Stop all'austerità. Il referendum contro il Fiscal Compact

Stop all'austerità. Il referendum contro il Fiscal Compact

VOTA SI’ AI 4 REFERENDUM "STOP ALL'AUSTERITÀ - SÌ ALLA CRESCITA, SÌ ALL'EUROPA DEL LAVORO E DELLO SVILUPPO"

Su cosa si vota

I quattro quesiti referendari  hanno per oggetto alcune disposizioni della legge n.243 del 2012, la legge che ha dato attuazione al principio di equilibrio dei bilanci pubblici introdotto nella Costituzione con la legge cost. n. 1 del 2012.

Con questi referendum si intendono abrogare alcune disposizioni della legge n. 243 del 2012 che prescrivono modalità attuative del principio di equilibrio dei bilanci che non sono previste dalla Costituzione, né imposte dalla normativa europea o dal Fiscal Compact. Si tratta di disposizioni che danno luogo ad un’applicazione particolarmente "ottusa" del principio di equilibrio dei bilanci. Le disposizioni che sono oggetto dei quattro quesiti, infatti, impongono o consentono decisioni pubbliche inutilmente vessatorie e pericolosamente restrittive per l'economia, il lavoro, lo sviluppo del Paese. 

L’approvazione dei quesiti referendari non metterà a rischio il principio costituzionale di equilibrio dei bilanci, né comporterà la violazione degli obblighi assunti in sede europea o internazionale, ma eliminerà le storture applicative che sono state stabilite dalla legge n. 243 del 2012 e favorirà una rivisitazione delle politiche macroeconomiche europee.

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SCHEDA TECNICA

L’abrogazione delle singole disposizioni, ognuna riferita ai quattro quesiti, avrà le seguenti conseguenze:

Quesito 1)  attuando il principio costituzionale dell'equilibrio dei bilanci pubblici, il Governo e il Parlamento non potranno stabilire obiettivi di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea. In particolare, con il referendum vengono abrogate quelle parti di due disposizioni che - precisando, per ben due volte, "almeno" - consentono di andare al di là degli obiettivi di bilancio stabiliti dall'Unione.

Quesito 2) il principio costituzionale di equilibrio dei bilanci pubblici non sarà più inteso come automatica e meccanica applicazione di un obiettivo stabilito dall'Unione europea, fra l’altro con modalità poco trasparenti. Con il referendum si abroga la disposizione che prevede l'esatta "corrispondenza" tra il principio costituzionale di bilancio e il cosiddetto "obiettivo a medio termine" stabilito in sede europea.  Le normative europee, va aggiunto, non impongono la rigida e assoluta coincidenza degli obiettivi di bilancio nazionale con l'"obiettivo a medio termine"; ben diversamente, si prevedono condizioni di flessibilità che, con il referendum abrogativo, si intendono compiutamente ripristinare ed applicare.

Quesito 3) l'Italia potrà ricorrere all'indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie anche se non si verificano gli specifici eventi di carattere straordinario previsti dalla legge. Con il referendum si intende abrogare la norma che limita il ricorso all’indebitamento per realizzare operazioni finanziarie ai soli casi eccezionali stabiliti dalla legge, limite che non scaturisce dalla Costituzione, né è imposto da impegni europei. Abrogando questo limite, si consentirà al nostro Paese di contrastare gli effetti del ciclo economico negativo con un maggior ventaglio di strumenti di politica economica e industriale.

Quesito 4) l’attivazione obbligatoria e automatica del cosiddetto "meccanismo di correzione" delle politiche di finanza pubblica (meccanismo che, per intenderci, imporrà nuove tasse o riduzione delle spese pubbliche se non sarà raggiunto l'obiettivo di bilancio) avverrà soltanto quando previsto dall’Unione europea, e non anche quando imposto da trattati internazionali. Con il referendum si intende abrogare quella parte della legge che impone l'attivazione del meccanismo di correzione quando si determina uno scostamento considerato "significativo" anche sulla base di trattati internazionali. 

