di Emilio Carnevali
Pagina 99, 13 marzo 2014
Finalmente i numeri. Dopo le indiscrezioni più fantasiose che si sono susseguite nelle ultime settimane, Carlo Cottarelli, il commissario straordinario alla revisione della spesa, ha consegnato il suo rapporto. I risparmi possibili nell'arco di tre anni ammontano a 34 miliardi, per il 2014 i tagli potenziali alla spesa si attestano sui 3 miliardi di euro. Sette sono i settori di intervento indicati come prioritari: 1. Trasferimenti alle imprese dello stato e delle regioni. 2. Compensi dei dirigenti pubblici. 3. Spesa per le pensioni. 4. Sanità. 5. Costi della politica. 6. Microfinanziamenti. 7. Beni e servizi acquistati dalla pubblica amministrazione.
Del tutto sottaciuto è stato invece il discorso sull'impatto macroeconomico della spending review, cui il governo ha affidato il compito di fornire le risorse per le politiche di crescita . «Nel valutare le conseguenze di una manovra che abbatte la pressione fiscale finanziandosi con riduzioni di spesa pubblica bisogna considerare l'effetto espansivo del taglio delle tasse ma anche l'effetto restrittivo di quello alla spesa. Dimenticarsi di quest'ultimo aspetto sarebbe molto grave», commenta a Pagina 99 Riccardo Realfonzo, ordinario di Fondamenti di economia politica all'Università del Sannio. «Gli studi di cui disponiamo, per esempio quelli molto recenti del Fondo monetario internazionale (alcuni dedicati esplicitamente all'Italia), sostengono che l'effetto dei tagli di spesa è maggiore di quello del taglio delle tasse. È ciò che si insegna nei corsi universitari del primo anno con il teorema di Haavelmo».
Questi risparmi dovrebbero però essere finalizzati ad eliminare gli sprechi e rendere così più efficiente la macchina burocratico-amministrativa. È giusto che i soldi dei contribuenti siano gestiti in modo oculato. «Giustissimo», concorda Realfonzo. «Per questa valutazione dovremo però aspettare i dettagli su misure fin qui enunciate solo in modo molto vago. Tagliare gli sprechi è sacrosanto. Ma da un punto di vista macro gli effetti di riduzioni di spesa pubblica, sopratutto se produttiva, devono essere considerati se vengono utilizzati per una operazione, come quella che ha messo in cantiere Renzi, che si vorrebbero di stimolo e di rilancio dell'economia. Il problema è che se si dovesse tentare di fare tutto entro i vincoli europei, che impongono consistenti avanzi primari per continuare a inseguire irrealistici obiettivi su deficit e debito, non assisteremmo a una manovra effettivamente espansiva».