Napoli, la tarantella del bilancio

La tarantella del bilancio
I conti di Napoli che non tornano nel rendiconto 2013
di Riccardo Realfonzo
Corriere del Mezzogiorno, 19 luglio 2014

La situazione dei conti del Comune di Napoli è grave, ma non è seria. Da anni ormai sappiamo tutti, inclusi i muri di Palazzo San Giacomo e i bimbi che giocano in strada, che i conti non tengono, ma non c’è chi si decida ad affrontare la cosa con responsabilità.
Sul finire del suo mandato, quattro anni or sono, la sindaca Iervolino ricordava che lei aveva formalmente chiusa la procedura di dissesto del Comune, scattata nel lontano 1993, e che ormai i conti erano in ordine. Siccome qualche scettico pure c’era, lei ventilò la possibilità di sottoporre i conti a una società specializzata, che ne asseverasse la qualità. Curiosamente, quell’asseverazione non arrivò. Arrivammo invece noi, col sindaco arancione, e in cassa non trovammo praticamente il becco di un quattrino. Al punto che, appena un mese dopo il nostro insediamento, gli stipendi dei comunali furono pagati con alcuni giorni di ritardo: il tempo che ci volle per raggranellare i soldi. Il Comune era sull’orlo del fallimento. Ciononostante, l’attuale sindaco credette più al suo predecessore che a me, né consulto i muri del Palazzo né si rivolse ai bimbi in strada, e le grida d’allarme si persero nel vento. Quando poi io ebbi l’ardire, col sostegno del rigoroso Narducci, di imporre una delibera che obbligava a una verifica radicale dei conti, si decise che era meglio mettere in squadra qualcuno più ottimista. E chi più adatto di colui che negli ultimi due anni aveva certificato che i conti erano ok?
Intanto, però la quella delibera  faceva il suo corso e portò alla quantificazione di un buco di bilancio da 850 milioni. Ovviamente, nessuno si stupì. Tranne, forse, il sindaco.
Venne allora il tempo degli appelli disperati, dei consigli comunali a Montecitorio, e le richieste di aiuto al governo furono riprese dal cassetto. Il pianto partenopeo colpì persino le corde dell’austero presidente Monti, che varò prima il decreto salva-Napoli e poi quello per pagare i debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese. E ciò aprì le porte a un flusso di denaro a favore del Comune di Napoli di quasi un miliardo di euro, una cifra che i sindaci Bassolino e Iervolino non avevano mai nemmeno sognato. Beninteso, si tratta di prestiti che i cittadini di Napoli dovranno rimborsare negli anni a venire, in parte anche con gli interessi. Ma questo è solo un dettaglio.
L’ottimismo ritrovato però fu galeotto, e nel piano di riequilibrio che avrebbe dovuto dimostrare che i conti si sarebbero risanati in dieci anni, spuntarono un po’ troppe corbellerie, come l’idea che il Comune venderà, per mezzo di una società che fa tutt’altro, ben 750 milioni di immobili, non si sa come e non si sa quando. Ovvio che la Corte dei Conti della Campania, che ben conosce la realtà del Comune, bocciò quel piano, senza se e senza ma. Ma si sa, l’Italia non è la Germania, e due più due non fa sempre quattro. E così, le sezioni riunite della Corte, in aperto dissenso con la magistratura regionale, hanno ritenuto di dare il via libera al piano di riequilibrio e ai quattrini.
Ma non è finita qui. Il bilancio del 2013, quello grazie al quale il Comune ha potuto illustrare alla Corte i mirabolanti progressi realizzati nel risanare i conti, è stato bloccato dal Tribunale amministrativo regionale. Paradossalmente, per un problema apparentemente formale - i consiglieri comunali hanno avuto solo 4 giorni per studiare il bilancio, contro i 20 previsti dalla legge - mentre ben più sostanziose sono le magagne di quel bilancio pure denunciate in consiglio comunale (si pensi che il collegio dei revisori del Comune, che pure ha dato il placet al consuntivo, ha ammesso candidamente di non avere avuto uno straccio di carta dalla giunta su questioni di grande rilievo, come i bilanci delle società partecipate). Grande confusione e grandi imbarazzi. Il bilancio 2013 è come se non ci fosse, ma intanto è stato indispensabile per avere il via libera al piano di riequilibrio. Al tempo stesso, senza quel bilancio non si potrà approvare la manovra del Comune per il 2014 e si rischia addirittura il commissariamento. Almeno fino al prossimo rattoppo.
Beninteso, la questione dei conti degli enti locali è grave lungo tutta la penisola, anche a causa di una crisi che le politiche di austerity non fanno che accentuare. Ma quella dei conti del Comune di Napoli, oltre ad essere grave, è anche una questione poco seria. Una tarantella partenopea, verrebbe da dire: tanti si agitano, come morsi dalla tarantola, non ultimi i leader di partito e i politicanti vari, senza produrre alcunché di positivo. Una tarantella inutile e, soprattutto, estremamente costosa per il pubblico pagante, fatto di cittadini e imprese.