Rigore nel pubblico per la difesa del pubblico

"Rigore nel pubblico per la difesa del pubblico": questa potrebbe essere una linea intorno alla quale far convergere le forze di centrosinistra e rilanciarne la candidatura al governo nazionale e ai governi locali. Cominciando da Napoli e dalla Campania.

Realfonzo: “Rigore nel pubblico per il rilancio del centrosinistra”

di Gimmo Cuomo

Corriere del Mezzogiorno, 14 giugno 2009

Fin dal suo esordio come assessore-tecnico della giunta Iervolino, l’economista Riccardo Realfonzo non ha fatto mai nulla per nascondere i propri punti di vista, anche quando le sue affermazioni erano fatalmente destinate a far discutere. C’è da giurare che anche alcuni passaggi di questa intervista non passeranno sotto silenzio. E che anzi susciteranno reazioni contrastanti non solo in ambito politico, ma anche e, soprattutto, nel mondo imprenditoriale che, almeno in parte, finisce nel mirino del professore-assessore.
Il ragionamento prende le mosse dal dato elettorale e punta all’individuazione per il centrosinistra di una via di uscita dalla palude in cui è precipitato. «Punto primo», esordisce Realfonzo: «Le ultime elezioni dimostrano inequivocabilmente che la linea della forzatura bipartitica, quella che per capirci avrebbero voluto affermare Berlusconi e Veltroni, è risultata perdente. Si pone dunque il problema di come costruire l'unità nelle forze di centrosinistra che nei prossimi anni si candideranno a guidare il Governo nazionale e quelli locali. La domanda insomma è: come si fa a costruire un nuovo sistema di alleanze?»

Una soluzione vorrebbe forse suggerirla lei?

«Bisogna evitare improbabili modalità di aggregazione come quelle del passato, mostruosità come quella sancita dal programma di duecento pagine. Dobbiamo basarci su poche idee forza sulle quali verificare la compattezza degli accordi di coalizione. Una di queste idee si può racchiudere nello slogan “rigore nel pubblico per la difesa del pubblico”».

Non pensa che potrebbe sottoscriverlo il ministro Brunetta?

«No, anzi credo che proprio questo slogan consenta di distinguere nettamente la nostra azione da quella di Brunetta. Dietro la finta lotta agli sprechi del ministro c'è infatti il tentativo di prosciugare le risorse pubbliche e di creare le condizioni per una nuova ondata di privatizzazioni. L'idea che io propongo è, invece, attuare un'opera di assoluto rigore nella messa in efficienza dell'amministrazione pubblica proprio allo scopo di difendere la stessa amministrazione dalle brame degli speculatori privati a caccia di affari facili».

Chi sarebbero questi speculatori privati?

«Prendo in prestito il titolo dell’ultimo libro del giornalista del Corriere della Sera Sergio Rizzo: “Rapaci”. Si riferisce ai nuovi statalisti di cui teme il ritorno. Per me, invece, i veri rapaci sono gli affaristi privati che hanno guadagnato oltremodo nelle privatizzazioni. E che ora sperano che la crisi finanziaria degli enti locali porti a una nuova stagione di vendita degli asset pubblici».

Tornando al suo slogan?

«“Rigore nel pubblico per la difesa del pubblico”, esprime un concetto importante non solo a livello nazionale, ma soprattutto da noi in Campania e a Napoli. Bisogna essere infatti consapevoli che se non interverrà una vera discontinuità rispetto a quanto avvenuto negli ultimi mesi, prima la Regione, poi il Comune saranno inesorabilmente consegnati al centrodestra».

Discontinuità è una parola molto usata, ma non sempre fornisce la percezione delle soluzioni. Può indicarne qualcuna?

«Ritengo che con la mia azione di governo, in qualità di assessore alle Risorse strategiche del Comune, ho gettato le prime basi per un'amministrazione rigorosa. Ho approntato un bilancio di previsione contro gli sprechi e delibere sul contrasto della pratica dei debiti fuori bilancio e sui controlli sulle partecipate. Penso che ora occorrerebbe che tutti si muovessero in questa direzione. E qui non è sufficiente sostituire una nomenklatura. Qui c'è da costruire una nuova politica basata su precise idee forza. Ora la proposta di discontinuità deve riguardare il merito, i contenuti».

Ancora qualche esempio?

«Propongo una linea alternativa a quella del sindaco di Torino Chiamparino che recentemente ha varato una serie di delibere per la privatizzazione del servizio idrico. Bisogna andare in direzione contraria ».

I dati però dicono che Chiamparino, a differenza degli amministratori napoletani, gode ancora della stima di molti suoi amministrati. E che il sindaco è una delle poche personalità spendibili del Pd a livello nazionale. Non le sembra che il suo giudizio sia un po’ ingeneroso?

