Luigi de Magistris sindaco per Napoli
Appello
La battaglia per affermare una nuova politica e una nuova cultura amministrativa a Napoli ha un assoluto rilievo nazionale. Sotto gli occhi dell’opinione pubblica italiana e internazionale, infatti, Napoli sta vivendo in questi anni una gravissima emergenza politica, sociale, economica, ambientale e culturale. Ma Napoli non è soltanto la terza città d’Italia, è anche la capitale del Mezzogiorno, di quella parte d’Italia abbandonata a se stessa e cancellata dalle priorità nazionali nell’ultimo quindicennio di confuse riforme istituzionali e di falso federalismo. I tagli dei trasferimenti e la compressione degli investimenti per il Mezzogiorno, le tante promesse tradite, come la soluzione dell’emergenza rifiuti, svelano l’abisso in cui è caduto il governo Berlusconi, caratterizzato dalla propaganda leghista sulla “questione settentrionale”. È urgente battersi contro questa politica. Non solo per ribadire i fondamentali principi di uguaglianza nei diritti di cittadinanza sull’intero territorio nazionale stabiliti dalla Costituzione, ma anche perché non potrà esserci un reale sviluppo del Paese senza un rilancio del Mezzogiorno.
Questa battaglia non può che partire da Napoli. Il Paese ha bisogno di una nuova politica nazionale per Napoli e la Città ha bisogno di una nuova stagione amministrativa per ispirare quella politica.
Per questo è necessario impedire che la destra conquisti il governo della Città. Tuttavia, battere la destra è necessario ma non sufficiente. Nell’ultimo decennio, infatti, le forze del governo locale hanno raccolto istanze che nulla hanno a che vedere con una prospettiva riformistica. Da visione pragmatica, il riformismo si è trasformato in una mera copertura ideologica per nascondere la reale impotenza nell’interpretare i cambiamenti della società e proporre risposte adeguate. Ora occorre che le forze progressiste e democratiche napoletane mettano in campo una profonda innovazione nei programmi, nei metodi di governo e nella cultura amministrativa. Serve una svolta nella direzione del rigore e della efficienza, della lotta alle clientele, della difesa degli assets pubblici contro le privatizzazioni selvagge, per il rispetto del piano regolatore e il rilancio di una programmazione industriale finalizzata allo sviluppo sostenibile e alla difesa della buona occupazione, per l’energia pulita e contro il ricorso al nucleare, contro gli inceneritori, per la dignità delle periferie, per l’acqua pubblica e la difesa dei ceti deboli minacciati dalla crisi.
Ebbene, noi riteniamo che la candidatura di Luigi de Magistris sia quella maggiormente in grado di ridare voce autorevole ai napoletani nel Paese e impedire la vittoria delle destre in Città. Per queste ragioni, invitiamo tutte e tutti a sostenere la candidatura di Luigi de Magistris sindaco per Napoli.
Primi firmatari:
Dario Fo (premio Nobel per la letteratura), Daniel Cohn-Bendit (ecologista, leader del maggio francese), Giorgio Cremaschi (presidente della Fiom), Paolo Flores D’Arcais (filosofo, direttore di Micromega), Luciano Gallino (sociologo, Università di Torino), don Andrea Gallo (sacerdote), Ferdinando Imposimato (magistrato), Gerardo Marotta (presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Citto Maselli (regista), Giorgio Parisi (fisico, National Academy of Sciences), Franca Rame (attrice e drammaturga), Ermanno Rea (scrittore), Riccardo Realfonzo (economista, Università del Sannio), Paolo Rossi (attore e regista), Gianni Vattimo (filosofo, Università di Torino), Dario Vergassola (attore), Enzo Albano (presidente del Tribunale di Torre Annunziata), Nerino Allocati (avvocato lavorista), Andrea Amendola (segretario generale Fiom Napoli-Campania), Vincenzo Argentato (Fiom Napoli), Gianluca Attanasio (campione italiano di nuoto paralimpico), Enzo Avitabile (cantante e compositore), Davide Barba (giurista, Università del Molise), Oliviero Beha (scrittore e conduttore televisivo), Rosario Boenzi (architetto), Gianfranco Borrelli (filosofo, Università di Napoli “Federico II”), Salvatore Borsellino (Movimento delle Agende Rosse), Massimo Brancato (coordinatore nazionale Fiom Mezzogiorno), Alberto Burgio (filosofo, Università di Bologna), Antonio Capuano (regista), Antonio Casagrande (attore, regista), Sergio Caserta (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra), Dario Castaldi (Rsu Fiom Alenia Capodichino), Salvatore Cavallo (Rsu Fiom Ansaldo Trasporti), Domenico Ciruzzi (avvocato penalista), Giancarlo Cosenza (urbanista), Ciro Costabile (produttore artistico), Lilia Costabile (economista, Università “Federico II” di Napoli), Ettore Cucari (presidente della Federazione Imprese Viaggi e Turismo), Wanda d’Alessio (giurista, Università “Federico II” di Napoli), Riccardo Dalisi (architetto, artista), Antonio D’Auria (sindacalista CGIL Atitech), Rosaria De Cicco (attrice), Gigi De Falco (presidente Italia Nostra Campania), Michele Della Morte (costituzionalista, Università del Molise), Giuseppe della Pietra (giurista, Università di Napoli Parthenope), don Vitaliano Della Sala (parroco della Chiesa madre di Mercogliano), Marinella de Nigris (avvocato), Francesco De Notaris (Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia), Giancarlo de Vivo (economista, Università “Federico II” di Napoli), Antonio Di Luca (operaio FIAT Pomigliano), Lucia di Pace (linguista, Università di Napoli “l’Orientale”), Guido Donatone (presidente Italia Nostra sez. “A. Iannello”), Eugenio Donise (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra), Luciano Ferrara (fotografo), Nino Ferraiuolo (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra), Paola Giros (Presidente direttivo Fiom Napoli), Enzo Gragnaniello (cantante e compositore), Giovanni Impastato (Centro Documentazione Antimafia Peppino Impastato), Bruno Jossa (economista, Università di Napoli “Federico II”), Peppe Lanzetta (attore e scrittore), Lucio Leombruno (avvocato), Ugo Marani (economista, presidente Ires-Cgil Campania), Sergio Marotta (giurista, Università Suor Orsola Benincasa di Napoli), Maurizio Mascoli (Fiom Campania), Claudio Massari (ispettore editoriale), Anna Mazza (presidente associazione il popolo viola), Loris Mazzetti (giornalista, scrittore), Emilio Molinari (Contratto mondiale sull’acqua), Andrea Morniroli (operatore sociale), Salvatore Morra (Rsu Fiom Whirlpool), Enzo Morreale (Comitato Civico di San Giovanni a Teduccio), Walter Palmieri (storico, CNR), Rosario Patalano (economista, Università “Federico II” di Napoli), Francesco Percuoco (Rsu Fiom FIAT Pomigliano), Ciro Pesacane (forum ambientalista), Mario Pezzella (filosofo, Scuola Normale Superiore di Pisa), Raffaele Porta (biochimico, Università “Federico II” di Napoli), Giuliana Quattromini (avvocato lavorista), Giulio Raio (filosofo, Università di Napoli l’Orientale), Carla Ravaioli (saggista, ambientalista), Diego Risi (Rsu Fiom IBM Napoli), Giorgio Salerno (direttore Istituti di Cultura italiani all’estero), Tommaso Sinigallia (direttore libreria Ubik), Massimo Squillante (matematico, Università del Sannio), Carlo Starace (imprenditore), Salvatore Vitagliano (artista).