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Estratto dalla Gazzetta Ufficiale 
Serie generale - n. 135
13-6-2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Annuncio di una richiesta di referendum popolare
Ai sensi degli articoli 7 e 27 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di  Cassazione, in data 12 giugno 2014, ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa da tredici cittadini italiani, muniti dei certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali, di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall’art. 75 della Costituzione, sul seguente quesito:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 4, comma 4 (“4. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 6, non è consentito il ricorso all’indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite fi nanziarie.”) della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione”?” 

Annuncio di una richiesta di referendum popolare
Ai sensi degli articoli 7 e 27 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, in data 12 giugno 2014, ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa da tredici cittadini italiani, muniti dei certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali, di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall’art. 75 della Costituzione, sul seguente quesito:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 8, comma 1, limitatamente alle parole: “e dagli accordi internazionali in materia”, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione”?”

Annuncio di una richiesta di referendum popolare
Ai sensi degli articoli 7 e 27 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, in data 12 giugno 2014, ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa da tredici cittadini italiani, muniti dei certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali, di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall’art. 75 della Costituzione, sul seguente quesito:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 3, comma 2 (“2. L’equilibrio dei bilanci corrisponde all’obiettivo a medio termine.”) della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art.  81, sesto comma, della Costituzione”?”

Annuncio di una richiesta di referendum popolare
Ai sensi degli articoli 7 e 27 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, in data 12 giugno 2014, ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa da tredici cittadini italiani, muniti dei certificati comprovanti la loro iscrizione nelle liste elettorali, di voler promuovere una richiesta di referendum popolare, previsto dall’art. 75 della Costituzione, sul seguente quesito:
“Volete voi che siano abrogati l’art. 3, comma 3, limitatamente alla parola: “almeno”, e l’art. 3, comma 5, lettera a) , limitatamente alla parola: “almeno”, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione”?”





COMUNICATO STAMPA SUI REFERENDUM PROPOSTI SULLA LEGGE 243/2012
“RIPRENDIAMOCI LA CRESCITA, RIPRENDIAMOCI L’EUROPA: VOTA SI”


L’Italia, sia per il tramite dell’Unione europea che mediante il Fiscal Compact (vale a dire il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’unione economica e monetaria), ha assunto alcuni obblighi che incidono sulle procedure e sui contenuti delle decisioni di finanza pubblica che per Costituzione spettano invece agli organi di indirizzo politico della collettività: Governo e Parlamento.

In particolare va ricordato che, procedendosi a una rigorosa applicazione di un obbligo di carattere “promozionale” assunto con il Fiscal compact, la Costituzione è stata modificata nel 2012 mediante l’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 2012, recante la “introduzione del principio di pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”. Per dare attuazione al nuovo principio costituzionale è stata dunque approvata la legge n. 243 del 2012, che è oggetto dei quattro referendum abrogativi che il Comitato Promotore (vedi nomi in calce)  presenterà domani 12 giugno in una Conferenza stampa aperta al pubblico in Via Margutta 55, alle ore 14, dopo il deposito la mattina dei quesiti in Cassazione.

L’obiettivo che il Comitato Promotore  intende perseguire è quello di raccogliere le 500.000 firme per abrogare alcune disposizioni della legge n. 243 del 2012, che  consentono un’applicazione del principio costituzionale di equilibrio di bilancio attraverso  modalità e condizioni eccessivamente rigorose, che renderanno  necessarie politiche di austerità eccessive, solo dannose per il Paese, e in particolare per lo sviluppo, il lavoro e la stessa stabilità dei conti pubblici.
 
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Ecco i dati dell’ottusa austerità, dal 2007 al 2013:
Aumento del tasso di disoccupazione da a 6.1% al 12.7%
Aumento del tasso di disoccupazione giovanile (15-24) da 20,3% a 43,3%
Diminuzione dell’occupazione da  23.222.000 a 22.408.000   
Diminuzione del PIL reale di: 8.5%
Aumento del debito-PIL da 103.3% a 132.7%
Imprese fallite: 2880601

Un progetto così importante come quello europeo, rafforzato da una moneta comune che spinge al dialogo tra stati membri e che ci fa trovare uniti al tavolo geopolitico delle negoziazioni mondiali, è messo in crisi da politiche ottusamente austere che, come già ampiamente dimostrato dai numeri, non solo non rimettono in ordine  le finanze pubbliche dei Paesi membri, ma impediscono di generare un clima favorevole alle necessarie riforme e creano scoramento, scetticismo e disillusione – specie tra i più giovani - sul senso di un progetto in comune.

