Il settimanale Left (con un articolo di Luca Bonaccorsi del 17 maggio 2014) fa il punto sul dibattito tra gli economisti italiani ed europei sull’euro. E propone una classificazione (vedi l’immagine). Da un lato, ci sono i “pasdaran sì euro”, che sostengono la necessità che l’Italia resti sempre e comunque nella moneta unica. Dall’altro, ci sono gli “ultras no euro”, secondo i quali l’uscita dall’unione monetaria risolverebbe tutti i nostri problemi. Poi ci sono quelli che Left definisce gli “studiosi critici”, i quali si rendono conto che il punto non è semplicemente stare dentro o fuori l’euro, ma anche e soprattutto come si sta dentro o fuori. Restare nell’euro con queste politiche di austerità e subendo l’aggressione neomercantilista della Germania, che ci spinge a comprimere diritti e salari, è un vero dramma. E lo stiamo sperimentando. Uscire dall’euro, tuttavia, potrebbe dare luogo a processi redistributivi ai danni dei percettori di redditi fissi ed anche esporci ad attacchi speculativi di diversa natura. Anche alla luce degli ultimi dati Eurostat, che dimostrano quanto siano violenti i processi di divergenza in atto in Europa, con la Germania che cresce e i Paesi periferici che continuano la caduta, il monito degli economisti, pubblicato nel settembre scorso dal Financial Times, si rivela il documento più lucido e lungimirante di cui disponiamo.