Verso le primarie del centrosinistra

Lettera al Corriere del Mezzogiorno
di Luigi Compagna
Il Corriere del Mezzogiorno, 7 dicembre 2010


Caro direttore,
vendoliana, cofferatiana, bersaniana, o comunque sia, la candidatura di Mancuso a sindaco di Napoli si è profilata in modo davvero sguaiato. Come se il centrosinistra napoletano non abbia diritto a un confronto al proprio interno; come se siano prioritari valori primitivi e generici di moralismo di massa; come se, invece che a chiarire, le elezioni servissero a oscurare problemi e responsabilità nelle ritualità di un populismo senza popolo. Risanamento della finanza locale e trasparenza delle società municipali, che Riccardo Realfonzo e a suo modo il Corriere del Mezzogiorno avevano avuto il merito di proporre all'attenzione del dibattito politico, sembrano destinati a scomparire dall'orizzonte della campagna per Palazzo San Giacomo. In Mancuso la retorica nazionale dell'antiberlusconismo e quella locale dell'anticosentinismo mirano a cancellare ogni libertà di discussione su un bilancio sull'orlo del dissesto e sulle ragioni istituzionali e politiche che lo hanno determinato. Comunista non privo di anticonformismo, Realfonzo aveva invitato a chiedersi perché sulla base di previsioni di entrata sempre eccessive rispetto agli incassi reali si siano volute assumere decisioni di spesa faraonica, perché così poca raccolta differenziata a Napoli, perché nelle società municipalizzate lavori socialmente utili siano stati costantemente sacrificati al reclutamento di lavoratori elettoralmente utili. Conformista estraneo al comunismo, forse, ma ostile alla libertà di determinazione del confronto politico, Mancuso evoca un diritto-dovere della sinistra di prescindere dagli interrogativi e di Realfonzo. Anzi, ogni problema di gestione per Mancuso ha da considerarsi innanzitutto problema di consenso. Al vertice dell'amministrazione comunale gli piacerebbe introdurre savianismo senza contraddittorio, etica di auto-assoluzione dei propri peccati e auto-compiacimento delle proprie virtù, giacobinismo permanente praticato a carico del bilancio pubblico. In fondo, è la stessa etica da anni praticata nelle nostre procure, là dove ergersi a giudici della politica è diventato sport gratificante. A Napoli quella fra Ranieri, Oddati, Cozzolino si era avviata come competizione girondina, della quale si sarebbe avvalsa tutta la città, non solo la sinistra, riproponendo passione civile e rispetto per i propri avversari. Bassolino e la Iervolino hanno rappresentato quel che hanno rappresentato. Ora ci si aspettava in città un girondino marchese di Condorcet. Ed invece con Mancuso rischia di arrivare in città soltanto un Saint Just: efficace contenimento, magari, della candidatura di un De Magistris. Ma nulla di più.