appena superiore all’1%), frenando l’attività produttiva, con pesanti ripercussioni sui livelli occupazionali. Per di più le manovra di abbattimento del debito proposta dal governo si guarda bene dall’accompagnarsi ad una redistribuzione dei carichi fiscali dal lavoro ai profitti e alle rendite. Un meccanismo questo che - al di là delle considerazioni di giustizia sociale - potrebbe attenuare la caduta della domanda aggregata e quindi gli effetti recessivi del “risanamento”.
A queste condizioni le uniche prospettive di crescita economica ed occupazionale risultano affidate dal governo al cosiddetto Programma nazionale di riforma. Il Programma comprende un mix di politiche che secondo il governo dovrebbero rendere sempre più competitiva la nostra economia: il federalismo fiscale e un complessivo riordino del sistema fiscale, misure finalizzate ad accentuare la concorrenza, la riforma (leggi: tagli) del sistema scolastico e universitario, l’ulteriore flessibilità (leggi: precarietà) del mercato del lavoro, la riforma della pubblica amministrazione. Ebbene, stando al governo queste discutibili “riforme” avrebbero un impatto positivo pari allo 0,4% annuo del Pil per il quadriennio 2011-2014, allo 0,3% annuo per il triennio 2015-2017 e a uno 0,2% annuo per il triennio 2018-2020. Gli effetti positivi riguarderebbero anche l’occupazione che, sempre grazie a queste riforme, dovrebbe aumentare, nei tre periodi considerati, rispettivamente al ritmo dello 0,3%, dello 0,2% e dello 0,1% annuo. Per di più, le riforme del governo dovrebbero anche migliorare le condizioni della finanza pubblica.
Ma, come è stato rilevato su www.economiaepolitica.it, le conclusioni del governo sui benefici effetti di queste manovre non hanno alcunché di scientifico: si tratta essenzialmente dei sogni del ministro Tremonti. Assolutamente indimostrabili sono, ad esempio, i vantaggi che dovrebbero scaturire dalle azioni di taglio della spesa pensionistica e da ulteriori dosi di flessibilità del mercato del lavoro che, insieme, dovrebbero generare al 2020 una maggiore crescita del Pil (rispetto all’ipotesi di assenza di queste riforme) pari all’1,6%. Al contrario, secondo numerose ricerche scientifiche la caduta del reddito dei lavoratori che scaturisce da questo tipo di misure può generare effetti esattamente contrari. Nella già citata “Lettera degli economisti”, ad esempio, la contrazione della quota dei salari sul Pil viene considerata una delle cause della crisi economica.
A tutto ciò si aggiunge che il nuovo Patto di Stabilità imporrebbe dal 2015 una rapida contrazione del rapporto debito/Pil verso il valore del 60% (in venti anni). Il che significherebbe, utilizzando stime prudenziali, mettere in fila una serie di avanzi primari non inferiori al 3% annuo, con effetti disastrosi per il Paese.
Il governo del nostro Paese non può non vedere che un impianto restrittivo di questo tipo finisce per relegare definitivamente il nostro Paese a un destino di marginalità. Occorre una nuova politica economica per l’Italia e per l’Europa, come chiarito nel recente documento varato da realtà rappresentative del mondo progressista e della sinistra italiana (anche esso pubblicato da www.economiaepolitica.it). Una politica economica che punti sulla stabilizzazione (non riduzione) dei debiti pubblici dei paesi “periferici” e sul contestuale impegno della Banca Centrale Europea nel sostenere il contenimento del costo del debito; sulla europeizzazione parziale dell’emissioni di titoli pubblici; sul rilancio delle politiche espansive nei paesi che registrano avanzi della bilancia commerciale e su una nuova stagione di politiche industriali. Una politica che operi una riforma delle istituzioni economiche europee con l’obiettivo di ripristinare un coordinamento tra politiche fiscali e monetarie e restituirle al controllo democratico dei cittadini. Che investa nello stato sociale e ridefinisca le politiche del lavoro, riducendo il grado di precarietà nei rapporti di lavoro ed incrementando la quota dei salari nel reddito nazionale.

Luigi de Magistris sindaco per Napoli. Appello

Luigi de Magistris sindaco per Napoli
Appello


La battaglia per affermare una nuova politica e una nuova cultura amministrativa a Napoli ha un assoluto rilievo nazionale. Sotto gli occhi dell’opinione pubblica italiana e internazionale, infatti, Napoli sta vivendo in questi anni una gravissima emergenza politica, sociale, economica, ambientale e culturale. Ma Napoli non è soltanto la terza città d’Italia, è anche la capitale del Mezzogiorno, di quella parte d’Italia abbandonata a se stessa e cancellata dalle priorità nazionali nell’ultimo quindicennio di confuse riforme istituzionali e di falso federalismo. I tagli dei trasferimenti e la compressione degli investimenti per il Mezzogiorno, le tante promesse tradite, come la soluzione dell’emergenza rifiuti, svelano l’abisso in cui è caduto il governo Berlusconi, caratterizzato dalla propaganda leghista sulla “questione settentrionale”. È urgente battersi contro questa politica. Non solo per ribadire i fondamentali principi di uguaglianza nei diritti di cittadinanza sull’intero territorio nazionale stabiliti dalla Costituzione, ma anche perché non potrà esserci un reale sviluppo del Paese senza un rilancio del Mezzogiorno.
Questa battaglia non può che partire da Napoli. Il Paese ha bisogno di una nuova politica nazionale per Napoli e la Città ha bisogno di una nuova stagione amministrativa per ispirare quella politica.
Per questo è necessario impedire che la destra conquisti il governo della Città. Tuttavia, battere la destra è necessario ma non sufficiente. Nell’ultimo decennio, infatti, le forze del governo locale hanno raccolto istanze che nulla hanno a che vedere con una prospettiva riformistica. Da visione pragmatica, il riformismo si è trasformato in una mera copertura ideologica per nascondere la reale impotenza nell’interpretare i cambiamenti della società e proporre risposte adeguate. Ora occorre che le forze progressiste e democratiche napoletane mettano in campo una profonda innovazione nei programmi, nei metodi di governo e nella cultura amministrativa. Serve una svolta nella direzione del rigore e della efficienza, della lotta alle clientele, della difesa degli assets pubblici contro le privatizzazioni selvagge, per il rispetto del piano regolatore e il rilancio di una programmazione industriale finalizzata allo sviluppo sostenibile e alla difesa della buona occupazione, per l’energia pulita e contro il ricorso al nucleare, contro gli inceneritori, per la dignità delle periferie, per l’acqua pubblica e la difesa dei ceti deboli minacciati dalla crisi.
Ebbene, noi riteniamo che la candidatura di Luigi de Magistris sia quella maggiormente in grado di ridare voce autorevole ai napoletani nel Paese e impedire la vittoria delle destre in Città. Per queste ragioni, invitiamo tutte e tutti a sostenere la candidatura di Luigi de Magistris sindaco per Napoli.


