Ora serve una svolta nel Pd

Ora serve una svolta nel Pd
di Riccardo Realfonzo
Il Corriere del Mezzogiorno, 19 settembre 2013

Con l’approvazione della manovra di bilancio, l'amministrazione de Magistris porta ai massimi le imposte locali frustrando le speranze di ripresa dell’economia cittadina. Si verifica così quanto avevo preannunciato al sindaco ancor prima che fosse eletto: in assenza di una immediata e profonda azione riformatrice, finalizzata a riorganizzare il Comune e le società partecipate, si sarebbero riversati sui cittadini e sulle imprese costi insostenibili. D'altronde, il vero e proprio fallimento del Comune lo si sta evitando solo grazie al decreto salva-Comuni del governo Monti che (insieme al decreto sui debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese) ha consentito al Comune di Napoli di sottoscrivere alcune centinaia di milioni debiti con lo Stato. Debiti che i cittadini napoletani dovranno rimborsare nei trenta anni a venire. Come se non bastasse, l’intera manovra per colmare il buco di bilancio prodotto nell'epoca iervoliniana (il cosiddetto piano di riequilibrio) desta molte preoccupazioni in merito alla sua sostenibilità. Basti ricordare che il piano di dismissioni immobiliari – architrave del programma di risanamento finanziario e di rilancio degli investimenti pubblici – dovrebbe essere gestito dalla partecipata Napoli Servizi, la quale, è notizia di questi giorni, non riesce neppure a spedire i bollettini di pagamento agli affittuari degli alloggi comunali.
Stando così le cose, la questione è se sia possibile cominciare a porre freno a tutto questo al più presto o se occorrerà attendere quasi tre anni, cioè la fine naturale del mandato del sindaco.
La prima domanda da porsi è se possa immaginarsi un atto di responsabilità del Consiglio Comunale che, in qualche modo, supplisca alla incapacità del sindaco nell’offrire scelte strategiche coraggiose per la Città. Ma come ha sottolineato Paolo Macry su queste colonne, e come la cronaca di questi giorni sull’approvazione della manovra di bilancio ha pienamente confermato, il Consiglio è piuttosto preda di una deriva trasformistica da basso impero; il che significa che dopo soli due anni dalle elezioni il sindaco e la sua variabile maggioranza consiliare non rappresentano più i napoletani e in particolare quello straordinario movimento di opinione che sostenne il suo programma di rottura con le pratiche del vecchio centrosinistra.
In seconda battuta, si potrebbe considerare la possibilità che sia lo stesso de Magistris a decidere di lasciare anzitempo l'incarico. Certo, lui ha annunciato l'intenzione di non dimettersi e ricandidarsi alla scadenza del mandato; ma si tratta solo di un nuovo bluff. Quali possibilità ha infatti de Magistris di essere rieletto? Nessuna. Anche perché posso assicurare che quella parte di società civile che lo ha sostenuto due anni fa si opporrebbe strenuamente a una sua candidatura. E una volta incassata la bocciatura dei napoletani, ci sarebbe un futuro politico per il sindaco? Probabilmente no. Ecco allora che sarebbe razionale per de Magistris tentare una exit strategy prima della scadenza dei cinque anni, finché ha ancora qualcosa da mettere sul piatto. Ad esempio, tentare una candidatura alle politiche o alle europee, magari con il Pd, lasciando via libera al Comune.
Una ulteriore ipotesi è che sia proprio il Pd a tentare la spallata al sindaco. Magari approfittando del fatto che i consiglieri comunali di maggioranza sono orfani di riferimenti parlamentari e potrebbero essere sedotti dalle sirene di una nuova casa politica. Certo, il Pd è attraversato da mille tensioni e parla con mille voci, soprattutto in questa fase, in vista del congresso del partito; eppure sul piano locale il Pd sembra avere trovato coesione intorno a una posizione di forte critica a de Magistris, con la sola imbarazzante eccezione - per le ragioni sopra dette - dei suoi stessi consiglieri comunali. Una circostanza che, oltre a minare la credibilità del partito, potrebbe complicare non poco un tentativo di superamento di questa esperienza.
Come che sia, presto o tardi, una volta chiusasi la parentesi di de Magistris quale scenario si aprirà? È chiaro che il lascito amministrativo di questo sindaco sarà disastroso. Inutile elencare ciò che è davanti agli occhi della Città e del Paese. Basti qui ricordare la notizia del versamento di mezzo milione di euro agli organizzatori del Giro d'Italia che, se confermata, scoprirebbe l'ennesima favola raccontata ai napoletani, ai quali era stato assicurato che l’evento sarebbe stato a costo zero. Ma il lascito politico rischia di essere davvero esiziale per l'insieme delle forze progressiste che a Napoli appaiono, nonostante tutto, ancora presenti e vitali. Il fallimento di questa esperienza amministrativa ha avuto infatti ricadute pesanti, fiaccando l'entusiasmo di quel “nucleo avanzato” di società civile che si coalizzò, due anni e mezzo or sono, accogliendo la proposta dell’Italia dei Valori di Di Pietro e puntando sulla visibilità e popolarità del giovane ex magistrato de Magistris. Un “nucleo avanzato” che raccoglieva le istanze favorevoli a una “rivoluzione della buona amministrazione” provenienti, da un lato, dalla borghesia cittadina illuminata e da ambienti intellettuali diretti eredi delle Assise di Palazzo Marigliano, e, dall'altro, da ampi settori del mondo del lavoro e dell'associazionismo diffuso, della cittadinanza attiva e consapevole. E tuttavia, è proprio da quel nucleo di società civile partenopea - che si è prontamente allontanato dal sindaco appena ha compreso che questi tradiva il programma elettorale e che porta il testimone della mancata “rivoluzione” - da cui occorre ripartire per trovare un futuro possibile per Napoli. Provando però a non ripetere gli errori del passato. Sotto questo aspetto, gli scenari futuri dipenderanno in buona misura dalle scelte delle forze politiche del centrosinistra e in particolare del Pd, che resta una grande forza elettorale sebbene in affanno sul piano della credibilità politica e programmatica. Possiamo essere certi che una parte del Pd sarà tentata del riportare indietro l’orologio della storia e riproporci qualche esperienza del passato; ed è altrettanto probabile che qualcuno pensi a qualche soluzione “esterna”, eterodiretta, come accadde l'ultima volta. In entrambi i casi la società civile napoletana si metterà di traverso. Per questo, tra gli errori da non ripetere c'è il restare indifferenti rispetto alla vicenda del Pd, o addirittura cedere alla tentazione del tanto peggio, tanto meglio. La parte viva e sana della società civile napoletana dovrebbe fornire un contributo affinché all'interno delle forze politiche del centrosinistra prevalgano le spinte rinnovatrici e un autentico spirito di servizio. Solo in un quadro così delineato, non certo di facile realizzabilità, la Napoli migliore potrebbe avere una opportunità per voltare pagina.