I tagli del governo insostenibili per molti Comuni

"I Comuni Falliranno". Intervista a Riccardo Realfonzo

di Alessio Postiglione

Terra, 27 maggio 2010



Riccardo Realfonzo, classe ’64, insegna economia all’Università del Sannio ed è stato assessore al Bilancio del Comune di Napoli come “tecnico”, prima di dimettersi polemicamente.

Quali saranno le conseguenze dei nuovi tagli ai Comuni, ancora in attesa dei rimborsi Ici?

La manovra del Governo va nella direzione sbagliata. Portare avanti una politica restrittiva in una situazione di crisi significa approfondire ancora la crisi, senza alcun vero beneficio per i conti pubblici. La manovra di Tremonti taglia circa 24 miliardi, di cui la metà a Regioni, Province e Comuni. Si tratta di un peso insostenibile, soprattutto per i Comuni caratterizzati dai più bassi livelli di reddito pro capite, dove i colpi della crisi hanno l’impatto più drammatico e l’evasione dei tributi locali è più alta. Insomma, le riscossioni comunali sono ferme al palo e se ora si riducono ancora i trasferimenti ci saranno diversi Comuni che rischieranno il dissesto. In primo luogo, quelli dove alle responsabilità dei tagli governativi si sommano quelle della cattiva amministrazione locale.

Può farci un esempio?

Posso fare l’esempio del Comune di Napoli, dove nel corso del 2009 sono stato assessore tecnico al bilancio per alcuni mesi. Un incarico da cui mi sono dimesso perché sono sbattuto contro un muro di gomma, una vera e propria parete di interessi politico-clientelari refrattari alle indispensabili riforme nella direzione del rigore e della efficienza. Ebbene, la realtà finanziaria del Comune, che già era molto difficile, sta rischiando di divenire insostenibile in questi ultimi mesi. Non mi stupirebbe se la manovra di Tremonti gli desse il colpo finale e il Comune non riuscisse più a sostenere il peso finanziario degli stipendi, cominciando da quelli dei lavoratori delle società partecipate.

Chi paga la crisi, allora?

La crisi la pagano i cittadini, soprattutto quelli più poveri e i giovani. Infatti, la manovra del governo leva soldi alle pensioni, ai salari pubblici, e blocca il turnover. E nel tagliare agli enti locali, il governo impone a questi ultimi di ridurre al minimo i servizi resi ai cittadini e di aumentare il corrispettivo chiesto per quei servizi. È facile prevedere che aumenteranno, ad esempio, le tariffe dei servizi a domanda individuale, dalle mense ai trasporti. E sono proprio i più poveri, coloro che fruiscono molto dei servizi pubblici e poco di quelli privati, che pagheranno il prezzo più salato.

Qual è la logica del federalismo per coercizione, che devolve funzioni, non mettendo i Comuni in condizione di governarsi da sé?

Purtroppo, il federalismo può costituire un’occasione solo per le aree più ricche del Paese ed è destinato ad incrementare i divari territoriali. Prendiamo ad esempio il recente decreto sul federalismo demaniale, con il quale lo Stato passa agli enti locali alcune parti del suo patrimonio immobiliare. Ebbene, solo gli enti delle aree più ricche del Paese avranno qualche possibilità di investire in questi beni e metterli realmente al servizio dei cittadini. In tutti gli altri casi, si preferirà far cassa e dunque assisteremo a grandi svendite di quei beni pubblici, a tutto vantaggio dei privati.

Privatizzazione dei servizi pubblici locali. Cosa comporterà per i cittadini?

Dopo il pessimo decreto Ronchi, ora i tagli del Governo accelerano sempre più le privatizzazioni, dal momento che queste possono rispondere ancora una volta a una esigenza di rimpinguare le casse esauste degli enti locali. E la spinta ulteriore a privatizzare potrebbe essere tanto più forte in quelle realtà dove le società partecipate dagli enti pubblici, che gestiscono i servizi pubblici locali, sono state trasformate dalla malapolitica in veri e propri carrozzoni, che non rispondono ad alcun criterio di efficienza. Comunque sia, che i servizi locali siano stati gestiti bene o male, le privatizzazioni non sono una buona soluzione per i cittadini. Le privatizzazioni comportano in genere un incremento delle tariffe senza che sia assolutamente assicurato un miglioramento dei servizi. Questo è ad esempio del tutto evidente per quel che riguarda l’acqua. Molto meglio una gestione pubblica dei servizi locali, a patto che sia una gestione all’insegna del rigore nel pubblico per la difesa del pubblico.