La crisi morde soprattutto al Sud

L'intervista in basso chiarisce le difficoltà in cui siamo, con la recrudescenza della crisi, e le responsablità del Governo in carica. Mi dà anche modo di ribadire l'importante ruolo giocato dalla sinistra nella recente approvazione del bilancio di previsione del Comune di Napoli.


“La crisi morde soprattutto al Sud, colpa della politica inadeguata del Governo Berlusconi”. Intervista a Riccardo Realfonzo

di Castalda Musacchio

Liberazione, 17 maggio 2009


«La crisi morde feroce, soprattutto nel Mezzogiorno, e questo governo è colpevole perché pratica una politica economica del tutto inadeguata». Riccardo Realfonzo, docente universitario, economista ed editorialista, da gennaio assessore al bilancio del comune partenopeo, è netto. «Sarebbe necessario - sottolinea – aumentare la pressione fiscale a carico dei redditi più alti e tassare i patrimoni al fine di rilanciare la spesa pubblica e sostenere i salari, il contrario di quanto si sta facendo». «A Napoli – ci spiega - siamo riusciti ad approvare con il pieno sostegno di tutte le forze della sinistra, inclusa Rifondazione, un bilancio di previsione estremamente difficile. Eppure, soprattutto attraverso il taglio dei tanti sprechi della macchina comunale, abbiamo aumentato la spesa per il sociale, per il verde, per le scuole. La strada naturalmente è tutta in salita ma tentiamo di dare risposte concrete ai cittadini».

Professore, lei oltre che un emerito economista è anche assessore al bilancio del comune partenopeo. Le notizie che giungono da lì non sono certo confortanti. Un bus bruciato in piazza Carlo III, la sede del Pdl saltata, cassonetti rivoltati, sembrano descrizioni da giornate di guerriglia. Cosa sta accadendo?

Purtroppo a Napoli la crisi morde in modo più feroce che altrove. Ci sono molti fronti caldi aperti. C’è la difficile situazione di Pomigliano e dell’intero indotto Fiat, ci sono le gravi difficoltà di Atitech, tanto per citare i due casi più noti. Nuove difficoltà che vengono a gravare su un tessuto sociale già caratterizzato da una disoccupazione dilagante. Le tensioni crescono e divengono difficilmente arginabili, mentre il Governo sta a guardare.

La situazione è drammatica non solo a Napoli. Ieri, durante il corteo a Torino, si sono verificati incidenti che hanno coinvolto anche sindacalisti come Rinaldini...

A Gianni Rinaldini va tutta la mia solidarietà. Ma il problema è che quando la politica del Governo è così inadeguata tutti coloro che si impegnano in un quadro istituzionale divengono oggetto di attacchi irrazionali.

Eppure Berlusconi, il premier, mostra ottimismo. Ieri è di nuovo tornato a dire, di fronte ad un crollo del Pil a quota -5,9%, che c’è «un atteggiamento colpevole dei media in questa crisi»...

Le dichiarazioni del premier sono risibili. La realtà è il governo continua a praticare una politica economica restrittiva che determina ulteriori cadute della domanda aggregata e acuisce la crisi.

Lei cosa suggerisce?

La crisi è figlia di decenni di compressione dei livelli salariali. Ora sarebbe necessario mettere in campo una politica espansiva che, incrementando la pressione fiscale sui redditi più alti e soprattutto sui patrimoni, puntasse ad aumentare il reddito disponibile dei lavoratori, ridando fiato alla domanda. Poi servirebbero politiche industriali serie e opportunamente finanziate che portassero le nostre imprese ad un incremento della dimensione media e ad un vero e proprio salto tecnologico. Il modello del “made in Italy” non regge più.

Lo stesso Corrado Passera, Ad di Intesa Sanpaolo, è intervenuto in un convegno evidenziando come «il riavvio della crescita sia l’unica cosa che può tirarci fuori dalla crisi».

Questa è una bella ovvietà. Il punto piuttosto è che l’economia non riparte da sola. Per venir fuori dalla crisi bisogna incrementare i salari ed espandere la spesa pubblica.

Alcuni analisti sostengono che questa crisi potrebbe ridisegnare il volto dell’economia, lei cosa ne pensa?

Dipende da come si esce dalla crisi. Stiamo assistendo ad una ridefinizione degli assetti proprietari, con un crollo del vecchio capitalismo familiare italiano e una crescita del potere del capitale mediorientale sulla scena internazionale. C’è il forte rischio che la società italiana venga fuori dalla crisi meno indipendente e libera. Eppure ci sarebbe anche l’alternativa che descrivevo prima, fatta di più salari e più Stato.

Quale è la situazione a Napoli?

A Napoli siamo riusciti ad approvare, soprattutto grazie al forte sostegno in Consiglio comunale della sinistra, inclusa Rifondazione, il bilancio di previsione del Comune per il 2009. Quando ho assunto l’incarico di assessore al bilancio, quattro mesi fa, la situazione si presentava disperata. E ciò a causa di una pesante eredità del passato, della crisi in corso ed anche dei forti tagli dei trasferimenti operati dal Governo Berlusconi in vista del federalismo fiscale. Si pensi che il Comune quest’anno avrà a disposizione ben 260 milioni in meno rispetto al 2008. Per far quadrare i conti e salvare le casse del Comune, abbiamo messo in campo una manovra rigorosa, fatta di tagli agli sprechi ed efficienza. Ma a Napoli il rigore lo abbiamo declinato a sinistra. E infatti il bilancio contiene, a dispetto della situazione che ho prima descritto, un significativo incremento delle spese per il sociale, in particolare a favore dei soggetti colpiti dalla crisi, e poi più fondi per il verde, per le scuole e per le strade. Insomma una svolta nell’amministrazione cittadina.

Ora la città guarda con più ottimismo al futuro?

Sì, anche se la situazione resta gravissima, considerati gli sconsiderati tagli di Berlusconi e la drammaticità della crisi in corso.