La nomina di Diana è un tassello della “rivoluzione”
di Riccardo Realfonzo*
Il Corriere del Mezzogiorno, 8 novembre 2011
Caro Direttore,
prendo spunto dai recenti articoli sul Centro Agro Alimentare di Napoli (Caan), e sui compensi del nuovo presidente, per chiarire alcuni aspetti relativi al riassetto del sistema delle società partecipate del Comune. È un tema di grande rilievo, considerato che queste società erogano i servizi pubblici fondamentali in città, dal trasporto su ferro a quello su gomma, dalla gestione del servizio idrico alla raccolta dei rifiuti.
Per cominciare, vorrei sbarazzarmi della questione sui cui indugiano gli articoli del Corriere, affermando che il nuovo presidente del Caan, Lorenzo Diana, avrebbe un compenso maggiorato rispetto al predecessore. Le cose non stanno precisamente così. Infatti, il precedente presidente aveva un compenso di 41mila e 500 euro più un gettone (230 euro) per ogni riunione del cda. Ebbene, come si evince dagli atti assembleari, questa formulazione comportava il rischio di un compenso eccessivo, anche superiore al limite stabilito dalla legge (il 60% del compenso del sindaco). Perciò abbiamo agganciato il compenso del presidente al compenso del sindaco - portandolo a circa 50mila euro lordi annui onnicomprensivi - azzerando la parte variabile. Per di più, l’applicazione stringente della normativa ha determinato un taglio agli emolumenti degli altri membri del cda, con un risparmio netto per la società. I problemi reali del Caan sono dunque altri e molto seri: l’entità delle perdite e la posizione debitoria, la necessità di un nuovo piano industriale, i fenomeni di abusivismo e irregolarità. Ed è per queste ultime ragioni che abbiamo pensato di chiedere l’impegno di Diana - accanto ad alcune figure manageriali - notoriamente distintosi nella lotta all’illegalità.
Il caso del Caan offre lo spunto per chiarire l’impostazione che la giunta de Magistris sta portando avanti sulle partecipate. Il nostro primo obiettivo è quello di smantellare il sistema clientelare che negli anni si è appropriato – invero non senza eccezioni – delle società partecipate del Comune, trasformandole in macchine per il consenso. Insomma, si tratta di “scassare la casta” ed azzerare i costi della politica a carico delle società, anche riducendo drasticamente il numero dei consiglieri di amministrazione. Ed è per questo che si è reso necessario sostituire i precedenti rappresentanti del Comune nei cda con figure qualificate e soprattutto indipendenti, alle quali chiediamo di rispondere esclusivamente alla logica dell’interesse pubblico. Tutto ciò rappresenta condizione necessaria per attivare i processi di efficientamento dei servizi pubblici locali.
Ma non è certo finita qui. Occorre infatti procedere con il piano di riassetto generale delle partecipate. Ed anche su questo punto credo di poter dire che in pochi mesi abbiamo già macinato molta strada. In primo luogo, con la delibera del 30 giugno scorso abbiamo drasticamente tagliato, in qualche caso azzerato, i costi della politica a carico delle partecipate: dalle auto blu alle sponsorizzazioni, dalle missioni agli incarichi e consulenze. Ancora, abbiamo rafforzato i controlli sulle partecipate, anche per quel che riguarda le assunzioni, e stabilito il principio per cui eventuali carenze di manodopera vanno in primo luogo soddisfatte mediante il ricorso alle altre partecipate. In secondo luogo, abbiamo avviato il processo di fusione tra le tre società che si occupano di mobilità (Metronapoli, Anm e Napolipark) e che porterà alla creazione del principale operatore del settore nel Mezzogiorno. Stiamo procedendo con la messa in liquidazione di alcune società (Napoli Orientale, Consorzio San Giovanni, Nausicaa) e stiamo anche valutando l’opportunità, in questa fase congiunturale, di procedere con alcune dismissioni. Inoltre, abbiamo avviato la trasformazione della spa che si occupa di servizi idrico integrato – l’Arin – in una azienda speciale, dando avvio alla prima ripubblicizzazione dell’acqua in Italia nello spirito del referendum di giugno. Tutto ciò per non parlare di una ulteriore serie di interventi specifici che pure abbiamo operato, finalizzati a ripristinare un quadro di regole ancorato alla legalità, ad esempio sul tema della formazione di debiti fuori bilancio.
Il quadro delle azioni che già abbiamo intrapreso dovrebbe comportare risparmi non inferiori ai dieci milioni di euro per il Comune e le sue partecipate, oltre a un recupero complessivo di efficienza. A tutto ciò aggiungo che stiamo approntando una serie di operazioni, anche innovative dal punto di vista degli assetti societari e delle tecniche finanziarie, che ci permetteranno nel corso del 2012 di alleggerire la posizione debitoria delle società partecipate nel loro insieme e di velocizzare i pagamenti, a tutto vantaggio dell’economia locale. E per tutte queste ragioni abbiamo bisogno di figure di tecnici qualificati che sappiano operare ad altissimo livello nelle società. Ed è qui che dobbiamo fare i conti con quelli che sono gli emolumenti di mercato, soprattutto per le figure degli amministratori unici, anche se certo non possiamo né vogliamo sfiorare i livelli delle remunerazioni cui pure si è giunti a Milano o a Roma, dove si superano per i presidenti e gli amministratori delegati di alcune partecipate comunali i 300mila euro.
La rivoluzione che vogliamo compiere nelle partecipate, caro Direttore, trova nella crisi economica dilagante e nei forti tagli dei trasferimenti praticati dal governo ulteriori gravissimi ostacoli. Come lei sa, la nostra linea è improntata al rigore nel pubblico per la difesa del pubblico. Vedremo se, nonostante il quadro congiunturale avverso e la pesante eredità del passato, avremo la meglio.
*Assessore al bilancio e alle società partecipate del Comune di Napoli