Napoli in bancarotta. Intervista a Riccardo Realfonzo

Napoli in bancarotta. Intervista a Riccardo Realfonzo
di Emanuele Imperiali
Corriere del Mezzogiorno, pag.1, 20 aprile 2017





“I conti del Comune di Napoli sono in una bancarotta ampiamente preannunciata, come avevo previsto nel 2012 e come successivamente aveva bene rilevato la sezione regionale della Corte dei Conti”. Non è tenero con De Magistris, alla vigilia della discussione in Consiglio Comunale, il professore Riccardo Realfonzo, che fu assessore al Bilancio nella prima giunta comunale dopo l’elezione a sindaco dell’ex magistrato, tra il giugno 2011 e il luglio 2012.

Anche da assessore Lei si è battuto per fare venire alla luce la grave condizione dei conti del Comune e risanare le casse. E ora come siamo messi?

Direi malissimo. Fin dal 2013, con l’adesione alla procedura di predissesto e poi con i decreti sui debiti della pubblica amministrazione, il Comune ha ottenuto vistosi aiuti statali, circa 1 miliardo e 400 milioni. Soldi che a Napoli nessun sindaco aveva mai sognato. Grazie a queste risorse la giunta è riuscita a galleggiare. Ma ora, dissipata rapidamente quella liquidità, la realtà dei conti torna a galla”.

Perché, nonostante gli aiuti, la condizione del Comune peggiora?

In questi anni non è stata portata avanti alcuna azione riformatrice, nulla. Il Comune continua a essere una macchina del tutto inefficiente, che produce debiti fuori bilancio, non riscuote le entrate, non mette a valore il patrimonio immobiliare. Non vi è stata alcuna riorganizzazione delle società partecipate, a meno di non considerare tali le chiusure per fallimento della Bagnolifutura e della Napoli Sociale. E vi è un utilizzo politico improprio dei beni pubblici, con un regolamento che apre ad attribuzioni più o meno gratuite di immobili e suolo pubblico. Il che affossa del tutto le entrate”.

Il bilancio di previsione da oggi discusso in Consiglio Comunale non porterà ossigeno alle casse?

No, peggiorerà le cose. In effetti, direi che questa manovra è un capolavoro di fantasia contabile. Per cominciare, il buco di bilancio valutato dagli uffici in quasi 800 milioni è sottostimato. Il Comune ha in pancia circa 2 miliardi di crediti - tra fitti, multe e varie tasse non pagate - che non riesce a riscuotere, se non in percentuali risibili. E poi che ne è degli effetti dei fallimenti della Bagnolifutura e della Napoli Servizi?”

Molto si discute sulle risorse per coprire il buco di bilancio.

“Qui la lettura delle carte contabili, generalmente noiosa, si fa divertente quanto un classico dell’umorismo inglese. Ci vogliono far credere che si incasseranno nei prossimi 8 mesi circa 120 milioni dalla vendita del patrimonio immobiliare, quando nell’intero 2016 si è riusciti a ricavare solo un milione. Altri 120 milioni dovrebbero arrivare dalla cartolarizzazione dell’Albergo dei Poveri, cosa per la quale non sussiste uno straccio di analisi tecnica o di accordo con il Demanio. E poi il Comune dovrebbe quadruplicare le entrate da lotta all’evasione e aumentare ancora le multe. Davvero spassosissimo, se non fosse che poi il conto lo pagano cittadini e imprese”.

Lei insomma dice che il Consiglio Comunale rischia di tenere artificiosamente in vita un bilancio morente. Con quali effetti?

I problemi non risolti si accumulano, si va avanti a colpi di fantasie e trucchetti contabili, più volte rilevati dalla Corte dei Conti. Sono messi in vendita i gioielli del patrimonio pubblico, come la Gesac, il tennis in Villa, il circolo Posillipo, le stazioni delle funicolari, la rete del gas. Sono aumentate le tasse per le famiglie e le imprese, e ridotti ulteriormente i servizi. A dispetto di tutto ciò, si sono pure perse decine di milioni di fondi europei e regionali. E poi, in barba alle esternazioni progressiste del sindaco, è praticamente azzerata la spesa sociale del Comune, con tagli drammatici per scuole, asili nido e per gli anziani. Restano quasi solo le risorse statali e regionali a presidiare questi capitoli di spesa. D’altronde, il prezzo maggiore per l’incapacità di gestire la cosa pubblica lo pagano sempre i ceti deboli”.

Era davvero meglio dichiarare il dissesto nel 2011, come lei diceva…

“Bisognava fare le riforme e spaccarsi la schiena per trasformare il Comune in una macchina efficiente. L’alternativa era cadere nel dissesto. Questa lunga agonia è la cosa peggiore, un tunnel senza fine per Napoli”.