E’ quanto mai urgente in Europa ripristinare la possibilità di politiche economiche favorevoli alla ripresa degli investimenti, pubblici e privati, e della domanda interna all’area dell’euro.

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Sinteticamente, si invitano i votanti a esprimere sulle schede referendarie il loro “SI” ad una corretta applicazione dei vincoli europei sul bilancio, in breve a dire “SI alla fine dell'ottusa austerità, sì all’euro ed all'Europa del lavoro e dello sviluppo”.

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 IL COMITATO PROMOTORE

1) Mario Baldassarri,
2) Danilo Barbi,
3) Leonardo Becchetti,
4) Mario Bertolissi,
5) Melania Boni,
6) Flaviano Bruno,
7) Rosella Castellano,
8) Massimo D’Antoni,
9) Paolo De Ioanna,
10) Antonio Pedone,
11) Nicola  Piepoli,
12) Gustavo Piga,
13) Riccardo Realfonzo,
14) Giulio Salerno,
15) Cesare Salvi.

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Comunicato stampa del Comitato promotore dei 4 referendum

STOP ALL’AUSTERITÀ - SÌ ALLA CRESCITA, SÌ ALL'EUROPA DEL LAVORO E DELLO SVILUPPO

L’austerità ha fallito
Riprendiamoci la crescita, riprendiamoci l’Europa

Conferenza Stampa 
Sala Stampa della Camera dei Deputati
Via della Missione 4 – Roma
Giovedì 26 giugno 2014 
ore 13.00

I componenti del comitato promotore illustreranno le ragioni della iniziativa referendaria e descriveranno i quattro quesiti, alla presenza di alcuni tra gli esponenti delle forze sociali e politiche che hanno già preannunciato il loro sostegno alla campagna.

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VOTA SI’ AI 4 REFERENDUM "STOP ALL'AUSTERITÀ - SÌ ALLA CRESCITA, SÌ ALL'EUROPA DEL LAVORO E DELLO SVILUPPO"

Quattro quesiti referendari, per modificare alcune disposizioni della legge 243 del 2012, approvata nel periodo del Governo Monti, che ha costretto l'Italia a vincoli persino più stringenti di quelli previsti dalla normativa europea e dal cosiddetto “Fiscal Compact”. Come è noto, tutti i documenti governativi di programmazione economico-finanziaria da allora si sono attenuti ai vincoli europei, con gravi conseguenze sul piano economico e sociale. Il referendum è l'unico strumento che i cittadini hanno per lanciare un segnale forte al nostro Parlamento, per chiedere di fermare le politiche austere e ottuse che finiscono per aggravare il quadro recessivo, e per invocare una svolta espansiva di politica economica a favore dello sviluppo e del lavoro.

Da molti anni ormai spieghiamo che l'austerità non è la soluzione ai problemi creati dalla crisi. I dati relativi al nostro Paese parlano chiaro: “grazie” alle politiche messe in atto dal 2007 al 2013 si sono ottenuti questi risultati:

Aumento del tasso di disoccupazione: da a 6.1% al 12.7%
Aumento del tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni):  da 20,3% a 43,3% 
Diminuzione del PIL reale: - 8.5%
Aumento del rapporto debito-PIL: da 103.3% a 132.7%
Imprese che hanno cessato l'attività: 2.880.601 

Votare Sì ai quattro quesiti referendari che proponiamo, è una scelta di respiro non solo italiano, ma europeo.
Vuol dire, infatti, salvare l’Europa da politiche che dividono arbitrariamente il Continente tra Paesi di serie A e Paesi di serie B, riversando sulle realtà periferiche i più pesanti oneri del riequilibrio macroeconomico, con costi sociali non sostenibili. Vuol dire evitare che i  vincoli dell’austerità europea continuino a sfibrare il tessuto della comune cittadinanza europea facendo crescere l’intolleranza, scardinando le reti di solidarietà, mettendo a rischio la stessa tenuta dell’eurozona e il progetto di una Unione tra i popoli.

