"dissento da quello che gli economisti americani chiamano mainstream, il comune modo di pensare della maggioranza. La nuova generazione di economisti, purtroppo, è fatta di conformisti" (Augusto Graziani)
Politiche preventive contro il dissesto
Politiche preventive contro il dissesto
di Riccardo Realfonzo
Il Sole 24 Ore, 29 ottobre 2012
Il recente decreto sugli enti locali cerca di porre un argine alle crescenti difficoltà economico-finanziario dei Comuni, introducendo controlli e sanzioni, nonché un sistema di aiuti per gli enti in predissesto, che hanno cioè serie difficoltà ad assicurare le funzioni indispensabili.
Il dissesto vero e proprio recentemente è scattato per Alessandria e Caserta, e le procedure della Corte dei Conti (che può “guidare” il dissesto sulla base della normativa sul federalismo fiscale) sono in stato avanzato per Reggio Calabria e Ancona. Ma ci sono altre città oramai al collasso, come Napoli, Foggia e Palermo. Tuttavia, al di là dei casi più eclatanti è la condizione generale dei Comuni che preoccupa. Come testimonia una recente relazione della Corte dei Conti, i Comuni registrano disavanzi di cassa sempre maggiori, segno di uno squilibrio rilevante tra le riscossioni effettive e i pagamenti. E se la capacità di riscuotere le entrate previste in bilancio è bassa, si comprende come mai cresca rapidamente il volume dei residui passivi (in certo senso, i debiti dei Comuni) che nell’aggregato è giunto a superare abbondantemente i 3 punti di PIL. Al tempo stesso, aumentano i Comuni che non riescono a stare dentro ai vincoli del Patto di Stabilità Interno (come Torino nel 2011). Ed è così che le difficoltà dei Comuni si riversano sull’economia, trasformando questi enti in killer dello sviluppo locale.
Le ragioni di questa degenerazione della finanza comunale sono diverse. Non mancano gravi responsabilità di vecchi e nuovi amministratori locali. Per questo è indispensabile rafforzare i controlli. Qui interviene il decreto “salva Comuni” per il quale il piano quinquennale di riequilibrio presentato dai Comuni in predissesto va approvato dalla Corte dei Conti e dai ministeri dell’Economia e degli Interni, e la sua esecuzione è attentamente monitorata dalla Corte dei Conti. Inoltre, viene prevista la nomina governativa del presidente del collegio dei revisori e sono introdotte sanzioni per gli amministratori responsabili dei dissesti (se tutte: l’ineleggibilità per dieci anni). Questo sistema di controlli, se rigidamente applicato, potrebbe utilmente contribuire ad affrontare uno dei problemi atavici del nostro Paese: la scarsa qualità della spesa pubblica come risultato di incompetenze amministrative ed invasività di sistemi clientelari e malavitosi (come sembra confermare anche lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria).
Ma tra i colpevoli delle bancarotte comunali va iscritta anche la politica economica nazionale che persiste nel tentativo di “risanare” la finanza pubblica a colpi di tagli dei trasferimenti ai Comuni. Basti pensare che, solo per il triennio 2012-2014, l’insieme dei tagli decisi dagli ultimi due governi vale ad oggi - prima della Legge di Stabilità in discussione - già oltre 16 miliardi (a cui si aggiungono i maggiori vincoli del Patto di Stabilità per oltre 12 miliardi). L’impatto negativo di queste manovre sulla solidità finanziaria dei Comuni è evidente. Qui interviene il decreto Monti, per il quale i Comuni in predissesto possono ottenere una anticipazione di liquidità (da restituirsi al massimo in dieci anni) mediante un Fondo di rotazione, che eroga sino a 100 euro per abitante. Alcuni considerano contenuto questo importo e ne chiedono l'incremento. Ma non servono colpi di spugna; sarebbe molto più sensato rivedere la politica generale dei tagli ai Comuni e rafforzare al massimo i controlli, in modo da assicurare la buona spesa pubblica locale che serve ai cittadini e alle imprese, piuttosto che essere costretti a correre in soccorso di quei Comuni che il governo stesso ha contribuito a dissestare.