«Ammetto che è messo un po' meglio perché la sua realtà è diversa da quella napoletana e perché le amministrazioni napoletane hanno perso qualche occasione di troppo. In ogni caso, resto dell’idea che dovremmo procedere sulla via dell'acqua pubblica, nella direzione indicata dai movimenti e da tanta parte della società civile».

Come commenta il dato reso noto dalla Svimez che evidenzia in Campania il calo del Pil più sensibile d’Italia?

«Quel dato è l’esito della crescente divaricazione tra Mezzogiorno e Centro-Nord, particolarmente avvertita nella regione più industrializzata del Mezzogiorno le cui imprese perdono progressivamente quote di mercato. Non c'è dubbio che occorre utilizzare meglio i fondi europei. E puntare sul rilancio dell'industria».

Si discute di ricette per far quadrare i conti della sanità regionale che conti¬nuano a destare preoccupazione. Il neoassessore Mario Santangelo pensa di trasferire il vecchio Policlinico dal centro storico di Napoli in altre strutture. Lei cosa ne pensa?

«Certamente la sanità pubblica si può gestire meglio, con maggiore rigore. Ma è chiaro che non si può continuare a sottrarre risorse alla sanità pubblica aprendo sempre nuovi spazi a quella privata. Bisogna difendere la sanità pubblica in quanto diritto inalienabile dei cittadini.

Giro di vite sui debiti fuori bilancio. Controlli e sanzioni in vista

Oggi, 4 giugno 2009, la Giunta del Comune ha approvato, su mia proposta, una delibera di contrasto alla formazione dei debiti fuori bilancio. Con questa delibera il Comune fa un altro importante passo verso una amministrazione improntata al rigore e all'efficienza, lungo la strada tracciata con il bilancio di previsione 2009. I debiti fuori bilancio, e dunque la formazione di spese non previste in bilancio, hanno costituito negli anni scorsi una sciagura per il Comune di Napoli: quasi un bilancio parallelo a quello ufficiale, se si pensa che solo nel 2008 il mio predecessore ha visto formarsi quasi cento milioni di debiti fuori bilancio. Nelle condizioni in cui sono le finanze comunali e con il serio rischio che la crisi in atto peserà molto sulle riscossioni occorre tenere saldamente sotto controllo i conti. Per quanto sia consapevole che molte sono le tensioni generate dalla scarsità delle risorse a disposizione del Comune, la stagione del dilagare dei debiti fuori bilancio deve finire. Con questa delibera, per la quale ho avuto il completo appoggio del Sindaco, iniziamo un percorso verso questo risultato.
Per effettuare il giro di vite sui debiti fuori bilancio abbiamo fornito delle indicazioni vincolanti: in primo luogo abbiamo indicato una modalità operativa alla avvocatura per quanto attiene la gestione del contenzioso; in secondo luogo abbiamo fortemente ridimensionato la possibilità dei dirigenti di effettuare spese non previste, giustificate con le formule dell'utilità e dell'arricchimento dell'Ente. Viene anche creato un Comitato che valuterà caso per caso le proposte di riconoscimento dei debiti e sottoporrà i suoi risultati al Consiglio Comunale, al Servizio Ispettivo e alla Corte dei Conti. Abbiamo anche previsto serie sanzioni in caso di inadempienze. I dirigenti che non seguono le indicazioni previste non vedranno infatti riconosciuta l'indennità di risultato, con effetti significativi sul loro reddito. Inoltre, in caso di giudizio negativo del Comitato, le documentazioni verranno sottoposte all'attenzione delle autorità competenti, per le eventuali ulteriori azioni del caso.
Si tratta insomma di una delibera aspra e che forse risulterà indigesta ad alcuni ma che introduce fondamentali criteri di trasparenza del bilancio e che per questo, ne sono sicuro, sarà apprezzata dai cittadini e da quella maggioranza di dipendenti e dirigenti comunali di cui ogni giorno apprezziamo la professionalità. Resta però il nodo della scarsità delle risorse, che sta facendosi sempre più stretto con l'avanzare della crisi economica. Alcune istituzioni comunali, e quella di Napoli è tra queste, hanno fatto il possibile in questi mesi per garantire al tempo stesso politiche eque e di rigore. Ma la situazione è difficile e certo non può essere fronteggiata a livello locale con vecchi espedienti contabili. Occorre piuttosto uscire allo scoperto ed esigere un cambio di passo nell'azione del Governo nazionale, a partire dalla politica di finanziamento degli enti locali, come chiesto a più riprese dall'Anci.

