Troppe nomine disinvolte nella pubblica amministrazione
di Alessio Postiglione
Repubblica Napoli, 11 dicembre 2010.
Dalla nomina del capo dei vigili di Capri a quella di Armando Palma a Napoli Servizi, il sistema di scelta delle risorse umane effettuato dalla politica è al centro del dibattito.
Una buona pubblica amministrazione, per funzionare, ha bisogno di gente preparata. Secondo la Banca Mondiale, la cattiva selezione è un fattore di corruzione, un male che costa alla Campania il 2,9 per cento del Pil, cioè 496 euro ad abitante, secondo le stime della Fondazione Res. Il record in Italia. Se nel calcolo includiamo il costo sociale della camorra, il conto sale a mille euro pro capite. L’inefficienza e la corruzione pubblica, benché due fattispecie distinte, sono oramai percepite come un binomio indissolubile. Secondo uno studio di Transparency International di prossima pubblicazione, infatti, nei Paesi Ocse, il 74 per cento dei cittadini reputa direttamente il governo responsabile della corruzione, e l’85 per cento individua nei partiti i protagonisti di questa degenerazione.
Molti economisti, inoltre, hanno dimostrato che l’incancrenirsi di tali patologie, nel Mezzogiorno, influisce negativamente sul nostro (mancato) sviluppo e spinge via gli investimenti, verso Regioni più sicure e dotate di buone amministrazioni. Purtroppo, la democrazia non è fatta per essere efficiente ma per essere equa, chiosava l’ex governatore di New York Mario Cuomo. Ma, in Campania, la situazione è particolarmente grave. Se è ammissibile che, in nome della rappresentanza, vengano votati politici non illuminati, nei ruoli “tecnici”, la qualità del personale dovrebbe essere assoluta e la selezione immacolata. La querelle nomine, invece, ci suggerisce che le cose vanno diversamente. Lo ha messo nero su bianco l’ex assessore Riccardo Realfonzo, con il suo ultimo libro “Robin Hood a Palazzo San Giacomo”, sostenendo che la Giunta Iervolino si è piegata a logiche clientelari che si basano sui fondi europei e sulle società partecipate. L’analisi del professore è una diagnosi impietosa, ma anche una prescrizione preziosa per un qualsiasi governo realmente riformista che volesse mettere mano ai guai del Comune.
Fra i molti casi segnalati nel libro relativi a tecnici inadeguati, incardinati per grazia ricevuta, colpisce la storia dell’avvocato Gennaro Del Gaudio, cooptato per volontà di Sabatino Santangelo. Quando a Realfonzo fu presentato il curriculum del candidato, il professore stentava a crederci. Del Gaudio era fresco di abilitazione, quindi senza esperienza sul campo, e laureato con un mediocre 92. La lettera di presentazione, in modo tragicomico, era infarcita di amenità quali: tenore del coro, collaboratore di un centro danza, allestitore di mostre fotografiche sul caffè, alunno di corsi di gestione del tempo e automotivazione. Nel libro, l’ex assessore racconta che, alle sue obiezioni, la Iervolino, su pressione di Santagelo, blindava il candidato, asserendo di non poter far scelta diversa. Sola est voluntas, sive arbitrii libertas, dice Cartesio e, in effetti, lo stesso sindaco sembra mancipe delle alchimie della Giunta. La storia sarebbe risibile se non ci fossero in ballo soldi pubblici e Napoli non patisse una dolorosa emorragia di giovani che, brillanti plurilaureati senza benemerenze, fuggono via o lavorano nei call centre. E’ ovvio, quindi, che gli Enti locali debbano fare di più sul fronte della trasparenza.
Così, al sindaco caprese Ciro Lembo, in definitiva, per fugare le accuse relative alla scelta di Marica Avellino come capo delle polizia municipale, non resta che fare una, semplicissima, cosa. Rendere pubbliche e trasparenti le informazioni relative ai titoli e alle competenze della nominata. Sostenere, come ha fatto Lembo, che si tratta di una dottoressa, cioè di una laureata, e che ha lavorato presso “un prestigioso studio penale” è troppo poco. Nei nostri acciaccati enti, i dottori non mancano; è dei signori che si sente la mancanza.