Primi firmatari:
Dario Fo (premio Nobel per la letteratura), Daniel Cohn-Bendit (ecologista, leader del maggio francese), Giorgio Cremaschi (presidente della Fiom), Paolo Flores D’Arcais (filosofo, direttore di Micromega), Luciano Gallino (sociologo, Università di Torino), don Andrea Gallo (sacerdote), Ferdinando Imposimato (magistrato), Gerardo Marotta (presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Citto Maselli (regista), Giorgio Parisi (fisico, National Academy of Sciences), Franca Rame (attrice e drammaturga), Ermanno Rea (scrittore), Riccardo Realfonzo (economista, Università del Sannio), Paolo Rossi (attore e regista), Gianni Vattimo (filosofo, Università di Torino), Dario Vergassola (attore), Enzo Albano (presidente del Tribunale di Torre Annunziata), Nerino Allocati (avvocato lavorista), Andrea Amendola (segretario generale Fiom Napoli-Campania), Vincenzo Argentato (Fiom Napoli), Gianluca Attanasio (campione italiano di nuoto paralimpico), Enzo Avitabile (cantante e compositore), Davide Barba (giurista, Università del Molise), Oliviero Beha (scrittore e conduttore televisivo), Rosario Boenzi (architetto), Gianfranco Borrelli (filosofo, Università di Napoli “Federico II”), Salvatore Borsellino (Movimento delle Agende Rosse), Massimo Brancato (coordinatore nazionale Fiom Mezzogiorno), Alberto Burgio (filosofo, Università di Bologna), Antonio Capuano (regista), Antonio Casagrande (attore, regista), Sergio Caserta (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra), Dario Castaldi (Rsu Fiom Alenia Capodichino), Salvatore Cavallo (Rsu Fiom Ansaldo Trasporti), Domenico Ciruzzi (avvocato penalista), Giancarlo Cosenza (urbanista), Ciro Costabile (produttore artistico), Lilia Costabile (economista, Università “Federico II” di Napoli), Ettore Cucari (presidente della Federazione Imprese Viaggi e Turismo), Wanda d’Alessio (giurista, Università “Federico II” di Napoli), Riccardo Dalisi (architetto, artista), Antonio D’Auria (sindacalista CGIL Atitech), Rosaria De Cicco (attrice), Gigi De Falco (presidente Italia Nostra Campania), Michele Della Morte (costituzionalista, Università del Molise), Giuseppe della Pietra (giurista, Università di Napoli Parthenope), don Vitaliano Della Sala (parroco della Chiesa madre di Mercogliano), Marinella de Nigris (avvocato), Francesco De Notaris (Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia), Giancarlo de Vivo (economista, Università “Federico II” di Napoli), Antonio Di Luca (operaio FIAT Pomigliano), Lucia di Pace (linguista, Università di Napoli “l’Orientale”), Guido Donatone (presidente Italia Nostra sez. “A. Iannello”), Eugenio Donise (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra), Luciano Ferrara (fotografo), Nino Ferraiuolo (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra), Paola Giros (Presidente direttivo Fiom Napoli), Enzo Gragnaniello (cantante e compositore), Giovanni Impastato (Centro Documentazione Antimafia Peppino Impastato), Bruno Jossa (economista, Università di Napoli “Federico II”), Peppe Lanzetta (attore e scrittore), Lucio Leombruno (avvocato), Ugo Marani (economista, presidente Ires-Cgil Campania), Sergio Marotta (giurista, Università Suor Orsola Benincasa di Napoli), Maurizio Mascoli (Fiom Campania), Claudio Massari (ispettore editoriale), Anna Mazza (presidente associazione il popolo viola), Loris Mazzetti (giornalista, scrittore), Emilio Molinari (Contratto mondiale sull’acqua), Andrea Morniroli (operatore sociale), Salvatore Morra (Rsu Fiom Whirlpool), Enzo Morreale (Comitato Civico di San Giovanni a Teduccio), Walter Palmieri (storico, CNR), Rosario Patalano (economista, Università “Federico II” di Napoli), Francesco Percuoco (Rsu Fiom FIAT Pomigliano), Ciro Pesacane (forum ambientalista), Mario Pezzella (filosofo, Scuola Normale Superiore di Pisa), Raffaele Porta (biochimico, Università “Federico II” di Napoli), Giuliana Quattromini (avvocato lavorista), Giulio Raio (filosofo, Università di Napoli l’Orientale), Carla Ravaioli (saggista, ambientalista), Diego Risi (Rsu Fiom IBM Napoli), Giorgio Salerno (direttore Istituti di Cultura italiani all’estero), Tommaso Sinigallia (direttore libreria Ubik), Massimo Squillante (matematico, Università del Sannio), Carlo Starace (imprenditore), Salvatore Vitagliano (artista).

Altro che case, a Napoli est occorre ripristinare le condizioni per lo sviluppo

Altro che case, a Napoli est occorre ripristinare le condizioni per lo sviluppo
di Riccardo Realfonzo
Il Corriere del Mezzogiorno, 9 aprile 2011

Caro direttore,
dopo avere già concesso la costruzione di oltre 600 case a Bagnoli, la settimana scorsa la giunta comunale partenopea ha approvato un piano con cui dà il via alla costruzione di 850 case nell’area della ex Manifattura tabacchi, nella zona orientale di Napoli. Questa non è che una delle tante delibere che il prossimo sindaco di Napoli dovrebbe subito revocare. Il punto infatti è che la difesa degli interessi dei costruttori napoletani - che tanto sembra stare a cuore alla giunta in carica - non si concilia affatto con la ripresa dell’economia partenopea. A Napoli est non si tratta di costruire nuove case e centri commerciali. Si tratta piuttosto di risanare il territorio e rilanciare lo sviluppo del sistema produttivo. Occorrerebbe, insomma, ricominciare finalmente a ragionare con la parte sana dell’imprenditoria napoletana e mettere in atto un insieme di politiche pubbliche atte a ricreare le condizioni per una ripresa delle attività produttive e della occupazione di qualità. Naturalmente, in un quadro di compatibilità con quell’area urbana, che già ha subito sufficienti razzie, e iniziando con il sostenere le imprese che operano nella zona (ad esempio il distretto dell’elettrodomestico).
Quello di Napoli est è solo un esempio del diverso metodo di governo che l’amministrazione comunale dovrebbe mettere in campo: non più inseguire interessi particolaristici e realizzare interventi disconnessi e privi di una qualsiasi logica di insieme, bensì ripristinare le condizioni dello sviluppo. Il che significa anche realizzare una diversa politica dei fondi europei, evitando gli impieghi clientelari e “a pioggia”, e concentrando i fondi per innescare processi virtuosi nel territorio. Ma per tornare a riflettere su una nuova politica dello sviluppo per Napoli, ragionando di questioni concrete e non di aria fritta, occorrerebbe preliminarmente affrontare e risolvere due gravi ostacoli al dispiegarsi delle politiche comunali.
Il primo è quello del buco di bilancio del Comune. Va da sé, infatti, che un Comune che non riesce a riscuotere le entrate e che registra ritardi dei pagamenti di tre anni, più che rappresentare uno strumento di crescita si rivela una palla al piede per l’economia locale. Per non tacere del fatto che lo stato drammatico in cui versa il sistema delle società comunali che gestiscono i servizi pubblici locali – dalla raccolta dei rifiuti al sistema dei trasporti – è in buona misura figlio della crisi del bilancio comunale. Parlare di sviluppo in una città priva di un sistema minimo di servizi pubblici non ha senso. Per questo non ci può essere una nuova politica di sviluppo senza una svolta nella direzione del rigore amministrativo per la difesa del pubblico, che punti sull’efficienza, sulla lotta senza quartiere all’evasione fiscale e che combatta gli sprechi di risorse finanziarie e umane.
Il secondo ostacolo è relativo all’inadeguatezza dell’assetto istituzionale. Mi riferisco al fatto che l’area metropolitana di Napoli è amministrata solo in parte dal Comune di Napoli e la presenza di una molteplicità di Comuni comporta, in un quadro di generale scoordinamento, ad esempio per quanto attiene ai servizi pubblici, una tanto costosa quanto inefficiente moltiplicazione di appalti e società concessionarie. La questione della “città metropolitana” è ineludibile per ridisegnare un programma di sviluppo di ampio respiro per Napoli. Per questo occorre che si avvii un percorso istituzionale analogo a quello intrapreso per Roma Capitale (con la legge 42 del 2009), discutendo con il governo la ridefinizione dei sistemi di governance e le risorse finanziarie che serviranno, anche in sede transitoria.
Certo, si tratta di sfide “alte”: rifondare una cultura della legalità e della efficienza; discutere una revisione dei sistemi di coordinamento tra le istituzioni. Ma si tratta di problemi ineludibili per rilanciare lo sviluppo a Napoli. Le forze progressiste e democratiche napoletane dovrebbero saper coniugare questi temi con la spinta solidaristica, e trovare il coraggio di cambiare. D’altronde una discontinuità nella cultura amministrativa napoletana è indispensabile per tornare a cullare il sogno di una Napoli europea.

