di Luciano Capone
Il Foglio, 9 marzo 2018
Roma. “Abbiamo scassato tutto”, gridava
Luigi de Magistris dopo la trionfale elezione a sindaco di Napoli nel 2011. Ora
ha scassato anche il bilancio. Le sezioni riunite della Corte dei Conti hanno
respinto il ricorso del comune contro la violazione del saldo di finanza
pubblica del 2016, una decisione che può portare il comune al dissesto. De
Magistris si ribella e annuncia “la più grande mobilitazione che la città
di Napoli dal dopoguerra in poi abbia conosciuto”. La manifestazione sotto
Montecitorio contro i debiti di qualche giorno fa “è stata solamente un
prosecco accompagnato da una tartarre”. Ancora una volta, un po’ Masaniello e
un po’ Che Guevara, rilancia l’idea della “città ribelle”, ma il problema della
protesta quando non diventa cambiamento concreto è che finisce per
schiantarsi con la realtà. “La situazione è molto grave – dice al Foglio
Riccardo Realfonzo, economista dell’Università del Sannio – c’è un buco di
bilancio drammatico”. Realfonzo è l’ex assessore al bilancio della prima giunta
De Magistris, da cui se n’è andato a seguito di conflitti dopo un anno. Il
sindaco dice che è colpa di chi l’ha preceduto. “Certamente De Magistris ha
raccolto una eredità difficile, ma il buco nel 2011 era ancora arginabile. Su
queste questioni De Magistris alza sempre cortine fumogene. Il punto è
che la delibera di ottobre della Corte dei Conti spiega che nel 2016 si è
omesso di dichiarare circa 250 milioni di debiti fuori bilancio”. Il sindaco
dice che è un vecchio debito che risale al 1981. “Guardi, intanto c’è il
principio di continuità amministrativa. E’ un po’ come se il prossimo
Presidente del Consiglio volesse disconoscere il debito pubblico italiano.
Inoltre, i debiti del consorzio Cr8 del post-terremoto, cui lui si riferisce,
sono meno di 90 milioni, mentre oltre 100 milioni di debiti non riconosciuti
risalgono al periodo attuale. E la mancata dichiarazione di quei debiti,
sottolinea la Corte, ha permesso di incrementare la spesa attuale…”. Nel
privato sarebbe una specie di falso in bilancio? “Sarà la magistratura a
chiarirlo. Certo che la delibera della Corte campana non parla solo di errori,
ma allude ripetutamente a gravi problemi di legalità e scarsa trasparenza dei
bilanci”. E adesso che succede? “Per cominciare ci sarà un taglio dei trasferimenti
al Comune pari allo squilibrio registrato. Bisogna aspettare le motivazioni
della sentenza per saperne la grandezza. Se il taglio fosse consistente il
Comune avrebbe enormi difficoltà ad approvare il bilancio di previsione a fine
mese. Poi si vedrà se la Corte approverà il nuovo Piano di Riequilibrio…”. Si
va verso il dissesto? “Quando mi insediai come assessore al bilancio nel 2011
feci fare una due diligence che chiariva che o si mettevano in campo riforme
radicali oppure il Comune sarebbe andato in dissesto. Spese troppo elevate,
sprechi, società partecipate in ginocchio, incapacità di riscossione, grande
evasione di tasse e tariffe. Ma c’erano difficoltà e resistenze e il sindaco
preferì tenere le mie proposte di riforma nel cassetto. L’ultimo atto che
disposi, prima di lasciare l’incarico nell’estate del 2012, fu una delibera che
imponeva una ricognizione straordinaria del buco di bilancio, che fu poi quantificato
in 850 milioni di euro. Già allora sarebbe stato opportuno e doveroso
dichiarare il dissesto”. Ma lei è un
economista keynesiano, il suo sembra il piano di un falco dell’austerity. “Per
carità, non confondiamo le cose. Gli strumenti di politica espansiva sono in
mano agli Stati, i Comuni possono ben poco. E poi due più due deve fare quattro
per un economista di qualunque formazione”. Il sindaco scelse di fa saltare lei
e affidarsi alla creatività più che all’aritmetica. “E così facendo il buco è
passato da 850 milioni a oltre 2,5 miliardi, come precisa la Corte. In assenza
di riforme e capacità amministrative non poteva che andare così. Poi alcuni
decreti dei governi Pd, ultimo lo spalma-debiti, hanno permesso che l’agonia si
prolungasse. Il dramma è che il conto non lo ripiana il governo, ma lo pagano i
cittadini. E a Napoli le tasse e le tariffe già sono ai massimi, mentre i
servizi locali, dal sociale ai trasporti, sono assenti”. (l. cap).