Attenti, l'euro scoppia sotto i colpi del rigore

di Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo
Il Sole - 24 Ore, 16 giugno 2010
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Il governo dichiara che i cosiddetti “sacrifici” si rendono necessari per risanare i conti pubblici, tranquillizzare i mercati e salvaguardare l’euro. Nel dibattito politico questa giustificazione viene data quasi per scontata. Ma sarà vera? Oltre 100 economisti sostengono di no, e in una Lettera destinata al Parlamento e alle autorità di politica economica denunciano che le politiche restrittive approntate dai governi italiano ed europei rischiano di produrre effetti opposti a quelli dichiarati (http://www.letteradeglieconomisti.it/).
La Lettera degli economisti mette in luce un paradosso: le politiche economiche europee per la prima volta si muovono in concerto, ma lo fanno nella direzione sbagliata. In perniciosa sincronia i paesi europei realizzano delle tremende strette di bilancio in una fase storica in cui una rinnovata ripresa americana appare improbabile e non sembrano esservi altre locomotive esterne all’Unione monetaria. In un simile scenario è lecito temere che le restrizioni operate dai governi europei determineranno una ulteriore caduta dell’occupazione, un aumento della mortalità delle imprese e quindi un nuovo capitombolo dei redditi, delle entrate fiscali e dei ricavi imprenditoriali. Una ricaduta nella crisi agirebbe poi in modi diversi sulle strutture produttive dei vari paesi. Soprattutto nelle aree periferiche dell’Unione la disoccupazione e le bancarotte potrebbero crescere ai ritmi tipici di una deflazione da debiti. Di questo passo, alcuni paesi in difficoltà potrebbero a un certo punto esser sospinti al di fuori della zona euro, o potrebbero scegliere deliberatamente di abbandonare la moneta unica per cercare di sottrarsi alla spirale recessiva nella quale l’Europa si è infilata. Lo sganciamento dall’euro implicherebbe pure una svalutazione in termini di valuta estera dei titoli privati e pubblici dei paesi fuoriusciti. L’eventualità che ciò possa verificarsi rappresenta la molla principale della speculazione, molto più che gli andamenti dei meri rapporti tra debito pubblico e Pil. Dunque, benché vengano presentate come manovre per la salvaguardia dell’unità europea, le politiche restrittive potrebbero in realtà condurre a una vera e propria deflagrazione della zona euro. Esiste un modo per scongiurare tale pericolo? La Lettera indica in primo luogo una serie di interventi contro la speculazione, che siano più incisivi di quelli sui quali attualmente si discute e che diano tempo alle istituzioni democratiche di rivedere gli errori commessi e di ripensare la strategia di politica economica. Bisognerebbe quindi affrontare gli squilibri interni all’Unione alimentati soprattutto dalle politiche deflazioniste della Germania, che da tempo si colloca in sistematico avanzo commerciale rispetto agli altri paesi membri. Inoltre, i firmatari della Lettera ritengono necessario che l’Europa costruisca al proprio interno un autonomo motore di sviluppo, fondato sulla produzione pubblica di quei beni collettivi che tipicamente sfuggono alla logica dell’impresa privata e che generano fallimenti del mercato.
La Lettera suggerisce una via d’uscita dalla crisi che chiaramente confligge con la linea di politica restrittiva imposta soprattutto dalle autorità tedesche. Le soluzioni avanzate tuttavia non sono estranee ai lavori preparatori dei Trattati europei, ed appaiono effettivamente in grado di scongiurare il rischio di una crisi dell’Unione monetaria. Criticare nel merito le proposte contenute nella Lettera degli economisti sarebbe apprezzabile ai fini dell’avvio di un dibattito. Ancor di più lo sarebbe il riconoscimento, almeno da parte del governo italiano, che le politiche restrittive accrescono il pericolo di implosione della zona euro.