Con i Sì ai quesiti referendari daremmo una spallata a quell’ottusa austerità fatta da maggiori tasse e da tagli alla spesa che, in questa fase di recessione, peggiora il quadro della finanza pubblica e genera ulteriore disoccupazione, disgregando il tessuto sociale, frantumando le istituzioni pubbliche nazionali.

Con il Sì ai quattro referendum, daremo un impulso a un nuovo quadro di politica economica nel quale gli obiettivi delle politiche nazionali di bilancio siano finalizzati al sviluppo e al benessere dei popoli, e non siano meccanicamente vincolati da decisioni assunte da tecnocrazie europee sulla base di analisi tecniche fortemente discutibili (come quelle relative al PIL potenziale o alla disoccupazione naturale). Con i quattro Sì riporteremo democraticità nei processi decisionali che incidono sulle condizioni di vita di milioni di persone.  

Con i quattro Sì vogliamo sostenere tutti i governi europei e le forze politiche del Continente che si dimostrino realmente intenzionate a risvegliare la “bella addormentata” Europa. Rimettere le politiche economiche al servizio dello sviluppo, della occupazione della solidarietà tra i popoli, in un quadro democratico, è oggi indispensabile per rilanciare lo straordinario progetto di unione tra i popoli europei che fu concepito all’indomani dei tragici eventi della seconda guerra mondiale.

Sul piano giuridico, i quattro quesiti si propongono di abrogare quelle norme di legge che, imponendo o consentendo oneri aggiuntivi, vessatori e comunque ancora più rigoristi rispetto a quanto richiesto dalle norme europee e dal Fiscal compact, si presentano come una applicazione particolarmente “ottusa” del principio di equilibrio dei bilanci.

Per questi motivi, occorre votare “Sì” ai quattro referendum abrogativi "Stop all'austerità - Sì alla crescita, Sì all'Europa del lavoro e dello sviluppo".

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VOTA SÌ AI 4 REFERENDUM "STOP ALL'AUSTERITÀ - SÌ ALLA CRESCITA, SÌ ALL'EUROPA DEL LAVORO E DELLO SVILUPPO"

Il Comitato promotore è formato da personalità di diversissima formazione culturale e sensibilità politica, accomunate dalla critica ai vincoli europei dell’austerità e dalla consapevolezza dell’urgenza di una svolta espansiva alle politiche economiche nell'interesse generale della collettività.

COMITATO PROMOTORE  (e-mail: referendumstopausterita@gmail.com)

1) Mario Baldassarri, prof. univ. di economia politica
2) Danilo Barbi, CGIL nazionale
3) Leonardo Becchetti, prof. univ. di economia politica
4) MarioBertolissi, prof. univ. di diritto costituzionale
5) Melania Boni, dirigente pubblico
6) Flaviano Bruno, consulente
7) Rosella Castellano, prof. univ. di finanza matematica
8) Massimo D’Antoni, prof. univ. di scienza delle finanze
9) Paolo De Ioanna, consigliere di Stato  
10) Antonio Pedone, prof. univ. di scienza delle finanze
11) Laura Pennacchi, responsabile Forum Economia CGIL
12) Nicola Piepoli, presidente Istituto Piepoli
13) Gustavo Piga, prof. univ. di economia politica
14) Riccardo Realfonzo, prof. univ. di economia politica
15) Giulio M. Salerno, prof. univ. di diritto pubblico
16) Cesare Salvi, prof. univ. di diritto civile.




Un seminario sul futuro della politica economica europea

Il futuro della politica economica europea, dopo il voto
Un confronto tra Giannola e Realfonzo presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

L'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha organizzato un confronto pubblico sul futuro della politica economica in Europa a seguito delle elezioni del Parlamento europeo. Al seminario, dal titolo "Il voto del 25 maggio. Prospettive per l'Europa, l'Italia e il Mezzogiorno" parteciperanno il presidente della Svimez Adriano Giannola e Riccardo Realfonzo, dell'Università del Sannio. L'iniziativa si terrà mercoledì 4 giugno alle ore 16,30 presso la prestigiosa sede dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Palazzo Serra di Cassano, Via Monte di Dio 14, Napoli) e sarà moderata da Sergio Marotta (Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”).