Il caos della tassa Napoli l'abolisce, Bari e Bologna no

Ecco finalmente in basso un buon articolo in cui si chiarisce la posizione del Comune di Napoli in merito all'obbligo di incremento della tassa sui rifiuti (Tarsu) nel 2009 e il futuro passaggio da tassa a tariffa.


Il caos della tassa Napoli l'abolisce, Bari e Bologna no
di Antonella Baccaro

Corriere della Sera, 2 giugno 2009

Odiatissima Tarsu. La tassa sui rifiuti solidi urbani, che ha incendiato gli animi di Palermo, ha compiuto 16 anni ma non pare neanche quest'anno destinata a finire in cantina. La facoltà data ai comuni di passare alla Tia (tariffa integrata ambientale), se entro il 30 giugno il ministero dell'Ambiente non avrà emanato il proprio regolamento sulla tariffa, non sembra entusiasmare le amministrazioni locali. Lo spiega bene l'assessore al Decoro urbano di Milano, Maurizio Cadeo: “Non mi pare il momento di cambiare. Con la crisi attuale ci conviene aspettare per tutelare la gente che reagirebbe male al passaggio al sistema a tariffa”.
Ma perchè la Tia dovrebbe aumentare la pressione sui contribuenti? La risposta sta nella sua struttura: una delle differenze tra la Tarsu e la Tia è che mentre nella prima non c'è l'obbligo della copertura integrale dei costi del servizio, essendo sufficiente che il Comune ne assicuri il pagamento al 50%, nella Tia invece questo obbligo c'è. In pratica sui contribuenti vengono fatti pesare “in toto” i costi dell'organizzazione del servizio, come le quote di ammortamento degli impianti, i costi dello spazzamento delle strade e persino le spese di amministrazione, come gli stipendi del personale d'ufficio, i contenziosi, le perdite finanziarie.
Alla fine il conto da pagare presentato dalla società che gestisce i rifiuti finisce per essere più elevato di quello della Tarsu. Sarà per questo che in due dei Comuni che andranno a elezione nel prossimo fine settimana, Bari e Bologna, di passaggio alla Tia se ne parla con molta cautela: “Ci stiamo lavorando - dice l'assessore al Bilancio del Comune di Bari, Gianni Giannini - : faremo in modo di essere pronti alla scadenza prevista. Noi... o chi verrà dopo di noi”. Quanto al Municipio guidato da Sergio Cofferati, il discorso langue. Ne sa qualcosa la società che gestisce la raccolta dei rifiuti di Bologna, la Hera, che da tempo reclama che si passi alla Tia come è stato già fatto in altri Comuni, come Modena, Rimini e Riccione.
A Napoli, dove l'emergenza rifiuti è ancora molto sentita, il Comune si dice pronto al passaggio alla tariffa per questioni di equità e redistribuzione. “Per forza – spiega l'assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo – nei Comuni campani una legge varata dal governo Prodi nel 2007, sospesa nel 2008, ma adesso tornata in vigore, impone la copertura al 100% del costo dei servizi”, proprio come sarebbe se ci fosse già la Tia. Per questo il Comune, un ventina di giorni fa, ha dovuto mettere in bilancio un aumento degli introiti della tassazione sui rifiuti pari al 60%. “Un'operazione discutibile – dice Realfonzo – perchè l'emergenza rifiuti non è conclusa, perchè c'è la crisi e perchè il sistema della Tarsu è iniquo”. Di qui la decisione di passare alla Tia: “La tariffa - continua l'assessore -, a differenza della tassa, tiene conto non solo della metratura dell'abitazione, ma anche del numero dei componenti del nucleo familiare. A questo noi vorremmo aggiungere criteri come la localizzazione della casa, la capacità contributiva del soggetto e la presenza d'impianti di trattamento dei rifiuti nel quartiere”. Intanto, per sedare la prevedibile ribellione popolare, sono stati aumentati i rimborsi per le famiglie meno agiate.
L'unica grande città che è già passata alla tariffa dal 2003 è Roma dove esiste la Ta.Ri., commisurata alla metratura dell'abitazione e al numero di occupanti, direttamente gestita dall'azienda comunale Ama. Ma anche per il sistema applicato nella Capitale ci saranno cambiamenti se e quando il ministero dell'Ambiente adotterà il regolamento sulla nuova tariffa.
Intanto a Palermo proprio la decisione del Comune di aumentare la Tarsu del 35% per ripianare i conti dell'azienda comunale Amia, ha fatto scoppiare la protesta. Non senza qualche ragione: un altro aumento, pari al 75%, era stato varato tre anni fa. Con il risultato che il 40% dei palermitani non ha pagato un euro.