La Corte boccia il piano del Comune di Napoli: Realfonzo aveva visto giusto

La Corte boccia il piano di riequilibrio del Comune di Napoli: Realfonzo aveva visto giusto
Realfonzo: "Il tempo è galantuomo, avevo ragione"
Il Corriere del Mezzogiorno, 22 gennaio 2014


Professor Realfonzo, in un’intervista rilasciata al nostro giornale, il 23 agosto 2011, Lei dichiarò che il Comune era “sull’orlo del dissesto”. Il sindaco e gli amministratori a lui più fedeli si dissociarono, la considerarono una esagerazione senza fondamento. Oggi l’autorevole parere della Corte dei Conti chiarisce che aveva ragione Lei.

Il giudizio della Corte avvia un importante processo di ristabilimento della verità oggettiva, dopo settimane di fango, invereconde falsità e insensatezze. Chiunque avesse guardato i conti del Comune con competenza e onestà intellettuale sarebbe giunto alle mie conclusioni. Ma all’epoca dell’insediamento della giunta prevalsero altre logiche, irrazionali e deleterie. Tuttavia il tempo è sempre galantuomo. I fatti hanno la testa dura e alla fine si impongono, che ci piaccia o meno.

Lei pagò cara quella presa di posizione: pochi mesi dopo fu cacciato da palazzo san Giacomo.

E’ una vicenda amara, ma non certo per ragioni personali. Il problema vero riguarda la città: in quei mesi vennero prese decisioni sbagliate, che hanno aggravato ulteriormente la situazione di bilancio del Comune, con gravi ripercussioni per i cittadini, anche in termini di deterioramento ulteriore dei servizi erogati.

In che modo, secondo Lei, si sarebbe potuto evitare questo disastro?

Bisognava proseguire nell’azione di risanamento che avevo avviato. Proposi una profonda, dettagliata riforma della macchina comunale, tra l’altro con un azzeramento del numero dei dirigenti a contratto. Indicai una strategia di ristrutturazione delle società partecipate, attraverso la fusione di quelle realmente necessarie ai cittadini e la dismissione dei carrozzoni. Era un piano equilibrato che, tutelando l’occupazione, avrebbe aumentato la produttività del lavoro e avrebbe permesso di risparmiare centinaia di milioni di euro. Insomma, l’applicazione di un mio vecchio slogan: “rigore nel pubblico per la difesa del pubblico”. Il problema è che le mie proposte toccavano rendite di posizione e privilegi consolidati. Anziché rispettare la promessa elettorale di colpire quel ventre molle di interessi particolari, alla fine allontanarono me e la politica di rinnovamento venne bloccata.

In quella fase Lei si fece molti nemici. Giuseppe Narducci, anche lui ex assessore defenestrato da De Magistris, ha detto che i Suoi avversari non Le hanno risparmiato niente e l’ha difesa contro gli attacchi di questi giorni.

Narducci è un galantuomo, oltre che un magistrato autorevole. La sua cacciata da palazzo San Giacomo fu un altro segno della fine di qualsiasi speranza di rilancio della città. La sua presa di posizione a mio favore, così come quella che a suo tempo fece Roberto Saviano, mi onorano, e rendono ancora una volta giustizia ai fatti.

E ora? C’è ancora un modo per scongiurare il dissesto?

Dal punto di vista tecnico la Corte ha chiarito che il Comune è di fatto già in dissesto. Sul piano politico può anche darsi che tenteranno di prolungare l’agonia, magari con l’ennesima toppa governativa. Ma questa soluzione farebbe solo danni ulteriori: le riforme sarebbero ancora una volta rinviate e i contribuenti napoletani si ritroverebbero con altri debiti verso lo stato centrale. A mio avviso bisognerebbe procedere in direzione esattamente opposta: la Corte dei Conti dovrebbe definitivamente formalizzare il dissesto del Comune e avviare il commissariamento. Le forze politiche e sociali dovrebbero prendere atto del fallimento dell’attuale esperienza amministrativa e permettere che si apra una pagina nuova per Napoli.

Lei è un noto economista keynesiano, un sostenitore della necessità che i poteri pubblici contribuiscano a regolare il funzionamento dell’economia. Eppure a livello locale è un fautore del rigore nella gestione del bilancio comunale. Come si conciliano queste due posizioni?

E’ proprio una posizione di assoluta legalità e trasparenza nella gestione della macchina amministrativa che legittima i fautori dell’intervento pubblico e delle politiche espansive a criticare le politiche di austerità imposte dall’Europa. I nostri nemici si annidano non solo tra i dogmatici smantellatori dello Stato ma anche tra gli apologeti dello spreco e del clientelismo.

Intanto de Magistris chiede una legge speciale per Napoli.

Il sindaco un giorno si sveglia con l’idea balzana di rendere Napoli una “città autonoma”, il giorno dopo si sveglia con il proposito logicamente opposto di chiedere altri fondi al governo. Questa improvvisazione scriteriata e contraddittoria nel gestire problemi così delicati fa solo danni. Oltretutto vorrei ricordare che un finanziamento speciale per Napoli si è già ottenuto, grazie al lavoro preparatorio del mio assessorato. Fui io personalmente a coordinarmi con l’Anci, Del Rio e Rughetti per ottenere quei fondi. Ma io chiedevo risorse offrendo in cambio un piano rigoroso di modernizzazione e di rilancio della macchina amministrativa. Oggi chi chiede fondi al governo centrale non ha alcuna credibilità.

SULLA QUESTIONE SI VEDA ANCHE L'INTERVISTA DI REALFONZO A REPUBBLICA DEL 31 GENNAIO 2013: "IL COMUNE ORMAI E' IN DISSESTO, IRREALISTICO IL PIANO DELLA GIUNTA"