"dissento da quello che gli economisti americani chiamano mainstream, il comune modo di pensare della maggioranza. La nuova generazione di economisti, purtroppo, è fatta di conformisti" (Augusto Graziani)
Altro che case, a Napoli est occorre ripristinare le condizioni per lo sviluppo
Altro che case, a Napoli est occorre ripristinare le condizioni per lo sviluppo
di Riccardo Realfonzo
Il Corriere del Mezzogiorno, 9 aprile 2011
Caro direttore,
dopo avere già concesso la costruzione di oltre 600 case a Bagnoli, la settimana scorsa la giunta comunale partenopea ha approvato un piano con cui dà il via alla costruzione di 850 case nell’area della ex Manifattura tabacchi, nella zona orientale di Napoli. Questa non è che una delle tante delibere che il prossimo sindaco di Napoli dovrebbe subito revocare. Il punto infatti è che la difesa degli interessi dei costruttori napoletani - che tanto sembra stare a cuore alla giunta in carica - non si concilia affatto con la ripresa dell’economia partenopea. A Napoli est non si tratta di costruire nuove case e centri commerciali. Si tratta piuttosto di risanare il territorio e rilanciare lo sviluppo del sistema produttivo. Occorrerebbe, insomma, ricominciare finalmente a ragionare con la parte sana dell’imprenditoria napoletana e mettere in atto un insieme di politiche pubbliche atte a ricreare le condizioni per una ripresa delle attività produttive e della occupazione di qualità. Naturalmente, in un quadro di compatibilità con quell’area urbana, che già ha subito sufficienti razzie, e iniziando con il sostenere le imprese che operano nella zona (ad esempio il distretto dell’elettrodomestico).
Quello di Napoli est è solo un esempio del diverso metodo di governo che l’amministrazione comunale dovrebbe mettere in campo: non più inseguire interessi particolaristici e realizzare interventi disconnessi e privi di una qualsiasi logica di insieme, bensì ripristinare le condizioni dello sviluppo. Il che significa anche realizzare una diversa politica dei fondi europei, evitando gli impieghi clientelari e “a pioggia”, e concentrando i fondi per innescare processi virtuosi nel territorio. Ma per tornare a riflettere su una nuova politica dello sviluppo per Napoli, ragionando di questioni concrete e non di aria fritta, occorrerebbe preliminarmente affrontare e risolvere due gravi ostacoli al dispiegarsi delle politiche comunali.
Il primo è quello del buco di bilancio del Comune. Va da sé, infatti, che un Comune che non riesce a riscuotere le entrate e che registra ritardi dei pagamenti di tre anni, più che rappresentare uno strumento di crescita si rivela una palla al piede per l’economia locale. Per non tacere del fatto che lo stato drammatico in cui versa il sistema delle società comunali che gestiscono i servizi pubblici locali – dalla raccolta dei rifiuti al sistema dei trasporti – è in buona misura figlio della crisi del bilancio comunale. Parlare di sviluppo in una città priva di un sistema minimo di servizi pubblici non ha senso. Per questo non ci può essere una nuova politica di sviluppo senza una svolta nella direzione del rigore amministrativo per la difesa del pubblico, che punti sull’efficienza, sulla lotta senza quartiere all’evasione fiscale e che combatta gli sprechi di risorse finanziarie e umane.
Il secondo ostacolo è relativo all’inadeguatezza dell’assetto istituzionale. Mi riferisco al fatto che l’area metropolitana di Napoli è amministrata solo in parte dal Comune di Napoli e la presenza di una molteplicità di Comuni comporta, in un quadro di generale scoordinamento, ad esempio per quanto attiene ai servizi pubblici, una tanto costosa quanto inefficiente moltiplicazione di appalti e società concessionarie. La questione della “città metropolitana” è ineludibile per ridisegnare un programma di sviluppo di ampio respiro per Napoli. Per questo occorre che si avvii un percorso istituzionale analogo a quello intrapreso per Roma Capitale (con la legge 42 del 2009), discutendo con il governo la ridefinizione dei sistemi di governance e le risorse finanziarie che serviranno, anche in sede transitoria.
Certo, si tratta di sfide “alte”: rifondare una cultura della legalità e della efficienza; discutere una revisione dei sistemi di coordinamento tra le istituzioni. Ma si tratta di problemi ineludibili per rilanciare lo sviluppo a Napoli. Le forze progressiste e democratiche napoletane dovrebbero saper coniugare questi temi con la spinta solidaristica, e trovare il coraggio di cambiare. D’altronde una discontinuità nella cultura amministrativa napoletana è indispensabile per tornare a cullare il sogno di una Napoli europea.
