Napoli va avanti sull'acqua pubblica

Oggi (30 luglio) il Consiglio Comunale di Napoli ha approvato insieme al bilancio consuntivo 2008 una importante mozione sull'acqua pubblica. Questo è il comunicato stampa (Ansa) che è uscito:

Comunicato StampaAssessore alle Risorse Strategiche del Comune di Napoli
Realfonzo: "L'approvazione della mozione sull'acqua pubblica è un risultato straordinario per Napoli. Ora nessuno più ostacoli questo percorso"
A seguito della approvazione in Consiglio Comunale della mozione a favore dell'acqua pubblica, avvenuta nel corso della discussione del Bilancio Consuntivo, l'Assessore alle Risorse Strategiche, prof. Riccardo Realfonzo, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Sono entusiasta per l'approvazione della mozione sull'acqua pubblica avvenuta oggi in Consiglio Comunale, anche perché con questo importante passaggio il Consiglio ha fatto suo uno dei principali punti politico-programmatici sui quali mi sono costantemente battuto sin dai primi giorni del mio incarico in Giunta”. L'Assessore Realfonzo ha proseguito: “Con questa mozione il Consiglio Comunale si esprime a favore del mantenimento in mano pubblica del servizio idrico e si predispone ad introdurre nello Statuto del Comune di Napoli una precisa definizione dell'acqua come bene comune, privo di rilevanza economica, la cui fruizione rappresenta un diritto fondamentale dei cittadini. Con ciò il Consiglio Comunale ha chiarito che il servizio idrico per essere davvero equo ed efficiente non può che essere gestito da un soggetto totalmente pubblico, in linea con quanto chiesto in questi anni da tanta parte della società civile ed anche dall'appello degli intellettuali apparso in questi giorni sulla stampa a sostegno della Giunta partenopea. La mozione si spinge meritoriamente anche ad introdurre il concetto di “minimo vitale giornaliero” di acqua potabile da garantire a tutti, a cominciare dalle fasce meno abbienti della popolazione”.
“L'approvazione di questa mozione - ha continuato l'Assessore Realfonzo - non segna tanto il successo di una specifica parte politica bensì un grande momento di affermazione di civiltà e progresso per la città di Napoli che in tal modo si pone alla testa del movimento nazionale e internazionale degli enti locali a favore dell'acqua pubblica”.“A questo punto, mi aspetto che si proceda velocemente ad attribuire la gestione del servizio idrico ad un soggetto interamente pubblico. Dopo poche settimane dal mio insediamento alla carica di Assessore alle Risorse Strategiche del Comune di Napoli, avvenuta nel gennaio scorso, ho fatto una serie di passi in questa direzione, pervenendo alla formulazione di uno schema di delibera che ho provveduto a sottoporre alla attenzione del Consiglio di Amministrazione dell'Ambito Territoriale Ottimale, l'ATO 2, di cui fa parte il territorio del napoletano. Ora, dopo questo impegnativo e stringente pronunciamento del Consiglio Comunale di Napoli, e considerato anche un recente ordine del giorno approvato dal Comune di Caserta, auspico che anche la Provincia di Napoli possa sostenere quella proposta e nulla più ostacoli la realizzazione nel nostro territorio di una esperienza straordinaria nel segno dell'acqua pubblica, della solidarietà e della difesa dei diritti universali. Per quanto mi riguarda - ha concluso l'Assessore Realfonzo – continuerò a battermi per questo risultato”.