Per una nuova politica economica in Europa

Per una nuova politica economica in Europa
di Sergio Cesaratto, Carlo D’Ippoliti, Sergio Levrero, Riccardo Realfonzo e Antonella Stirati
Economia e Politica, 24 marzo 2011


Da questo documento è stata estratta una dichiarazione favorevole a una nuova politica economica in Europa, sottoscritta dalle seguenti realtà rappresentative del mondo progressista e della sinistra: AltraMente scuola per tutti, Associazione per il rinnovamento della sinistra, Associazione culturale in Movimento, Centro studi Cercare ancora, Fondazione Buozzi, Fondazione Nenni, Lavoro e Libertà, Le nuove ragioni del socialismo, Marx XXI, Network per il socialismo europeo, Socialismo 2000.

Cara Sel, l'alternativa è de Magistris


Cara Sel, l'alternativa è de Magistris
di Riccardo Realfonzo
il manifesto, 22 marzo 2011

La definizione delle alleanze per le comunali napoletane rischia di gettare un’ombra sul percorso, nazionale e non solo campano, di Sinistra ecologia libertà. Il punto è che - accantonate per brogli le primarie, con l’uomo di Bassolino che aveva incassato il maggior numero di voti - Sel si è trovata a scegliere tra due candidati a sindaco: il prefetto Mario Morcone, espresso dal Pd, e l’europarlamentare Luigi de Magistris, sostenuto da Idv e Federazione della Sinistra. Una scelta che i dirigenti locali di Sel si sono ben guardati dall’effettuare apertamente, rinviando alla consultazione degli iscritti, e che si è chiusa con la partecipazione di meno di un terzo di essi e la decisione di puntare sul candidato del Pd. Ebbene, per chi in questi anni ha seguito da vicino le vicende partenopee - guardando a Sel come a una delle forze in grado di battersi per un cambiamento nella direzione del progresso, della giustizia, della difesa dei lavoratori, dei beni comuni - questa è una pagina triste.
La contrapposizione tra i due candidati in seno al centrosinistra riflette, infatti, l’alternativa tra la continuità rispetto alla cupa esperienza amministrativa del duo Bassolino-Iervolino e una forte discontinuità all’insegna dei valori per i quali Sel sin qui si è battuta. Quanto ho appena affermato è politicamente ovvio. È chiaro infatti che il candidato del Pd, Morcone - figura stimabile sul piano personale - scaturisce da un compromesso nel quale i fautori di Bassolino hanno fatto la parte del leone grazie ai voti incassati alle primarie. Non è un caso che Umberto Ranieri, secondo più votato alle primarie e protagonista di una battaglia per il ricambio della classe dirigente locale del Pd, abbia disertato la presentazione della candidatura di Morcone. Al tempo stesso, la stagione di governo di Bassolino ha segnato un arretramento secco per la società campana. Basti pensare alle vicende giudiziarie, allo scandalo dei rifiuti e alla crisi economica che in Campania si è manifestata più grave che altrove, con conseguenze drammatiche per i giovani e i deboli. A seguito della mia esperienza di assessore al bilancio del Comune di Napoli - durata tutto il 2009 e chiusasi con le dimissioni - posso testimoniare che, per quanto parte della sinistra volesse voltare pagina, l’amministrazione Iervolino si è distinta per politiche clientelari, spreco di risorse e opacità dei conti. Ovviamente, Morcone non ha responsabilità a riguardo, ma la sua candidatura non nasce certo all’insegna di una autocritica del Pd napoletano, per anni inutilmente commissariato.
Dall’altro lato, la candidatura di de Magistris è venuta fuori nel segno chiaro della discontinuità. Le sue posizioni a favore dell’acqua pubblica e dei beni comuni, della solidarietà, della difesa del piano regolatore contro gli speculatori e contro l’inceneritore nella zona orientale di Napoli parlano chiaro, e sono in linea con le posizioni tradizionali di Sel. Si presentano per giunta in termini credibili, come confermeranno gli operai di Pomigliano che hanno visto de Magistris, e non certo gli uomini del Pd, schierarsi in loro difesa. Non potrà quindi stupire che buona parte dell’elettorato di Sel e della intellettualità napoletana sosterrà il tentativo di de Magistris.
Certo, qualcuno argomenterà che la curiosa scelta di Sel è coerente con la strategia delle alleanze nazionali di Nichi Vendola. Ma la vicenda napoletana mostra che una alleanza “sempre e comunque” con il Pd rischia di immolare i contenuti programmatici di Sel alla stregua di una vittima sacrificale.

Presentazione del libro "Robin Hood a Palazzo san Giacomo". Con Cantone, Barbagallo e Giannola


Martedì 15 marzo, alle ore 18,00, presso la libreria Feltrinelli di Piazza dei Martiri, si terrà un dibattito sul libro “Robin Hood” a Palazzo San Giacomo. Le battaglie di un riformatore al Comune di Napoli. Ne discuteranno con l’autore: lo storico Francesco Barbagallo, il magistrato Raffaele Cantone e il presidente della Svimez Adriano Giannola. Modererà Ottavio Ragone (Repubblica).

Le miserie di Palazzo San Giacomo


Le miserie di Palazzo San Giacomo
di Rita Pennarola
La voce delle voci, anno XXVIII, n. 3, marzo 2011

E Realfonzo si schiera: sosterrò De Magistris, ci tira fuori dalla palude

E Realfonzo si schiera: sosterrò De Magistris, ci tira fuori dalla palude
di R.P.
Corriere del Mezzogiorno, 1 marzo 2011

