Orlando-de Magistris e i conti in rosso
di Tobia R. Toscano
Corriere del Mezzogiorno, 21 agosto 2012
Le dimissioni degli assessori al bilancio dei comuni di Napoli e Palermo, per la qualità professionale delle persone coinvolte, non consente di archiviare i due casi come espressione di normale dialettica politico-amministrativa. Intanto le analogie fra i due casi sono vistose. Si parte dall`elezione in entrambi i casi di due sindaci fuori dal coro e, a prescindere delle rispettive storie politiche, capaci di sparigliare le rituali coalizioni messe in campo dai partiti con grande dispiego di uomini e mezzi. La chiave del comune successo poggia sulla promessa, ritenuta credibile dagli elettori, che votando de Magistris e Orlando si potesse mettere finalmente in moto un processo di radicale cambiamento nella gestione della cosa pubblica cittadina. In questa ottica, la scelta di affidare la guida dell`assessorato al bilancio a professionisti di alto livello come Realfonzo e Marchetti appariva coerente con gli annunci elettorali. Qualcosa invece non ha funzionato, se soprattutto nel caso di Palermo l`assessore ha dovuto rassegnare le sue dimissioni a pochi mesi dalla nomina. A Napoli ha resistito qualche mese in più, ma alle denunce «politiche» di Realfonzo, che spiegava la sua delusione, il sindaco de Magistris ha risposto con denunce «penali». Che non è proprio il massimo del confronto democratico.
I due episodi denunciano il contrasto insanabile tra il plebiscitarismo insito nell`elezione diretta dei sindaci e la dura realtà dei bilanci cittadini, con la conseguenza che i sindaci vorrebbero ogni giorno cantare messe solenni, mentre l`assessore al bilancio (se è serio) è costretto a dire che non si può. Il vecchio adagio napoletano continua a recitare che senza soldi non si cantano messe. Semplice, ma difficile da mettere in atto. Non bisogna essere esperti di economia per comprendere che il bilancio di qualsiasi istituzione ne rappresenta lo stato di salute tradotto in cifre. E le cifre di Napoli e Palermo dicono che la salute è molto precaria e ai limiti del collasso.
Appare infatti poco credibile che i due assessori dimissionari/dimissionati abbiano esagerato le difficoltà perché non se ne riuscirebbe a cogliere l`utilità. Il punto è un altro e dice come i sindaci, una volta eletti, per non perdere la possibilità di «gestire» il consenso non possono fare a meno di assessori al bilancio che pieghino l`aritmetica delle entrate e delle uscite alle esigenze della politica. Se l`assessore non si piega, se ne va.
E vero che andare fino in fondo nelle politiche di risanamento può comportare persino la necessità di dichiarare il «dissesto» finanziario dell`Ente, che non significa bancarotta, ma è l`unico modo concreto di tagliare i ponti con il passato e fare chiarezza sulle allegre finanze da socialismo municipale fin qui invalse. La via di mezzo può essere un drastico piano di tagli, prima che il dissesto di fatto sia pagato dai cittadini con aggravi di tasse. Invece, a Napoli e a Palermo, se la prescrizione del medico-assessore al bilancio è ritenuta amara, si preferisce rivolgersi a medici più compiacenti.