Confronto tra economisti sul Mezzogiorno

"Il Foglio" ha organizzato un confronto tra economisti sui temi del Mezzogiorno, sentendo anche me. Qui in basso l'articolo di sintesi:
Economisti nei panni (scomodi) di un ministro per il Sud (ipotetico)
di Marco Valerio Lo Prete
Il Foglio, 29 luglio 2009
L’idea del "ministro del Sud" è balenata, come ha scritto il Foglio qualche giorno fa, nel corso di una riunione tra il premier Silvio Berlusconi e i vertici del Pdl. La proposta, rilanciata nel dibattito su un ipotetico "partito del sud", fa ancora parte a pieno titolo del mondo delle idee non realizzate. Mentre resta in piedi, solida come mai, la cosiddetta "questione meridionale", oggi associata per immediatezza polemica a temi come i fondi (regionali ed europei), il federalismo fiscale e la sanità. Sarebbero questi gli argomenti clou dell’agenda economica di un dicastero del Sud che si insediasse domani. "Di inversione di rotta si è sentito parlare anche troppo - dice al Foglio Carlo Stagnaro, dell’Istituto Bruno Leoni - piuttosto un ministro del Sud dovrebbe fare professione di umiltà e prendere atto che il divario tra nord e sud in termini di reddito pro-capite, qualità del sistema sanitario e dell’istruzione non è diminuito con le politiche attuate fino ad ora". L’alternativa proposta da Stagnaro è quella della "disintossicazione del sud dagli aiuti": "Si tratta di sostituire i finanziamenti diretti dello stato a soggetti specifici con l’impostazione di un ambiente favorevole alla libera intrapresa”. In termini concreti, secondo il think tank liberista, si potrebbe ad esempio abolire I’Irap e ridurre l’Ires per le imprese che operano nel Meridione. "In questo modo tutta l’area diverrebbe più attraente anche per soggetti esteri". Una pietra sul passato la metterebbe anche Gianfranco Polillo, consigliere economico di Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, che giudica "fallimentare" la "nuova politica economica" venuta subito dopo la fine dell’ “intervento straordinario” nei primi anni 90.
"In ossequio a criteri puramente quantitativi, si sono tirati fuori dal cassetto progetti collaterali, figli di interessi particolari, soltanto per tentare di dimostrare che si stava utilizzando la quantità maggiore possibile di denaro". Ma oltre al "quanto" si dovrebbe d’ora in poi tenere presente il "come". Secondo Polillo il problema non è al momento il reperimento dei fondi - visto che "quelli comunitari non sono ancora stati toccati e poi ci sono circa 60 miliardi di euro da gestire per opere in co-finanziamento Ue-Italia" - ma quello di attuare "politiche keynesiane all`interno di un progetto industriale" e di una "coerenza sistemica". Quest’ultima vedrebbe il Meridione essenzialmente come "piattaforma logistica naturale" del nostro paese verso il bacino Mediterraneo e i Balcani: "Un po’ come fu il nord-est verso l’Europa orientale post 1989, soltanto che allora non ci fu bisogno dell’intervento dell’autorità centrale".
Sul fatto che un eventuale ministro del Sud debba seguire una "strategia selettiva degli investimenti" concorda anche Riccardo Realfonzo, professore ordinario di Economia politica all’Università del Sannio e assessore al bilancio del comune di Napoli, che però, pur riconoscendo l’importanza delle reti infrastrutturali, si oppone all’idea di "trasformare il sud in un grande crocevia logistico. Perché in questo modo il valore aggiunto che produrremmo sarebbe ai minimi termini".
L’obiettivo dovrebbe essere piuttosto quello di creare un "modello autopropulsivo", attraverso il rafforzamento innanzitutto dell’apparato produttivo. "L’intervento pubblico può essere il volano di questa operazione", spiega Realfonzo, che sottolinea come in queste ore, sulla rivista telematica da lui diretta (economiaepolitica.it), si parli di “una nuova Gepi per risanare l`industria". Non una "seconda Gepi", visto che con alcuni accorgimenti si può evitare che una struttura di salvataggio e di riorganizzazione di aziende risanabili torni a essere associata automaticamente a sperpero di denaro pubblico e assistenzialismo. Risorse aggiuntive andrebbero reperite "attraverso un fisco maggiormente progressivo e un intervento sulle rendite finanziarie". A proposito del sistema tributario, l’economista ritiene il federalismo fiscale "una mannaia che rischia di abbattersi sul sud", incrinando così la "solidarietà nazionale". E i continui trasferimenti fiscali dal nord verso il sud? "Non ci sono sola questi flussi, ma anche quelli inversi di capitale umano che arricchiscono il nord".
Di avviso diverso è Marcello Crivellini, professore di Analisi e organizzazione dei sistemi sanitari al Politecnico di Milano e consigliere dell’Associazione Luca Coscioni: "Il federalismo fiscale, opportunamente implementato, può essere l’occasione per un’operazione verità sui sistemi sanitari - spiega al Foglio - perché è giusto parlare di due sistemi sanitari in Italia, quello delle regioni di centro-nord e quello del sud. Quest’ultimo con standard di servizio da terzo mondo". Lo dimostra una vera e propria migrazione di pazienti: "Nel 2005 l’indice di fuga raggiunge il 14,7 per cento in Calabria, contro il 3,9 della Lombardia". Possibile invertire la rotta? "Chiunque diventasse ministro del Sud dovrebbe innanzitutto andare a dormire in una caserma dei carabinieri e da lì impegnarsi pubblicamente a non spendere nemmeno un euro in più per la sanità". Quest’ultima già oggi "costituisce il 70 per cento dei bilanci regionali" e, secondo il professore, "i suoi interessi non coincidono con quelli della salute dei cittadini". "La vera proposta riformatrice - conclude - è l’introduzione di un sistema valutazione-informazione-scelta a tutti i livelli del sistema sanitario".