Riccardo Realfonzo, l’economista ed ex assessore al bilancio del Comune di Napoli, autore del libro Robin Hood a Palazzo San Giacomo, fa outing. Sosterrà Luigi de Magistris.
E perché non un Prefetto come Morcone?
È difficile commentare, anche perché non siamo nemmeno certi di non trovarci di fronte a una ennesima boutade. Ma, francamente, dopo la prova amministrativa disastrosa di questi anni e la triste vicenda delle primarie, ci aspettavamo una assunzione di responsabilità da parte del Pd. Una candidatura eccellente o magari un passo indietro. E, invece, la sensazione è che per salvare l’unità del partito, si sia fatto un gran lavoro per trovare un compromesso al ribasso, che metta d’accordo il Pd locale, dilaniato com’è dal conflitto tra bassoliniani e antibassoliniani. Ebbene, pare che questo tentativo si spinga addirittura sino al punto di indicare come candidati figure magari anche dignitose, e dal curriculum non trascurabile, ma del tutto sconosciute ai napoletani e prive di una qualsiasi immagine e profilo politico.
Per lei l'alternativa è De Magistris?
Mi pare evidente che, nella palude della politica partenopea, l’unico vero segnale positivo venga dalla disponibilità a candidarsi di Luigi de Magistris. Credo che si tratti di una occasione che la società civile napoletana non possa farsi sfuggire. Quella di De Magistris si presenta, infatti, come una candidatura autorevole e credibile, in grado di riunificare il centrosinistra e riaccendere le speranze dei cittadini.
Comunque un magistrato.
Mi pare che finché tutta la coalizione esortava Raffaele Cantone a scendere in campo nessuno avesse espresso perplessità nel candidare un magistrato. In ogni caso, io penso che la vicenda professionale di de Magistris, come magistrato, e più recentemente la sua vicenda politica, come europarlamentare e presidente della commissione di controllo del bilancio europeo, forniscano garanzie sul fatto che con lui sarebbe finalmente affrontata il più grave problema che ha afflitto la politica cittadina: la “questione morale”. Con de Magistris le vecchie pratiche clientelari andrebbero finalmente in soffitta. E penso che di questo sarebbero consapevoli anche tantissimi elettori del Pd e forse anche quei pezzi della nomenclatura locale del Pd che sono stufi dei continui compromessi al ribasso.
Sta dicendo che con Morcone rappresenta la vecchia politica?
Io non metto in discussione il curriculum di Morcone, ma il punto è che non siamo in presenza di un personaggio pubblico che mette in gioco la sua storia, come sarebbe stato il caso di una Lucia Annunziata o di un Raffaele Cantone. Qui saremmo in presenza di una candidatura nata da una operazione politica discutibilmente compromissoria, e che dovrebbe fare sempre i conti con le pressioni del vecchio sistema che non intende mollare. Insomma, non abbiamo garanzie che la stagione della politica clientelare venga definitivamente archiviata. Al contrario, de Magistris è da anni in prima fila per la battaglia della legalità. E i cittadini lo hanno compreso, se è vero che alle europee è stato il secondo più votato d’Italia, dopo Berlusconi. Insomma, si tratta di una figura in grado di raccogliere intorno a sé le forze positive della città e dare vita a un progetto amministrativo all’insegna della buona amministrazione, del rigore nel pubblico per la difesa del pubblico, del progresso, della solidarietà. Aprendo a un salutare ricambio della classe dirigente.

Napoli, non solo camorra. È il clientelismo che governa

Napoli, non solo camorra. È il clientelismo che governa
di Enrico Pugliese
Liberazione, 23 febbraio 2011

Il libro di Realfonzo è la cronaca della sua breve esperienza di assessore al bilancio al Comune di Napoli e del suo epilogo con la rottura con il sindaco Rosa Russo Iervolino. Il volume, dopo una anteprima partenopea, uscirà nel mese prossimo col titolo Robin Hood a Palazzo San Giacomo. Le battaglie di un riformatore al Comune di Napoli per l’editore Tullio Pironti (pp.195, euro 12, al momento acquistabile sul sito della casa editrice). La storia aiuta a comprendere alcuni aspetti del declino – non ancora del tutto consumato – della esperienza bassoliniana a Napoli, della quale la ormai lunga stagione di Rosa Russo Iervolino fa parte. Il titolo parte da un commento della Iervolino – riportato dalla stampa locale – sulle dimissioni di Realfonzo: “L’ira della Iervolino: Realfonzo credeva di essere un Robin Hood” (Corriere del Mezzogiorno).
In passato i tecnici e le personalità di cultura che hanno fatto parte del governo bassoliniano di Napoli e della Campania, quando hanno valutato l’impossibilità di portare avanti il progetto sul quale avevano investito, se ne sono andati senza troppi commenti, quasi in silenzio. Realfonzo, invece, ha voluto dare una forte risonanza alla sua scelta. Non è questione di carattere: credo che questa scelta esprima una nuova fase di calo della fiducia nell’amministrazione di centro sinistra e dell’asse Bassolino-Iervolino. La scelta di Realfonzo si innesta in una più generale situazione di delusione e in un contesto di oggettivo peggioramento del funzionamento della macchina amministrativa, ma anche della degenerazione del blocco di potere che ha retto fino a poco tempo addietro l’amministrazione provinciale e regionale di Napoli e della Campania e che rischia di determinare un insuccesso anche nella città.
Il libro ha inizio con la telefonata, quasi a sorpresa, del sindaco Iervolino che propone all’autore di fare l’assessore. I patti all’inizio sembrano chiari. Realfonzo fa dure critiche all’operato della giunta. La Iervolino sembra accettare le suo proposte. Ma fin dall’inizio qualcosa che non va nell’attribuzione delle deleghe, che sono la sostanza dell’assessorato. Il nostro si accorge che manca quella ai fondi europei, che rappresenta un grande flusso di denaro e quindi di potere. E qui si innesta un pezzo di storia che aiuta a comprendere il funzionamento del blocco di potere clientelare che governa Napoli. Nel racconto dettagliato e minuzioso c’è una parte che riguarda l’assessore Cardillo, costretto alle dimissioni con accuse di malversazioni piuttosto pesanti. Realfonzo dovrebbe prenderne (e in sostanza ne prende ) il posto ma si rende conto che l’entourage di questo personaggio è ancora tutto lì. Si sente assediato. La moralizzazione sbandierata con le forzate dimissioni di Cardillo non si vede. Tanto più che questi non esce affatto dalla scena. Realfonzo se lo ritrova direttore della Stoa.
Un grande merito del libro è quello di portare avanti un’analisi della gestione del comune di Napoli senza grandi riferimenti alla criminalità organizzata: alla camorra. Non lo dico affatto con ironia: si tratta davvero di un merito. Realfonzo denuncia le pratiche clientelari che caratterizzano la gestione della macchina comunale e – aggiungo io – anche la macchina della regione. Il caso dell’assessore al bilancio è rappresentativo della potenza paralizzante di questa macchina. Essa impedisce il buon governo dell’amministrazione con favoritismi, irregolarità e sprechi senza aver alcun bisogno dell’impegno della criminalità organizzata. È importante, se si vuol capire Napoli e il Mezzogiorno, distinguere i due fenomeni: il clientelismo e le pratiche camorristiche, delinquenziali in senso stretto. La letteratura recente su Napoli le ha identificate o – peggio ancora – si è soffermata sulle violenze, i ricatti e le prevaricazioni dando alla criminalità organizzata un ruolo onnipresente e onnipotente, riducendo tutto alla sua responsabilità. In questo modo i funzionari corrotti, clientelari o semplicemente incapaci, vengono automaticamente assolti o ritenuti una rotella nell’ingranaggio della macchina camorristica. Essi invece agiscono in collusione con tutti (imprese incensurate, imprese camorriste, professionisti legati al potere locale, imbroglioni e basta) senza bisogno di alcuna mediazione. Ed è con questa macchina che si è scontrato Realfonzo.
Come si è arrivati a tutto ciò? Come si è passati dal rinascimento napoletano alla rotta dell’esperienza Bassolino-Iervolino? Vezio De Lucia, nel raccontare di recente la sua esperienza di assessore a Napoli, ha notato come con la nascita e la gestione delle società miste si siano determinate le condizioni per la crescita di un nuovo sistema clientelare. E in merito al funzionamento di alcune di queste entra anche Realfonzo, mostrandone il carattere clientelare, l’inefficienza, le corruttele e gli sprechi, aggravati dall’odiosa pratica di difenderne le attività con la scusa di voler difendere i lavoratori occupati. Ma c’è qualcosa di più complesso. C’è la formazione di un blocco di potere complicato e per molti versi trasversale. Per dirla brutalmente, ci sono i rapporti con la vecchia DC di De Mita e con residuati del PSI di Craxi. L’area bassoliniana non poteva fare a meno, per avere una maggioranza solida, di imbarcarli. Molte scelte che riguardano il sistema socio-sanitario campano, si possono comprendere solo se si tiene conto di questo. E anche per quel che riguarda il comune il processo è analogo. Chi porta voti pretende rappresentanza e ruoli di potere. E se chi porta voti è corrotto o incapace pretende con ancora più forza. A mio avviso questo meccanismo si è andato progressivamente estendendo man mano che si riduceva il carisma di Bassolino e la capacità di tenuta di Rosa Iervolino. Con l’indebolimento della leadership non solo “gli altri” sono diventati più potenti, ma molti dei “nostri”, se con questa parola si intende la sinistra (compresa quella radicale), sono entrati nel blocco di potere e nello stile di gestione clientelare.
Per inciso in questo forse trovo qualche punto di dissenso con l’autore. Non che egli non si renda conto della trasversalità di questo blocco di potere, ma lascia forse troppo sullo sfondo il quadro politico. C’è forse stata una sottovalutazione del contesto nell’accettare la nomina ad assessore. E qui si pone un problema. Chi sorregge ormai un assessore comunale o ragionale in una battaglia.? E’ ovvio che da solo non ce la fa: non ce la può fare. Ci vogliono ben altre forze, ben altri sostegni popolari, per portare avanti un progetto riformatore.