di Riccardo Realfonzo
Il Corriere del Mezzogiorno, 9 aprile 2011
Caro direttore,
dopo avere già concesso la costruzione di oltre 600 case a Bagnoli, la settimana scorsa la giunta comunale partenopea ha approvato un piano con cui dà il via alla costruzione di 850 case nell’area della ex Manifattura tabacchi, nella zona orientale di Napoli. Questa non è che una delle tante delibere che il prossimo sindaco di Napoli dovrebbe subito revocare. Il punto infatti è che la difesa degli interessi dei costruttori napoletani - che tanto sembra stare a cuore alla giunta in carica - non si concilia affatto con la ripresa dell’economia partenopea. A Napoli est non si tratta di costruire nuove case e centri commerciali. Si tratta piuttosto di risanare il territorio e rilanciare lo sviluppo del sistema produttivo. Occorrerebbe, insomma, ricominciare finalmente a ragionare con la parte sana dell’imprenditoria napoletana e mettere in atto un insieme di politiche pubbliche atte a ricreare le condizioni per una ripresa delle attività produttive e della occupazione di qualità. Naturalmente, in un quadro di compatibilità con quell’area urbana, che già ha subito sufficienti razzie, e iniziando con il sostenere le imprese che operano nella zona (ad esempio il distretto dell’elettrodomestico).
Quello di Napoli est è solo un esempio del diverso metodo di governo che l’amministrazione comunale dovrebbe mettere in campo: non più inseguire interessi particolaristici e realizzare interventi disconnessi e privi di una qualsiasi logica di insieme, bensì ripristinare le condizioni dello sviluppo. Il che significa anche realizzare una diversa politica dei fondi europei, evitando gli impieghi clientelari e “a pioggia”, e concentrando i fondi per innescare processi virtuosi nel territorio. Ma per tornare a riflettere su una nuova politica dello sviluppo per Napoli, ragionando di questioni concrete e non di aria fritta, occorrerebbe preliminarmente affrontare e risolvere due gravi ostacoli al dispiegarsi delle politiche comunali.
Il primo è quello del buco di bilancio del Comune. Va da sé, infatti, che un Comune che non riesce a riscuotere le entrate e che registra ritardi dei pagamenti di tre anni, più che rappresentare uno strumento di crescita si rivela una palla al piede per l’economia locale. Per non tacere del fatto che lo stato drammatico in cui versa il sistema delle società comunali che gestiscono i servizi pubblici locali – dalla raccolta dei rifiuti al sistema dei trasporti – è in buona misura figlio della crisi del bilancio comunale. Parlare di sviluppo in una città priva di un sistema minimo di servizi pubblici non ha senso. Per questo non ci può essere una nuova politica di sviluppo senza una svolta nella direzione del rigore amministrativo per la difesa del pubblico, che punti sull’efficienza, sulla lotta senza quartiere all’evasione fiscale e che combatta gli sprechi di risorse finanziarie e umane.
Il secondo ostacolo è relativo all’inadeguatezza dell’assetto istituzionale. Mi riferisco al fatto che l’area metropolitana di Napoli è amministrata solo in parte dal Comune di Napoli e la presenza di una molteplicità di Comuni comporta, in un quadro di generale scoordinamento, ad esempio per quanto attiene ai servizi pubblici, una tanto costosa quanto inefficiente moltiplicazione di appalti e società concessionarie. La questione della “città metropolitana” è ineludibile per ridisegnare un programma di sviluppo di ampio respiro per Napoli. Per questo occorre che si avvii un percorso istituzionale analogo a quello intrapreso per Roma Capitale (con la legge 42 del 2009), discutendo con il governo la ridefinizione dei sistemi di governance e le risorse finanziarie che serviranno, anche in sede transitoria.
Certo, si tratta di sfide “alte”: rifondare una cultura della legalità e della efficienza; discutere una revisione dei sistemi di coordinamento tra le istituzioni. Ma si tratta di problemi ineludibili per rilanciare lo sviluppo a Napoli. Le forze progressiste e democratiche napoletane dovrebbero saper coniugare questi temi con la spinta solidaristica, e trovare il coraggio di cambiare. D’altronde una discontinuità nella cultura amministrativa napoletana è indispensabile per tornare a cullare il sogno di una Napoli europea.
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