Il Sud affonda nella crisi perenne

Quelli de "il manifesto" mi hanno chiesto un editoriale sul Rapporto Svimez. Lo ripropongo qui in basso.


Il Sud affonda nella crisi perenne

il manifesto, 17 luglio 2009
pagina 1

di Riccardo Realfonzo

Le previsioni più pessimistiche sul Mezzogiorno risultano confermate. Questa amara conclusione si ricava dalla lettura del Rapporto Svimez 2009 il quale mostra inequivocabilmente che il reddito di un cittadino del Sud rappresenta una parte sempre più risicata del reddito di un italiano del Nord. Si tratta, quel che è peggio, di un dato non strettamente congiunturale, dal momento che negli ultimi dieci anni il Sud è cresciuto la metà rispetto al resto del Paese. Ma il grado di sviluppo e di benessere non si misura certo solo in base al reddito. Se guardiamo alla qualità dei servizi pubblici o dell’ambiente, il Mezzogiorno perde ancor più terreno rispetto al resto del Paese. Con il risultato che, in Italia, la povertà, la disoccupazione, il lavoro precario e quello nero si concentrano quasi esclusivamente nel Sud.
Queste considerazioni impietose sullo stato dell’economia meridionale ci spingono a interrogarci sull'efficacia delle politiche per il Mezzogiorno di questi anni. Il riferimento purtroppo non è solo alle scellerate politiche leghiste del Governo in carica (per inciso lo Svimez stima in 18 miliardi la quota di risorse sottratta negli ultimi due anni al Mezzogiorno) ma anche agli interventi sostenuti dalle stesse coalizioni progressiste al livello nazionale e locale. Assolutamente vane si sono infatti dimostrate le speranze di quanti, tra le fila progressiste, credevano nei virtuosi meccanismi spontanei del mercato che avrebbero dovuto attivarsi con la moneta unica, con l'apertura dei mercati, con la precarizzazione del lavoro. Così come del tutto illusori si sono mostrati gli effetti delle privatizzazioni. E qui bisognerebbe interrogarsi sugli esiti delle politiche che hanno sostituito l’intervento straordinario, teorizzate da economisti di moda anche nel centrosinistra benché irretiti dal fascino della concorrenza e dalle teorie neoliberiste. Politiche che hanno visto la sterile stagione degli incentivi automatici e l'erogazione a pioggia dei fondi europei, degenerando troppo spesso in mere strategie del consenso.
Ed ora la gravissima crisi che stiamo attraversando assume nel Mezzogiorno i caratteri cupi dell'emergenza sociale e si abbatte sull'economia come una sorta di gigantesco moltiplicatore dei divari regionali. Come viene sottolineato dalla Svimez: “la diffusa percezione di una crisi che avrebbe riguardato soprattutto le aree più industrializzaste del Paese è purtroppo smentita dai fatti”.
Per tutte queste ragioni, occorrerebbe una svolta nel quadro delle proposte progressiste capace di mettere a valore gli sviluppi recenti del meridionalismo e di recuperare la migliore cultura della programmazione economica e della pianificazione territoriale. Al centro di questa azione – come lo stesso Rapporto Svimez suggerisce – non possono che essere poste le politiche industriali specificamente indirizzate a spingere il tessuto produttivo meridionale verso un “salto” tecnologico e dimensionale. Forse è troppo sperarlo, ma sarebbe davvero il caso che il congresso del Partito Democratico si scuotesse dal torpore, stigmatizzasse qualsiasi ipotesi di aggregazione politica meridionale sul modello leghista, e riprendesse le fila di un dibattito vero intorno alle condizioni per un riscatto del Sud.

I materiali del Convegno "Mezzogiorno Questione Nazionale"

Quello del 9 luglio all’Istituto di Studi Filosofici è stato un appuntamento importante per la città. Se in un afoso pomeriggio di luglio tante persone hanno affollato il salone principale di Palazzo Serra di Cassano (con oltre 200 presenze e 15 interventi), vuol dire che i temi affrontati nel dibattito sono molto sentiti dai napoletani e che l’idea di promuovere un manifesto politico-programmatico per dare impulso a una nuova fase nelle politiche economiche e sociali per il Mezzogiorno coglie un’esigenza reale. Ma di questo avrò occasione di parlare ancora. Per il momento raccolgo qui i materiali del convegno.

La registrazione audio del Convegno fatta da Radio Radicale.

Il testo della mia relazione introduttiva.

Il commento di Aldo Masullo.

Un articolo di Carlo Iannello.

Un servizio televisivo.

Da un blog il video dell'intero dibattito.

Una intervista al Corriere del Mezzogiorno.

Il programma del Convegno.