Il Robin Hood della politica


Riccardo Realfonzo: il Robin Hood della politica
di Enza Nunziato
Il Sannio, 23 febbraio 2011

Oggi, presso l’Università del Sannio (in piazza Guerrazzi, alle 16,00), si terrà la presentazione del libro di Riccardo Realfonzo “Robin Hood a Palazzo San Giacomo” (Pironti). Il libro descrive l’esperienza di Realfonzo come assessore al bilancio del Comune di Napoli, dal gennaio al dicembre 2009. Una esperienza caratterizzata da numerosi conflitti e conclusasi con le dimissioni di Realfonzo e i suoi attacchi di clientelismo alla gestione politica del sindaco Iervolino. La vicenda ha fatto molto discutere i media, dal momento che la critica al sistema di potere bassoliniano questa volta è provenuta da un studioso noto - ordinario presso l’Università del Sannio ed editorialista del Sole 24 Ore – che per di più in passato è ha lavorato in Industria 2015, con Bersani, e poi, come consigliere economico, con Vendola.
Professore, può dirci quale è stato il tentativo che lei ha compiuto al Comune di Napoli?
“Quando sono stato nominato assessore al bilancio a Napoli, come tecnico, nel gennaio 2009, ho provato ad aggredire due problemi gravissimi: la disastrosa situazione dei conti del Comune e l’inefficienza complessiva del sistema delle società partecipate del Comune, che erogano i servizi pubblici fondamentali. Sul primo versante, ho messo in campo una azione di verità sui conti, di lotta ai debiti fuori bilancio, di taglio degli sprechi. Sul secondo versante, ho stretto i controlli sul sistema delle partecipate e ho provato ad avviare una azione di riduzione del numero dei consiglieri di amministrazione e di sostituzione di figure inadeguate, spesso designate dai partiti, con tecnici qualificati. Ho anche tentato di affrontare una serie di questioni nell’intento di abbattere i costi dei servizi, a cominciare dalla raccolta dei rifiuti, e migliorarne la qualità”.
Intenti sicuramente lodevoli, e poi cosa è successo?
“Intanto mi lasci dire che io cercavo di rendere concreto il mio slogan “rigore nel pubblico per la difesa del pubblico”. Il che poi significava tenere i servizi fondamentali in mano pubblica, evitando le privatizzazioni, ma tentando di abbattere i costi e migliorare la qualità dei servizi da erogare ai cittadini. In ogni caso, il fatto è che dopo i primi mesi, in cui il sindaco Iervolino sembrava appoggiare la svolta politica, e dopo alcuni risultati positivi, la mia azione è stata in tutti i modi ostacolata. Addirittura, i controlli elementari che avevo posto in essere rispetto alle società partecipate del Comune, nell’ambito della disciplina del “controllo analogo” erano sistematicamente aggirati da numerosi amministratori. Come ho documentato nel libro, alle mie richieste non veniva dato risposta. E la cosa più clamorosa è che erano gli stessi vertici dell’amministrazione comunale a dare disposizioni di non dare seguito alle mie richieste. Eloquente è anche la vicenda della battaglia per l’acqua pubblica. Anche in questo caso, nonostante l’approvazione di una importante delibera in Consiglio Comunale, andai a sbattere contro un muro di gomma”.
E quindi?
“E quindi, dapprima tentai di fare leva sulle forze che mi appoggiavano in Consiglio Comunale, poi denunciai gli ostacoli che incontravo alla stampa. Alla fine la cosa più coerente da fare è stata rassegnare le dimissioni”.
Quale è lo scopo del suo libro?
“Chiarire inequivocabilmente ai cittadini, in primo luogo ai napoletani e ai campani, quale sia stata la parabola negativa del sistema bassoliniano e iervoliniano, con l’obiettivo di suscitare la consapevolezza della necessità di una svolta, di un cambiamento profondo. Con questa malapolitica Napoli, la Campania e il Mezzogiorno non potranno imboccare la via del rilancio economico e sociale. La questione morale pesa troppo, pesa come un macigno. Serve una svolta di buona politica e progressista; è necessario che, a cominciare dal Comune di Napoli le forze di centrosinistra ritrovino lo slancio necessario per proporre una discontinuità credibile, di uomini e di programmi”.
E lei?
“Io continuo a svolgere con entusiasmo il mio lavoro di docente universitario, qui, presso l’Università del Sannio, ormai da quasi venti anni”.

Le altre pubblicazioni scientifiche di Riccardo Realfonzo

Le altre pubblicazioni scientifiche di Riccardo Realfonzo


1. Monografie e curatele

Robin Hood a Palazzo San Giacomo, Le battaglie di un riformatore al Comune di Napoli, Pironti, Napoli, 2010.
Qualità del lavoro e politiche per il Mezzogiorno. Per una nuova legislazione del lavoro in Campania, a cura di R. Realfonzo, Franco Angeli, Milano, 2008.
L’economia della precarietà, a cura di P. Leon e R. Realfonzo, Manifestolibri, Roma, 2008, isbn 987-88-7285-553-9.
Lavoro, occupazione e Centri per l’impiego, a cura di G. Natullo, R. Realfonzo e R. Santucci, Aracne, Roma, 2007.
Sviluppo dualistico e  Mezzogiorni d’Europa, a cura di R. Realfonzo e C. Vita, Franco Angeli, 2006.
Rive Gauche. La critica della politica economica e le linee programmatiche delle coalizioni progressiste, a cura di S. Cesaratto e R. Realfonzo, ManifestoLibri, Roma, 2006.
The Monetary Theory of Production, a cura e con Introduction di R. Realfonzo e G. Fontana, Macmillan, London, 2005.
Formazione e lavoro: l’efficacia dei nuovi strumenti giuridici e istituzionali, a cura di R. Realfonzo e L. Zoppoli, Feltrinelli, Milano, 2003.
Money and Banking. Theory and Debate, with an Introduction by J. King, Edward Elgar, Cheltenham (UK) and Northampton (USA), 1998.
G. Del Vecchio, Lineamenti di teoria monetaria, a cura di R. Realfonzo, Utet, Torino, 1997.
Moneta e banca. La teoria e il dibattito, ESI, Napoli, 1996.
M. Fanno, Teoria del credito e della circolazione, a cura di A. Graziani e R. Realfonzo, ESI, Napoli, 1992.

