Più tasse e più disservizi, de Magistris poteva evitarlo














Più tasse e più disservizi, de Magistris poteva evitarlo
di Riccardo Realfonzo
Corriere del Mezzogiorno, 6 ottobre 2012

Con l’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto “salva-Comuni” il prossimo futuro della città di Napoli e della amministrazione de Magistris sembra ormai segnato. Superata la ritrosia iniziale a chiedere aiuti, il sindaco aveva riposto tutte le speranze nel decreto del governo per uscire dal tunnel in cui si è cacciato. Ma il decreto non risponde alle sue speranze. Le quantità totali non sono note, ma l’intervento previsto dal fondo rotativo per i Comuni in pre-dissesto è piuttosto contenuto, dal momento che si ferma a un massimo di cento euro per abitante. Soprattutto, il governo non regala nulla imponendo un regime sostanzialmente commissariale, che prevede controlli severi sull’operato della Giunta, un piano di riequilibrio in cinque anni, aumenti di tasse e tariffe dei servizi (a copertura integrale dei costi, se si accede al fondo), pesanti tagli delle spese, riduzioni di personale.
A questo punto, il Comune di Napoli cadrà nel dissesto o in una forma conclamata di pre-dissesto, che non differisce molto dal dissesto stesso e rischia di esserne solo la premessa.
Le responsabilità politiche della bancarotta sono gravissime, e fanno capo in primo luogo al ventennio bassoliniano-iervoliniano e al sistema politico-clientelare che ha spremuto la città per anni e anni. E non mancano le responsabilità dei governi centrali, che a colpi di tagli ai trasferimenti e vincoli sempre più stringenti al Patto di Stabilità hanno aggravato le condizioni della finanza pubblica locale. Ma certo de Magistris non può illudersi di scaricare su altri tutte le responsabilità politiche. Ce ne sono tante anche sue e troppo evidenti per restare celate. Nella primavera dell’anno scorso una Città esausta, in ginocchio, gli aveva consegnato fiduciosa la grande opportunità di rompere con le politiche del passato ed avviare finalmente una azione di risanamento incisiva e veritiera. Promesse che il sindaco aveva solennemente assunto in campagna elettorale ma che poi ha tradito nei mesi successivi, giungendo ad estromettere – in piena continuità con quanto già avvenuto in passato – quanti invece avevano scritto quel programma e intendevano rispettarlo.
Un anno e mezzo fa, al momento dell’insediamento della nuova Giunta, era ancora possibile un’alternativa tra la strada che portava al dissesto e una linea di risanamento radicale. Una azione, quest’ultima, compatibile con il pieno autogoverno della Città, nonché con la realizzazione di interventi socialmente accorti e razionali, che evitassero di riversare sulla parte meno fortunata della Città e sui lavoratori i costi del riequilibrio economico. E invece la politica di de Magistris si è caratterizzata per un ridicolo appello alla finanza creativa, per una propaganda populistica spacciata per amministrazione virtuosa, restia ad affrontare i problemi atavici della Città, tutta concentrata sull’effimero dell’effetto mediatico e del tutto scollata dalle esigenze reali del tessuto sociale e produttivo. Adesso, gettato al vento quasi un anno e mezzo, la situazione è ulteriormente compromessa e la via del risanamento risulta ormai preclusa. Oggi la Giunta della “rivoluzione arancione” e dei “miracoli laici” vanta un disavanzo di oltre 400 milioni, residui passivi (cioè debiti) per 3 miliardi, ritardi dei pagamenti di 4 anni, gravissime difficoltà nel rispettare il Patto di Stabilità e nel sostenere le indebitatissime società partecipate (ANM e Bagnolifutura in testa).
Dunque la possibilità di un risanamento autonomo e socialmente equilibrato non c’è più. Il governo della Città si appresta a perdere una parte della sua sovranità e anche i rischi per gli amministratori diventano molto seri, a cominciare dalla ineleggibilità per dieci anni. E ci chiediamo: adesso de Magistris si deciderà a utilizzare più seriamente il denaro pubblico?
Ma il prezzo più salato lo pagherà la Città, per la quale l’amministrazione attuale non ha adottato le soluzioni necessarie – che pure erano tecnicamente disponibili ed erano state presentate con tutti i crismi al Sindaco. Giunti a questo punto, le risorse per la vivibilità cittadina si ridurranno ancora. Vedremo disfarsi sempre più la rete stradale e peggiorare ulteriormente il decoro urbano. I mezzi del trasporto pubblico circoleranno ancora meno. Conosceremo un incremento consistente delle tariffe per le mense scolastiche, per il trasporto dei disabili e per qualunque altro servizio comunale. Molti lavoratori delle partecipate comunali e del loro indotto rischieranno di perdere lavoro e salario. Si ridurranno i servizi sociali, aumenterà ancora la Tarsu e forse anche l’IMU sulla prima casa. Una Città alla paralisi, con i cittadini meno abbienti che pagheranno il prezzo più caro.
Insomma, a meno di una sostanziale revisione del “salva-Comuni” in Parlamento, Napoli verrà cacciata ancora una volta indietro dalla malapolitica che proprio non riusciamo a sradicare.