Qualunquismo meridionale trasformismo italiano

di Carlo Iannello
Repubblica Napoli, 9 luglio 2009
Oggi nella sede dell´Istituto italiano per gli studi filosofici, in via Monte di Dio 14, alle 16, si svolge il dibattito "Mezzogiorno questione nazionale. Una critica del tempo presente per una nuova politica di sviluppo". Questo incontro si propone di chiarire dove è inciampato il centrosinistra in questi anni e quale può essere una nuova strategia progressista di politica economica e sociale per la Campania e il Mezzogiorno.
La relazione principale è affidata a Riccardo Realfonzo, economista e da qualche mese assessore alle Risorse strategiche del Comune di Napoli. Seguiranno gli interventi di Luca Bianchi (Svimez), Massimo Brancato (Fiom-Cgil), Sergio Marotta (Suor Orsola Benincasa), Rosario Patalano (Federico II); parteciperanno al dibattito numerosi ed autorevoli intellettuali, politici e sindacalisti. Il convegno parte dalla presa d´atto che la fine dell´intervento straordinario, sancita ad inizio degli anni ´90, ha finito per trasformare la questione meridionale da priorità nazionale ad un problema di carattere esclusivamente locale.
Mentre lo Stato centrale si disinteressava del Mezzogiorno, faceva il suo ingresso nel dibattito politico italiano una mistificante questione settentrionale: nell´immaginario collettivo, il Sud diveniva un parassita che sfrutta le risorse del Nord attivo e produttivo.
Occorreva dunque liberare il Nord dal peso insostenibile del meridione. Si è così capovolto il presupposto di ogni politica meridionalista, ossia che esiste una sola questione, quella dello Stato unitario che deve condurre sulla via dello sviluppo sociale ed economico l´intero Paese, attraverso una rigorosa programmazione economica e territoriale. In netta controtendenza rispetto al pensiero meridionalista classico, la politica italiana degli ultimi 20 anni ha invece cancellato il Mezzogiorno. Addirittura, con la modifica del titolo V della Costituzione del 2001, approvata dal centrosinistra, è stato eliminato dal testo costituzionale ogni riferimento ad esso.
Ma quali esiti per il sistema Paese hanno prodotto queste politiche, dalla legge Bassanini alla riforma federalista della Costituzione? E quale è stata l´efficacia delle politiche locali per lo sviluppo, a cominciare dalla Campania? Le politiche degli ultimi due decenni non solo non sono riuscite ad impedire il declino del Paese, ma hanno addirittura contribuito ad aggravare lo storico dualismo tra il Nord e il Sud. La fine della programmazione ha enormemente limitato il ruolo dello Stato. La crescita dei poteri locali e regionali, accompagnata dalla abolizione dei controlli, ha compromesso anche l´azione di questi enti, sempre più spesso preda di interessi particolari. Il potere locale è così divenuto sempre più autoreferenziale, scollegandosi dalla società e finendo col radicare delle forme di intermediazione politica, all´interno delle quali hanno avuto la meglio gli interessi parassitari. Si sono così ulteriormente aggravate le condizioni di vita delle popolazioni meridionali, come mostrano i recenti allarmanti dati che vedono la Campania in fondo alle classifiche dello sviluppo. Non pochi segnali indicano il pericoloso epilogo di queste politiche: il rischio è quello di trasformare il dualismo economico in un pericoloso dualismo politico.
È per queste ragioni che mi pare quantomai opportuno un dibattito che si proponga di ribaltare la prospettiva con cui negli ultimi 20 anni è stata affrontata la questione meridionale: come avevano chiaramente compreso i classici del meridionalismo, da Fortunato a Nitti a sino Saraceno, il Mezzogiorno rappresenta una questione cruciale dell´intero Paese. Occorre evitare di seguire le astratte sirene di un qualunquismo meridionale che ha tutti i tratti del trasformismo italiano, puntare sul ruolo della programmazione, sull´intervento pubblico nell´economia, sulla salvaguardia degli asset strategici, come i servizi pubblici locali: solo all´interno di un quadro siffatto si può immaginare un mercato sano portatore di sviluppo. Al di fuori di questa cornice, come spesso accaduto in questi ultimi anni, vincerà la spoliazione sistematica dei beni pubblici a danno dei cittadini e soprattutto delle popolazioni meridionali