2. Saggi in riviste e capitoli di libri

“EPL, consumption and unemployment: A critical assessment of labour market flexibility and two-tier regimes", (with A. Pacella and G. Tortorella Esposito);.
“The Employment Protection Controversy in the Years of Labour Market Reforms” (Pacella-Realfonzo-Tortorella Esposito), in esame presso HEI.
 “Does Fiscal Policy Affect the Monetary Transmission Mechanism? A Monetary Theory of Production Response to the NCM Perspective” (with G. Fontana and A. Pacella), in esame presso Metroeconomica;
“Costi ed efficienza dell’amministrazione pubblica italiana nel confronto internazionale” (con A. Viscione), in Rivista giuridica del lavoro, 2015, n. 3, pp. 497-515, ISSN 0392-7229 .
“Monetary Policy Rules and Directions of Causality: A test for the Euro Area” (with E. Brancaccio, G. Fontana and M. Lopreite), forthcoming in JPKE, volume 38, fascicolo 4, issn 0160-3477;
“The Real Effects of a Euro Exit: Lessons from the Past” (with A. Viscione), International Journal of Political Economy, 2015, vol. 44, n. 3, pp. 161-173, issn 0891-1916;
“Augusto Graziani, a Leading Italian Post Keynesian Economist” (with. G. Fontana), History of Economic Ideas, 2015, n. 1, pp. 23-35, issn 1122-8792;
“The Effecs of a Euro Exit on Growth, Employment and Wages” (with. A. Viscione), Levy Economics Institute, working paper n. 840, July 2015, pp. 1-14, ISSN 1547-366X;

