Lettera sull'acqua pubblica

Cari amici dei Movimenti per l’Acqua,

intervengo nella discussione sull'acqua pubblica e contro le privatizzazioni dei servizi essenziali per chiarire meglio, soprattutto a quanti non hanno avuto modo di partecipare agli incontri che ho promosso, la mia posizione e le azioni che ho sin qui condotto come assessore alle Risorse strategiche del Comune di Napoli.

Desidero in primo luogo ricordare che ho avuto numerosi incontri con i rappresentanti dei comitati napoletani a partire dalle prime settimane di lavoro in assessorato, nel gennaio scorso. Da strenuo oppositore delle politiche di privatizzazione dei servizi pubblici, e in generale delle tesi neoliberiste, quale sono sempre stato, ho infatti tentato immediatamente di intavolare un confronto con i soggetti che sostengono la battaglia sull'acqua anche al fine di rafforzare la nostra azione.

Contemporaneamente, ho realizzato una serie di atti concreti in direzione dell'acqua pubblica, come ad esempio la sospensione della gara aperta a privati per la gestione del depuratore di Coroglio e l'assegnazione della stessa in house all'ARIN, società al 100% del Comune di Napoli. Ma soprattutto ho lavorato con numerosi consiglieri comunali ai fini dell’approvazione di una importante delibera di Consiglio Comunale, per la quale ho offerto il massimo supporto politico mio personale e quello tecnico del mio assessorato. La delibera in questione, dopo un lavoro di mesi, è finalmente approdata in Consiglio Comunale ed è stata approvata nel luglio scorso. Si tratta di un risultato fondamentale, di cui vado orgoglioso, che:

1) detta l’indirizzo all’Ato2 Campania di affidare il Servizio Idrico Integrato a un soggetto totalmente pubblico (quindi esclude società private e società miste);
2) vincola la Giunta del Comune di Napoli a elaborare un piano di fattibilità per introdurre nella città di Napoli il “minimo vitale idrico”;
3) impegna il Consiglio stesso a modificare lo Statuto Comunale introducendo il riconoscimento dell’acqua quale bene comune pubblico, dell’accesso all’acqua come diritto umano fondamentale non assoggettabile ai meccanismi di mercato e del Servizio Idrico Integrato quale servizio pubblico essenziale, di interesse generale, privo di rilevanza economica.

Come si vede si tratta di tre indirizzi politici fondamentali che fanno compiere alla battaglia per l’acqua pubblica a Napoli un passo in avanti decisivo, esattamente nel solco delle linee di azione contenute nel “Manifesto italiano per un governo pubblico dell’acqua” adottato dal Comitato Italiano per un contratto mondiale sull’acqua.

Per quanto concerne il primo aspetto, il soggetto che deve dare attuazione all’indirizzo è l’ATO2 Campania che nel 2006, grazie all’azione dei movimenti, fu costretto a revocare la privatizzazione del servizio idrico e che non ha ancora proceduto all’affidamento del Servizio Idrico Integrato. L’approvazione di questa mozione da parte del massimo consesso democratico del maggiore ente consorziato consentirà a me e ai rappresentanti del Comune di Napoli nell’ATO di esercitare la massima pressione al fine di procedere all’affidamento secondo l’indirizzo stabilito.

Per quanto riguarda il “minimo vitale idrico”, tra non molto il tavolo tecnico che ho aperto in assessorato sarà in grado di formulare proposte precise e dunque saremo in grado di operare.

Il terzo aspetto della delibera è ovviamente il più importante e complesso, al tempo stesso. L'introduzione nello statuto comunale del principio secondo cui il Servizio Idrico è “privo di rilevanza economica” (formulazione più efficace di quella “senza scopo di lucro” adottata da altri comitati come per esempio quello di Torino) ha infatti un grande rilievo politico, dal momento che la disciplina introdotta dal governo Berlusconi (dall'articolo 23 bis della legge 133/08 al recentissimo decreto Fitto-Calderoli) focalizza la spinta privatizzatrice proprio su questa categoria di servizi. Assumere che il servizio idrico non abbia rilevanza economica manifesta la volontà politica del Consiglio Comunale a favore di un vero e profondo processo di ripubblicizzazione dell’acqua, contrastando gli assurdi – ma vigenti (!) – dispositivi legislativi secondo cui la tariffa idrica dovrebbe non solo coprire i costi ma anche la “remunerazione del capitale investito” (Dlgs 152 del 2006).

A questo punto, si tratta di individuare con competenza e accortezza ciò che la legislazione vigente permette effettivamente agli enti locali, spingendosi il più avanti possibile nella direzione dell'acqua pubblica ma evitando al tempo stesso le trappole della legislazione italiana, che ha purtroppo un carattere smaccatamente liberista. Soprattutto, bisogna essere consapevoli che le concessioni in essere scadono il 31 dicembre 2010 e che l'ATO2, in assenza di un affidamento in house, potrebbe procedere con la gara già nei primi mesi del 2010. Si tratterebbe di un esito catastrofico che consegnerebbe la gestione del servizio idrico ai privati e che io, come assessore alle risorse strategiche del Comune di Napoli, intendo contrastare in tutti i modi. Per queste ragioni è essenziale scegliere nell'immediato una strada percorribile con certezza sul piano tecnico, che ci possa condurre ad evitare l'esito della privatizzazione.

Sotto questo aspetto non vi sono dubbi sul fatto che, allo stato del diritto vigente, la strada dell'attribuzione del servizio idrico da parte degli ATO a società al 100% di proprietà pubblica sia - sebbene non senza gravi difficoltà - tecnicamente ancora percorribile. Viceversa, la strada della azienda speciale, come numerosi giuristi ed amministrativisti hanno rilevato, ha una percorribilità quantomeno dubbia: seguirla ora costituirebbe un grave errore politico, che ci esporrebbe al rischio di assistere impotenti al processo di privatizzazione.

Ciò non significa, voglio sottolinearlo con forza, che la strada della azienda speciale non sia in linea di principio preferibile rispetto all'affidamento in house a una società al 100% pubblica. Il punto è che questo secondo obiettivo è percorribile concretamente e può realisticamente a metterci in sicurezza, lo ripeto, rispetto alla privatizzazione.

Tutto quanto appena affermato non significa che dal mio punto di vista la battaglia per l'azienda speciale – o meglio ancora verso una forma ancora più piena di gestione pubblicistica – non debba essere combattuta fino in fondo. Sul piano strettamente amministrativo propongo infatti l'istituzione immediata di una commissione tecnica che studi nel dettaglio, in piena libertà e senza pregiudiziali di sorta, la praticabilità concreta sul piano amministrativo della attribuzione della gestione del servizio idrico a una azienda speciale. I risultati di questo lavoro ci guideranno nell'azione, una volta che saremo al sicuro rispetto al rischio della privatizzazione.

Resta infine la battaglia nazionale, finalizzata a una profonda modifica dell'ordinamento italiano. A questo scopo serve una chiamata alla mobilitazione permanente, sempre più estesa, a partire proprio dalle città, per contrastare in parlamento e davanti alle corti di giustizia anche internazionali le liberalizzazioni a senso unico e le mortificazioni della volontà popolare. La battaglia sull'acqua pubblica e sulla ripubblicizzazione di tutti i servizi pubblici essenziali non deve vederci sconfitti.

Napoli, 27 settembre 2009
Riccardo Realfonzo