Mezzogiorno: perché stiamo soffocando

Perché stiamo soffocando
Dietro i dati Istat sul Sud
di Riccardo Realfonzo
Corriere del Mezzogiorno, 30 maggio 2014

La crisi ha agito da cartina di tornasole delle croniche debolezze dell’economia italiana e delle sue contraddizioni, come conferma la lettura dell’ultimo Rapporto Istat. La più profonda di queste contraddizioni è naturalmente il dualismo Nord-Sud, che esce ancora più esasperato da questi anni di crisi. La fotografia delle due Italie è stata già tante volte scattata: il differenziale nel reddito per cittadino che aumenta, la disoccupazione che sale nel Mezzogiorno molto più che altrove, falciando soprattutto i giovani e le donne, i flussi migratori che segnano nuovi record, lo Stato sociale che si ritrae ben più che al Centro o al Nord. Ma a leggerlo bene, il Rapporto Istat chiarisce che la flessibilità del mercato del lavoro è ormai in linea con quella della Germania e conferma alcune cause del dualismo crescente, in buona misura le stesse di sempre.
Il Rapporto mostra, infatti, che l’unica componente della domanda di beni e di servizi che in questi anni ha mantenuto i suoi livelli è quella estera, mentre i consumi delle nostre famiglie, gli investimenti delle imprese e i consumi pubblici sono in caduta libera. È per questo che gli imprenditori che producono per i mercati esteri sono riusciti a mantenere i livelli di fatturato - e qualche volta li hanno persino accresciuti - mentre coloro che producono per il mercato interno hanno assistito a un crollo severo delle vendite, e hanno ridotto conseguentemente i livelli di attività. Ma per esportare occorre essere competitivi nel confronto internazionale e questa è una condizione che raramente è alla portata del tessuto produttivo meridionale. L’Italia nel suo insieme sconta, infatti, una rilevante inadeguatezza dell’apparato produttivo, soprattutto sul piano della dimensione delle imprese, delle tecnologie che esse adottano e degli assetti proprietari e gestionali. Basti pensare che l’apparato produttivo italiano è costituito per il 95% da piccolissime imprese (con meno di dieci addetti) che impiegano quasi sempre tecnologie tradizionali e hanno una conduzione familiare. Qui è il nostro Mezzogiorno a fare la parte da leone, mentre le realtà mediamente più grandi e avanzate dal punto di vista tecnologico e gestionale sono nel Centro-Nord. La “mappa dell’efficienza produttiva” elaborata dall’Istat lo conferma con una certa precisione: le microimprese “hanno un livello di efficienza inferiore a quello nazionale” e non a caso le imprese settentrionali risultano ben più efficienti di quelle meridionali.
Insomma, l’apparato produttivo del Centro-Nord, con tutti i suoi limiti, è ben più attrezzato di quello meridionale per cogliere quel po’ di traino delle esportazioni che anche in questi anni si è potuto registrare, soprattutto grazie alla spinta dei paesi esterni all’Unione Monetaria (USA in testa) che si sono ben guardati dall’adottare politiche restrittive. Mentre la grandissima maggioranza delle imprese meridionali restava a boccheggiare nell’asfittico mercato interno. Il tutto per tacere della assoluta carenza di infrastrutture materiali e immateriali nel Mezzogiorno, e di una spesa pubblica in ritirata più che altrove. In un quadro di austerity che colpisce soprattutto le realtà più deboli e nel deserto della politica industriale si capisce come mai il prodotto interno lordo per cittadino del Mezzogiorno sia prossimo ai livelli minimi europei e come mai ogni anno quasi 90mila abitanti di queste terre decidono di emigrare.

La commemorazione di Augusto Graziani

Giovedì 22 maggio, alle ore 17,00, Adriano Giannola (presidente della Svimez) e Riccardo Realfonzo (Università del Sannio) commemoreranno il professor Augusto Graziani, scomparso il 5 gennaio scorso. L'evento è organizzato dalla Accademia Pontaniana e dalla Società Nazionale di Scienze Lettere e Arti, e si terrà presso la sede storica delle accademie, in via Mezzocannone n.8, secondo piano, a Napoli.


[Nella foto, da sinistra: Riccardo Realfonzo, Augusto Graziani e Mario Draghi]