“Bagehot Walter” (with A. Pacella), in S. Rossi-L.P. Rochon-M.Vernengo, The Encyclopedia of Central Banking, Edward Elgar, Cheltenham UK and Northampton MA, 2015, pp. 16-18, isbn 978 1 78254 743 3;
“Flessibilità del lavoro e competitività in Italia” (con A. Pacella e G. Tortorella Esposito), in Diritti, lavori, mercati, 2014, 1, pp. 57-86;
“Eurocrisi, il conto alla rovescia non si è fermato” (con A. Viscione), Economia e Politica, dicembre 2014;
Deregolamentare per crescere? EPL, quota salari e occupazione, Rivista giuridica del lavoro, 2013, n. 3, pp. 487-502;
Circuit Theory, in J.E. King, The Elgar Companion to Post Keynesian Economics, Edward Elgar, 2012, pp. 87-92
 “Low wages, consumer credit and the crisis: a monetary theory of production approach” (with G. Forges Davanzati), in E. Brancaccio and G. Fontana (eds), The Global Economic Crisis, Routledge, London and New York, 2011, pp. 144-163 (ISBN: 978-0-415-58661-0);
“The 2007 financial crisis and the great recession: alternative views of key issues. Introduction” (di G. Fontana e R. Realfonzo), History of Economic Ideas, 2011 (1724-2169);
“Note su Antonio Scialoja, tra teoria e politica monetaria”, in P. Barucci, G. Gioli e P. Roggi (a cura di), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, 2009, pp. 183-194, isbn 978-88-89946-44-2;
“Money, capital turnover and the leisure class: Thorstein Veblen’s tips for MTP models”, in J.-F. Ponsot and S. Rossi (eds), The political economy of monetary circuits: tradition and change, Palgrave, 2009, pp. 116-137, (ISBN: 9780230203372 HB);
“Fiscal policy in the monetary theory of production: an alternative to the New Consensus approach”,  Journal of Post Keynesian Economics, 2009, vol. 31, issue 4, pages 605-621;
“Il quadro macroeconomico della provincia di Avellino e le dinamiche in atto nel mercato del lavoro”, di R. Patalano, R. Realfonzo e G. Tortorella Esposito”, in Il mercato del lavoro nel settore enogastronomico della provincia di Avellino, a cura di G. Marotta, G. Natullo, R. Realfonzo e R. Santucci, Aracne, Roma, 2009, isbn 978-88-548-2632-8, pp. 11-76;
“Introduzione” a L’economia della precarietà, a cura di P. Leon e R. Realfonzo, Manifestolibri, Roma, 2008, isbn 987-88-7285-553-9, pp. 7-12;
“Lavoro, precarietà, welfare: quali capisaldi per la ricostruzione di una politica economica”, in L’economia della precarietà, a cura di P. Leon e R. Realfonzo, Manifestolibri, Roma, 2008, isbn 987-88-7285-553-9, pp. 235-240;
“Introduzione” a Qualità del lavoro e politiche per il Mezzogiorno. Per una nuova legislazione del lavoro in Campania, a cura di R. Realfonzo, Franco Angeli, Milano, 2008, isbn 978-88-568-0331-0, pp. 11-15;
“Introduzione” a Qualità del lavoro e politiche per il Mezzogiorno. Per una nuova legislazione del lavoro in Campania, a cura di R. Realfonzo, Franco Angeli, Milano, 2008, isbn 978-88-568-0331-0, pp. 11-15;
“L’Europa a rischio Mezzogiornificazione” (con E. Brancaccio), “in Qualità del lavoro e politiche per il Mezzogiorno. Per una nuova legislazione del lavoro in Campania, a cura di R. Realfonzo, Franco Angeli, Milano, 2008, isbn 978-88-568-0331-0, pp. 17-42;
“Proposta di ipotesi e criteri per l’incentivazione delle imprese ad Alta Qualità del Lavoro” (con altri autori), in Qualità del lavoro e politiche per il Mezzogiorno. Per una nuova legislazione del lavoro in Campania, a cura di R. Realfonzo, Franco Angeli, Milano, 2008, isbn 978-88-568-0331-0, pp. 217-239;
“Incidenti sul lavoro e sistemi produttivi arretrati”, in G. Natullo e R. Santucci (a cura di), Ambiente e sicurezza sul lavoro. Quali tutele in vista del testo unico?, Franco Angeli, Milano, 2008, pp. 129-134;
“Towards a <<continuist>> interpretation of Keynes: Labour Market Deregulation in a Monetary Economy” (con G. Forges Davanzati), in Caserta, M. e Figuera, S. (eds.) Rileggere Keynes. La lezione di John Maynard Keynes a 70 anni dalla pubblicazione della Teoria Generale, Giuffrè, 2008;
"Valutazione della ricerca: esperienze e metodi a confronto. Intervento", Rivista Italiana degli Economisti, n. 2/2007, isbn 978-88-15-11786-1, pp. 315-319;
“Moneta e finanziamento della produzione nei manuali e trattati neo-classici del primo Novecento” (coautore G. Tortorella Esposito), in M.M. Augello e M.E.L. Guidi (a cura di), L’economia divulgata. Stili e percorsi italiani (1840-1922), vol. II, Franco Angeli, Milano, 2007.
“Lavoro sommerso e modello di specializzazione produttiva: quali politiche?”, in Le politiche pubbliche di contrasto al lavoro irregolare, a cura di V. Pinto, Cacucci, Bari, 2007, pp. 49-62.
“The Italian Circuitist Approach”, in P. Arestis and M. Sawyer, A Handbook of Alternative Monetary Economics, edited by P. Arestis and M. Sawyer, Edward Elgar, Cheltenham, 2006, pp. 105-120.
“Conflittualismo versus compatibilismo” (coautore: E. Brancaccio), Quaderni del Dipartimento di Analisi dei Sistemi Economici e Sociali, 2005, n. 7.
“Bank mergers, monopoly power and unemployment. A Post Keynesian-Circuitiste approach” (coautore G. Forges Davanzati), in The Monetary Theory of Production, a cura e con Introduction di R. Realfonzo e G. Fontana, MacMillan, 2005.
“Labour market deregulation and unemployment in a monetary economy” (coautore: G. Forges Davanzati), in R. Arena e N. Salvadori (a cura di), Money, Credit and the Role of the State, Ashgate, Aldershot, 2004, pp. 65-74.
“Moneta, risparmio e ciclo negli scritti di Umberto Ricci”, in P. Bini e A. Fusco (a cura di), Umberto Ricci (1879-1946). Economista militante e uomo combattivo, Polistampa, Firenze, 2004, pp. 145-162.
“Flessibilità, formazione e salario reale contrattato. Gli indesiderati effetti macroeconomici della deregolamentazione”, R.Realfonzo e L. Zoppoli (a cura di), Formazione e lavoro: l’efficacia dei nuovi strumenti giuridici e istituzionali, Feltrinelli., Milano, 2003, pp. 97-106.
“Towards a <<continuist>> interpretation of Keynes: Labour Market Deregulation in a Monetary Economy” (con G. Forges Davanzati), saggio presentato al VII Convegno AISPE, Brescia, 20-22 febbraio 2003.
“Gustavo Del Vecchio: ‘Critical Conscience’ of the Italian Neoclassical School”, in W.J. Samuels (a cura di), Neglected Economists, vol. 2, Elgar, Cheltenham, 2003, pp. 37-58.
“Circuit Theory”, in corso di pubblicazione in J. King (a cura di), Elgar Companion to Post-Keynesian Economics, Elgar, Cheltenham, 2003, pp. 60-64.
“Le banche italiane e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Un quadro sintetico delle problematiche” (coautore: G. Tortorella Esposito), in F. Bencardino e M.R. Napolitano, Economia del software e tecnologie dell’informazione e della comunicazione, Angeli, Milano, 2003, pp. 315-331.
“Money as Finance and Money as Universal Equivalent: Re-reading Marxian Monetary Theory” (coautore: R. Bellofiore), in L.-P. Rochon and S. Rossi, Modern Theories of Money. The Nature and Role of Money in Capitalist Economies, Elgar, Chelthenham and Northampton, 2003, pp. 198-218.
“La teoria monetaria della produzione”, in G. Forges Davanzati, Mercato del lavoro, istituzioni e sviluppo economico. Temi di economia politica, I Liberrimi, Lecce, 2002, pp. 103-109.
“Nitti in Parlamento. <<Democrazia industriale>> e programma <<radicale>> per il Mezzogiorno (1904-1911)” (coautori: G. Forges Davanzati e R. Patalano), in M. Augello e M. Guidi (a cura di), Gli economisti in Parlamento (1861-1922). Una storia dell’economia politica dell’Italia liberale, Angeli, Milano, 2002, vol. 2, pp. 593-613.
“Il sottosviluppo del Mezzogiorno tra teoria economica e dibattito politico-parlamentare nel primo Novecento”, in M. Augello e M. Guidi (a cura di), La scienza economica in Parlamento (1861-1922). Una storia dell’economia politica dell’Italia liberale, Angeli, Milano, 2002, vol. 1, pp. 381-394.
“Sviluppo economico e riproduzione del capitale naturale: posizioni teoriche alternative”, in E. Aloj (a cura di), Sviluppo economico e sostenibilità, RCE Edizioni, Potenza, 2002, pp. 73-78.
“Gli economisti napoletani nel ventennio fascista. Augusto Graziani, Guglielmo Masci, Giuseppe Ugo Papi, Luigi Amoroso”, in A. Croce, F. Tessitore e D. Conte (a cura di), Napoli e la Campania nel Novecento. Diario di un secolo, Edizioni del Millennio, Napoli, 2002, vol. 3, pp. 137-158.
“On Money by Ferdinando Galiani: Notes, Social Accounting and Confidence” (coautore: R. Patalano), History of Economic Ideas, 2001, n. 3, pp. 61-94.
“An Overinvestment (but Anti-Austrian) Explanation of the Turning Points  of the Cycle. Italian Contributions of the Early 20th Century”, History of Economics Review, 2001, n. 33, pp. 17-32;
“Bank Creation of Money and Endogenous Money Supply as the Outcome of the Evolution of the Banking System: Antonio de Viti de Marco’s Contribution”, in L.-P. Rochon e M. Vernengo (a cura di), Credit, Interest Rates and the Open Economy. Essays in the Horizontalist Tradition, Elgar, Cheltenham, 2001, pp. 193-212.
“The Italian Debate on Free Banking (1860-1893)” (coautore: C. Ricci), History of Economic Ideas, 2000, n. 8(3), pp. 25-60.
“Wages, Labour Productivity and Unemployment in a Model of the Monetary Theory of Production” (coautore: G. Forges Davanzati), Économie Appliquée, 2000, n. 4, pp. 117-138.
“Note sulla teoria austriaca del ciclo e gli economisti italiani nel periodo tra le due guerre”, in V. Gioia e H. Kurz (a cura di), Science, Institutions and Economic Development. The Contribution of “German” Economists and the Reception in Italy (1860-1930), Giuffrè, Milano, 2000, pp. 543-560.
“Marx inside the Circuit. Discipline Device, Wage Bargaining and Unemployment in a Sequential Monetary Economy” (coautori: R. Bellofiore e G. Forges Davanzati), Review of Political Economy, 2000, vol. 12, n. 1, pp. 403-417.
“La teoria austriaca del ciclo e gli economisti italiani nel periodo tra le due guerre”, Il pensiero economico italiano, 1999, vol. VII, n. 1, pp. 123-154.
“Political Economy: History”, Encyclopedia of Political Economy, edited by P. O'Hara, Routledge, London and New York, 1999, vol. 2, pp. 828-833.
“French Circuit School”, Encyclopedia of Political Economy, edited by P. O'Hara, Routledge, London and New York, 1999, vol. 1, pp. 398-400.
“Finance and the Labor Theory of Value. Toward a Macroeconomic Theory of Distribution from a Monetary Perspective” (coautore: R. Bellofiore), International Journal of Political Economy, Summer 1997, vol. 27, n. 2, pp. 97-118.
“Introduzione” (coautore: A. Graziani), in G. Del Vecchio, Lineamenti di teoria monetaria, Utet, Torino, 1997, pp. XVII-XXVIII.
“Marx and Money” (coautore: R. Bellofiore), Trimestre, 1996, vol. XXIX, n. 1-2, pp. 189-212.
“Marx in Question: Money and Distribution” (coautore: R. Bellofiore), Quaderni del Dipartimento di Scienze Economiche, Università di Bergamo, 1996, n. 4.
“Il dibattito sulla questione bancaria. Unicità versus pluralità degli istituti di emissione nelle riviste italiane (1886-1893)” (coautore: C. Ricci), Il pensiero economico italiano, 1995, n. 2, pp. 97-132.
“La teoria del salario di efficienza: sviluppi storici e orientamenti metodologici alternativi. Una rassegna critica” (coautore: G. Forges Davanzati), in Aa.Vv., Lavoro, organizzazione e produttività nell'impresa, ESI, Napoli, 1995, pp. 123-157.
“La teoria della banca come organo dei pagamenti a credito di de Viti de Marco”, Storia del pensiero economico, 1995, n. 30, pp. 3-22; anche in A. Pedone (a cura di), Antonio de Viti de Marco, Laterza, Bari, 1995, pp. 161-181.
“L'ultima lezione inedita di Marco Fanno sulla disoccupazione”, Il pensiero economico italiano, 1994, n. 2, pp. 207-228; anche in D. Cantarelli (a cura di), Il magistero scientifico di Marco Fanno tra passato e futuro, Cedam, Padova, 1996, pp. 31-53.
“Natura della moneta e modelli macroeconomici. Il dibattito di inizio secolo”, Annali dell'Università di Benevento, 1994, vol. I, pp. 25-60.
“Moneta e ciclo economico”, Atti della giornata di studio dedicata a Marco Fanno, Mediocredito centrale, Roma, 1993, pp. 19-33.
“Replica alle Considerazioni di Magliulo” (coautore: A. Graziani), Il pensiero economico italiano, 1993, n. 1, pp. 249-252.
“La storiografia sulla teoria economica in Italia tra le due guerre” (coautore: E. Zagari), Il pensiero economico italiano, 1993, n. 1, pp. 191-237.
“La teoria monetaria di Marco Fanno” (coautore: A. Graziani), in M. Manfredini Gasparetto (a cura di), Marco Fanno. L'uomo e l'economista. Saggi, Cedam, Padova, 1992, pp. 81-140.
“Henry Meulen e la tradizione teorica del free banking” (coautore: C. Ricci), con appendice dal titolo “Free banking: una tradizione ininterrotta”, Rivista di politica economica, 1992, n. 5, pp. 75-114.
“La teoria del credito e della circolazione di Marco Fanno” (coautore: A. Graziani), in M. Fanno, Teoria del credito e della circolazione, ESI, Napoli, 1992, pp. XV-LXV.
“La teoria della moneta e del credito di Luigi Lugli”, Studi economici, 1991, n. 44, pp. 81-127;
“La teoria marxiana della moneta”, in E. Zagari, Storia dell'economia politica. Dai mercantilisti a Marx, Giappichelli, Torino, 1991, pp. 452-469;
“Note sul pensiero economico italiano tra le due guerre: la diffusione dell'analisi di Schumpeter”, Nord e Sud, 1991, n. 1, pp. 47-69.
“Un interprete italiano di Schumpeter: Luigi Lugli”, Quaderni di storia dell'economia politica, 1990, n. 2-3, pp. 181-195.
“Una bibliografia ragionata per lo studio dell'influenza di Schumpeter sul pensiero economico italiano (1907-1939)”, Studi economici, 1989, n. 37, pp. 85-124.
“Tra Marx e Keynes, cent'anni dopo”, Quaderni di storia dell'economia politica, 1986, n. 1-2, pp. 327-339.

3. Altre pubblicazioni

Il mercato del lavoro nel settore enogastronomico della provincia di Avellino, a cura di G. Marotta, G. Natullo, R. Realfonzo e R. Santucci, Aracne, Roma, 2009 (isbn 978-88-548-2632-8);
Il quadro macroeconomico della Provincia di Avellino (di R. Patalano, R. Realfonzo e G. Tortorella Esposito), in Il mercato del lavoro nel settore enogastronomico della provincia di Avellino, a cura di G. Marotta, G. Natullo, R. Realfonzo e R. Santucci, Aracne, Roma, 2009, pp. 11-75 ( isbn 978-88-548-2632-8);
Mercato del lavoro, strumenti di conciliazione vita-lavoro e nuove tecnologie della informazione e della comunicazione, a cura di R. Realfonzo, Dases, Università del Sannio, 2006.
Offerta e domanda di lavoro qualificato nella provincia di Benevento, a cura di F. Bencardino, G. Marotta e R. Realfonzo, Centro di Orientamento Permanente della Università del Sannio, Benevento, 2005.



"Robin Hood" a Benevento



Per informazioni consultare la segreteria del Rettore dell'Università del Sannio, prof. Filippo Bencardino: tel. 0824.305001 - e-mail: rettore@unisannio.it

Realfonzo choc: "Napoli sull'orlo del disastro"


Realfonzo choc: “Napoli è sull’orlo del disastro”
di Valerio Ceva Grimaldi
Terra, 18 febbraio 2011

«La Iervolino si lamenta che non ha nemmeno i fondi per permettere l'apertura della nuova fermata della metropolitana di piazza Bovio? È l'esito di una pessima gestione del bilancio comunale ed è naturalmente lei che porta la principale responsabilità politica del disastro dei conti del Comune». È durissimo Riccardo Realfonzo, docente ed economista, nel 2009 assessore al Bilancio nella giunta guidata dall'ex ministro dell'Interno, autore di un graffiante libro sulla sua esperienza amministrativa a Napoli (Robin Hood a Palazzo San Giacomo). Incarico poi lasciato bruscamente. «È noto che io abbia provato a risanare i conti e a mettere in efficienza le società partecipate, tenendole in mano pubblica. Ma non mi hanno permesso di proseguire».
In città si sta tuttora discutendo molto delle primarie. Ma che Comune si troverà ad amministrare il nuovo sindaco?
«La situazione dei conti, dopo gli oltre quindici anni di Bassolino-Iervolino, è disastrosa. Di fatto il Comune è sull'orlo del dissesto. Il prossimo sindaco dovrà attuare intense politiche di risanamento, facendola finita con le gestioni clientelari. Pensi che nel bilancio comunale sono registrati oltre tre miliardi di euro di residui attivi, voci di entrata, soprattutto multe stradali e fitti attivi, per le quali ci sono fortissime difficoltà di riscossione: siamo fermi a poco più del 30% del previsto. Il nuovo sindaco dovrà immediatamente disporre una analisi approndita dei flussi finanziari e dell'effettiva situazione debitoria, in particolare delle società partecipate, come Anm e Metronapoli (trasporti pubblici), Arin (acqua), Asia (rifiuti). Aziende che, per sopperire alla insufficienza di flussi finanziari dal Comune,sono indebitatissime con le banche».
Questa situazione cosa comporta?
«Un ritardo nei pagamenti ai fornitori che sfiora i 3 anni, con conseguenze gravissime, e difficoltà per le società comunali addirittura nel pagare gli stipendi. Se non si affrontano questi nodi con una politica di rigore è impossibile pensare di migliorare i servizi pubblici cittadini, che intanto continuano a peggiorare».
Privatizzare potrebbe essere una soluzione?
«Resto un sostenitore della difesa della “mano pubblica” nei servizi pubblici fondamentali. Ma certo non si può sostenere l'andazzo attuale: bisogna intervenire con politiche di rigore ed efficienza. Altrimenti si fa proprio il gioco degli affaristi».
Belle parole. Ma come si fa?
«Tagliando gli sprechi e migliorando l'efficienza. Un esempio? In Asia, l'azienda dei rifiuti, ci sono circa 300 lavoratori “non idonei”, che hanno prodotto certificati medici per i quali sono inabili al lavoro in strada. Come risultato gli uffici sono affollati, il servizio è scadente ed anche costoso. Nel frattempo si sono fatte assunzioni in altre società e alcuni amministratori lamentano carenze di organico. Ebbene, sarebbe necessario affrontare la politica del personale per le partecipate nel loro insieme. Ma, si sa, le nuove assunzioni portano un facile consenso. Purtroppo, in tutti questi anni le società partecipate sono state utizzate soprattutto per garantire equilibri politici ed assicurarsi consenso. Ebbene, il nuovo sindaco dovrebbe dire finalmente basta».
Intanto, nel milleproroghe è stato aumentato il numero degli assessori: da 12 a 16 per le città con più di un milione di abitanti...
«In questi ultimi mesi a Napoli sono pure aumentati i consiglieri di amministrazione... La verità è che bisognerebbe affrontare la questione morale ed inaugurare una nuova stagione, fatta di politica sana, che pensi effettivamente all'interesse generale. Rimboccarsi le maniche e imprimere una svolta anche nell'organizzazione della macchina comunale. Pensi che quand'ero assessore al Bilancio scoprii che diversi milioni di multe stradali erano andati in prescrizione per ritardi nella stampa dei verbali. Sottoposi la cosa alla attenzione della Corte dei Conti. Ci vorrebbero ottimi amministratori ed anni di lavoro e sacrifici per rimettere il Comune sulla strada giusta».